Argentina, cronaca e storia di un default annunciato
Il Governo di Buenos Aires non ha pagato 500milioni di obbligazioni in dollari. Scattato il “periodo di grazia”, ma è difficile evitare il crack
di Roberto Da Rin
4' di lettura
Conto alla rovescia, verso il default. L'Argentina inizia il road show, informale ma capillare, per convincere gli investitori ad accettare la ristrutturazione del suo debito ma sono poche le probabilità di evitare un crack . Una coazione a ripetere, scrivono gli psicoanalisti argentini, in un' accezione estensibile dal singolo individuo all'intero establishment della Casa Rosada. Una proposta (quasi) inaccettabile, dicono gli analisti finanziari. Una fregatura, gridano i possessori di titoli in scadenza.
La scadenza ignorata
Pochi giorni fa il governo di Buenos Aires, nel pieno dell’emergenza Covid-19, ha comunicato di non aver versato i 500 milioni di dollari che avrebbe dovuto restituire ai propri creditori internazionali entro il 22 aprile. Il periodo “di grazia” previsto, trenta giorni, è il tempo supplementare – garantito dai regolamenti internazionali - in cui il governo argentino dovrà trovare un accordo con gli obbligazionisti proprietari del suo debito. Ciò significa che, se non vi saranno colpi di scena, il 22 maggio il crack sarà inevitabile.
È quindi molto probabile si stiano delineando le condizioni per il…. 9° in 200 anni. Default, s'intende. L'Argentina del presidente Alberto Fernandez ci potrebbe ricadere anche se, va riconosciuto, per colpa di un'eredità debitoria lasciata dal precedente governo liberista di Mauricio Macri. Con un apprezzabile sense of humor, il ministro dell'Economia, Martin Guzman, in un soleggiato pomeriggio d'autunno australe di dieci giorni fa in cui il Covid-19 costringe a webinar e a riunioni by Skype, ha annunciato: “Estamos en un default virtual”.
Virtual, mica tanto.
Eppoi per alleggerire il clima di sfiducia che aleggia nel Microcentro di Buenos Aires e nelle Avenidas, Guzman specifica che si tratta di una “oferta de buena fe”, un'offerta di buona fede. «Oggi non possiamo pagare il debito, abbiamo la volontà di farlo ma non ne abbiamo la possibilità».
I numeri del debito
La ristrutturazione del debito argentino vale circa 69 miliardi di dollari. L'offerta comprende cinque titoli obbligazionari in dollari e cinque in euro, con scadenze tra il 2030 ed il 2047. Il Presidente Fernandez aveva sollecitato il Fondo Monetario Internazionale a una rinegoziazione del prestito, già all'indomani della sua vittoria alle presidenziali di ottobre 2019, dopo che la Banca Centrale aveva bruciato un terzo delle riserve per cercare di difendere il peso argentino. I numeri dell'offerta sono questi: «La proposta di riduzione del capitale (3,6 miliardi di dollari) rappresenta il 5,4% dell'intero stock del debito, mentre la riduzione nel pagamento degli interessi (37,9 miliardi di dollari) equivale ad una cancellazione del 62 per cento. Fernandez ha spiegato così la ristrutturazione del debito: «un periodo di grazia di tre anni, non pagheremo nulla nel 2020, 2021 e 2022, nel 2023 una cedola media dello 0,5 per cento» .
La data chiave sarà il 10 maggio. Enzo Farulla, analista già Raymond James, esperto di temi latinoamericani, commenta così: «L'Argentina si appresta a replicare il drammatico default del 2001. Una cifra grossa, i 69 miliardi di dollari del debito estero tra cui i 23 già ristrutturati nel 2005, che tanti drammi hanno arrecato agli investitori italiani. Se l'offerta di Fernandez sarà confermata, la sentenza dei mercati sarà inesorabilmente univoca: default. Va ricordato che alcuni titoli sono stati emessi solo 2 anni fa, come l'improbabile bond a 100 anni, definito Matusalem, e ora mancano i soldi per le cedole. Prevedo lunghe battaglie in tribunale. Nessuno vorrà aspettare il 2045 per incassare».
Meno duro è il commento di Jemena Blanco, capo economista di Latin America research: « La ristrutturazione incide molto sugli interessi, poco sul capitale, se andasse a buon fine garantirebbe al governo qualche spazio di manovra nel risanamento».
Cadute e ricadute
Uno dei libri più originali - premiato anche per la maestria con cui l'autrice utilizza strumenti interdisciplinari per analizzare la società argentina - è “Dolor Pais” , pubblicato nel 2002 da Silvia Bleichmar, psicoanalista argentina con la passione per la politica. L'autrice identifica il dolore come motore della medicina di tutti i tempi e di tutte le culture. Dolore più temuto della morte, quello fisico e quello psicologico. Nella vita affettiva il dolore può essere devastante e precipitare verso la morte oppure prostrare l'individuo in un tale abisso di sofferenza da paralizzarlo o incatenarlo a una vita miserevole. L'Argentina, tra altri primati, ha quello – secondo Bleichmar – di esprimere un'altra tipologia di dolore. «C'è una dimensione del dolore che, seppure intimamente personale, è localizzata nel corpo degli ideali sociali del gruppo o comunità di appartenenza. È proprio evidente che - alla maggior parte degli argentini - il proprio Paese provochi dolore».
Insomma l'Argentina si esibisce, ancora una volta, in un mirabile equilibrio dinamico tra ….esaltazione vitalistica, alla Nietzsche, e depressione nichilistica, alla Schopenhauer. Diciamolo, la filosofia non basta più, la psicoanalisi neppure. Forse è l'ora dello sciamano. Un bel libro, dal titolo, Karcha Bahlut, l'ultimo sciamano, scritto da Gherardo La Francesca, editore Lfa, ambientato nella regione, potrebbe fornire una chiave interpretativa.
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