ArcelorMittal, rispunta la penale da 1 miliardo in caso di abbandono degli impianti
Secondo l’Adnkronos, Il Governo starebbe valutando la possibilità della penale in caso di abbandono degli impianti ex Ilva. Ma il Mef nega.
di Domenico Palmiotti
3' di lettura
Il Governo starebbe valutando la possibilità di una penale da 1 miliardo di euro a carico di ArcelorMittal qualora dovesse abbandonare gli impianti siderurgici ex Ilva. Lo ha annunciato nella serata del 20 maggio l'Adnkronos. Ma fonti Mef, interpellate da «Il Sole-24 Ore», negano che questa possibilità sia effettivamente allo studio. Già a dicembre scorso questa stessa cifra uscì come proposta di ArcelorMittal al Governo per lasciare anzitempo il gruppo siderurgico. Si era allora nel pieno del conflitto tra ArcelorMittal, che aveva presentato al Tribunale di Milano un atto di citazione verso i commissari Ilva con dichiarazione di recesso dal contratto, ed Ilva in amministrazione straordinaria. Quest'ultima aveva risposto con un ricorso cautelare urgente, ex articolo 700, contro ArcelorMittal. Il Mise intervenne e disse che la proposta di 1 miliardo da parte di ArcelorMittal non esisteva, nè alcuna lettera era stata inviata al ministero.
La penale da 500 milioni
Si è poi arrivati all'accordo preliminare del 4 marzo scorso davanti al Tribunale di Milano che ha chiuso il conflitto. L'intesa tra ArcelorMittal e commissari Ilva ha stabilito che la multinazionale potrà disimpegnarsi entro novembre 2020, pagando una penale di 500 milioni, qualora gli investimenti relativi al nuovo assetto del gruppo, che prevede l'ingresso dello Stato nella compagine, non fossero realizzati. Ed è proprio qui il punto. Perché il percorso che deve portare al nuovo assetto entro novembre non è affatto iniziato. Anzi, la situazione di ArcelorMittal, per l'effetto combinato di crisi del mercato dell'acciaio e stasi per il Coronavirus , si è talmente aggravata che adesso da più parti si ritiene certo il disimpegno di ArcelorMittal piuttosto che la continuazione di quanto la società ha iniziato il 1° novembre 2018. Una serie di segnali fanno ritenere possibile un epilogo negativo: l'aumento della cassa integrazione nei vari siti, con proteste a Genova, Novi Ligure e a Taranto il 22 maggio; il mancato pagamento a Ilva in amministrazione straordinaria dell'ultima rata del canone di fitto, benché l'accordo di marzo lo abbia dimezzato rispetto ai 45 milioni iniziali a trimestre; la mancata presentazione del nuovo piano industriale da parte della multinazionale. Quest'ultimo doveva essere il primo step della nuova trattativa, in vista dell'approdo finale di novembre, con un passaggio fondamentale entro maggio: l'accordo con i sindacati sull'aspetto occupazionale. E invece di tutto questo non c'è la benché minima traccia, tant'è che il ministro Stefano Patuanelli ha convocato in video conferenza per la mattina del 25 maggio ArcelorMittal, Ilva e sindacati. «Mittal - ha dichiarato Patuanelli - sta facendo capire che non ha intenzione di restare e questo ci costringerà certamente a rivedere i nostri intendimenti che in base al preaccordo legale nei mesi scorsi doveva portarci a superare i problemi emersi in passato». Per Patuanelli, inoltre, quanto si sta verificando in questi giorni nei vari stabilimenti sono «tutti segnali di un allontanamento ulteriore».
Ad Morselli in fabbrica a Taranto
Il 20 maggio l'amministratore delegato di ArcelorMittal Italia, Lucia Morselli, è stata al siderurgico di Taranto. La manager è tornata per la prima volta dopo le settimane di lockdown per il Coronavirus , periodo nel quale ha tuttavia partecipato ad alcune call conference che hanno riguardato i problemi dell'azienda. Morselli ha fatto un punto della situazione con i rappresentanti della prima linea aziendale alla luce delle diverse criticità che investono ArcelorMittal. L'azienda ha dichiarato ai sindacati una condizione di “sofferenza finanziaria” e lo stop ordini da parte dei clienti, ordini per i quali era stato inizialmente predisposto il riavvio di alcuni impianti. E per questo motivo ArcelorMittal ha fatto ricorso ad ulteriore cassa integrazione per altre 1.000 unità nei vari stabilimenti.
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