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Arcelor-sindacati, è rottura. Cassa al via per 1.395 lavoratori

di Domenico Palmiotti

3' di lettura

Dal conflitto alla rottura. Sulla cassa integrazione chiesta da Arcelor Mittal per 1.395 lavoratori di Taranto dall’1 luglio, per 13 settimane, salta il tavolo azienda-sindacati e il 4 luglio ci sarà una giornata di sciopero nello stabilimento di Taranto.

Otto ore di astensione per turno. Il primo sciopero dell’era ArcelorMittal, la multinazionale che ha preso le redini del gruppo dal primo novembre, cioè da quando è subentrata all’amministrazione straordinaria dei commissari Gnudi, Carrubba e Laghi.

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La protesta mette insieme quattro sigle: Fim Cisl, Fiom Cgil, Uilm e Ugl. La data del 4 luglio non è casuale.

È il giorno in cui il ministro Luigi Di Maio ha convocato l’azienda al Mise per discutere dell’immunità penale legata all’attuazione del piano ambientale. Immunità che il decreto Crescita, divenuto legge da qualche giorno, ha cancellato dal prossimo 6 settembre provocando le proteste della società che ha dichiarato che senza garanzie legali necessarie a portare avanti il piano ambientale, lascerà il sito di Taranto proprio dal 6 settembre.

Sulla cassa integrazione, sindacati e azienda si sono incontrati già quattro volte dopo l’annuncio fatto da quest'ultima il 5 giugno. Gli incontri sono avvenuti a Taranto ed uno a Roma il 6, 10, 20 e 25 giugno. Tutti senza esito. Ieri, ultimo giorno dei 25 giorni della procedura preliminare alla cassa integrazione, le parti si sono date appuntamento per un tentativo finale. I sindacati hanno chiesto ad ArcelorMittal di fermare temporaneamente tutto, visti gli incontri da Di Maio: il 4 luglio sull’immunità penale con l’azienda e il 9 luglio anche con i sindacati per fare il punto sulla gestione dell’accordo al Mise di settembre 2018, quello che ha ufficializzato l'arrivo di ArcelorMittal e l’assunzione di 10700 unità di cui 8200 a Taranto. Per i sindacati, ArcelorMittal prima ha mostrato una qualche disponibilità, poi ha chiesto un break per consultarsi al proprio interno, e alla ripresa della discussione ha detto di no.

A quel punto, la rottura della trattativa e la proclamazione dello sciopero. Da quel che si è appreso, l’azienda tiene invece separati i diversi piani: un conto è il confronto col ministro sull’immunità, un altro è la verifica dell’accordo al Mise di, settembre scorso, altro ancora è il ricorso alla cassa integrazione ordinaria, che è uno strumento al quale fanno ricorso tutte le imprese quando devono gestire fasi di crisi. E per ArcelorMittal che il mercato dell’acciaio vada male è fuori discussione.

Per Fim, Fiom, Uilm e Ugl, «ArcelorMittal ha deciso di voler proseguire unilateralmente, con l’avvio della procedura di cassa integrazione ordinaria, assumendosi una responsabilità che peserà nei rapporti futuri con i lavoratori e le loro rappresentanze». «Nonostante i vari incontri, ancora oggi - affermano le sigle - l’azienda ha mostrato una totale chiusura sulle richieste avanzate dai sindacati. Nello specifico - si rileva - Fim, Fiom, Uilm e Ugl hanno chiesto uno slittamento dell’avvio della procedura della cassa integrazione, in attesa dell'incontro ministeriale previsto con le organizzazioni sindacali il prossimo 9 luglio, provando ad entrare nel merito sull’integrazione salariale, rotazione del personale e gestione delle ferie programmate».

Per i sindacati, «tali richieste si rendevano necessarie per arrivare ad un confronto con il ministro Luigi Di Maio ed affrontare anche la complessità della vertenza ex Ilva e quanto sta emergendo in queste settimane». «Ė finita con un atto di arroganza da parte di ArcelorMittal» commenta Antonio Talò, segretario Uilm. E Biagio Prisciano, segretario Fim Cisl, aggiunge che è avvenuta «una dannosa forzatura ma anche un grave sgarbo istituzionale viste le due imminenti convocazioni del Mise».

Per Francesco Brigati, segretario Fiom Cgil, «la rottura non peserà solo nel rapporto con i sindacati ma anche nel rapporto con la città perchè adesso rimettiamo in gioco tutto: lavoro, ambiente, salute, sicurezza».

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