Armonie numeriche
Laura Garavaglia e Stefania Rabuffetti, due poetesse per indagare il proficuo rapporto tra versi e scienza
di Grazia Lissi
3' di lettura
Donne diverse, le cui storie, città, visioni non s'incrociano mai, eppure con la stessa potenza, consegnano alla poesia un racconto inaspettato. Due raccolte, fra le più interessanti uscite negli ultimi mesi, “Numeri e Stelle” di Laura Garavaglia, prefazione di Gilberto Isella (IQdB edizioni) e “Parole affamate di parole” di Stefania Rabuffetti introduzione di Renato Minore, illustrazioni di José Molina (Manni) confermano la qualità espressiva delle autrici, già conosciute dai lettori di poesia, da incontrare per chi si sente ancora restio a tutto ciò che è definito “poema”.
Laura Garavaglia interroga il nostro tempo che, oggi più che mai, consacra l'idea di sapere alla scienza e chiede, con ostinazione, perché continua a non esserci un dialogo con la cultura umanistica, perché non si riesce a trovare un equilibrio fra due forze espressive non lontane. I sapienti del passato da Lucrezio a Dante, da Leonardo a Galileo non separavano le culture in modo netto, la matematica affascinava al pari della letteratura, l'arte e la musica. Nel XX secolo hanno tratto linfa e ispirazione per le loro opere anche dal mondo della scienza: il chimico Primo Levi e il matematico Robert Musil, Zanzotto, Borges e Calvino si sono interessati durante la loro vita al rapporto tra scienza e letteratura.
Senza dimenticare Leonardo Sinisgalli, grande poeta, matematico e ingegnere che ha dedicato opere magnifiche a tale rapporto, come il saggio “Furor Mathematicus” (Mondadori). Ecco i matematici svelati da Laura Garavaglia, ognuno è teso a comunicare un compimento, come Archimede in Eureka “Contro ogni pregiudizio amavi la realtà la seducente irregolarità dei corpi/… Il male è l'ignoranza della spada che recide la vita tra cerchi tracciati sulla sabbia”. Scava nelle loro solitudini, artisti incompresi in un mondo senza più melodia come in L'infinito assoluto dedicato a Georg Cantor “La diagonale era scala verso il cielo/ e la mente saliva,/ ogni numero un passo/ un gradino verso l'infinito…”. Per Srinivasa Ramanujan scrive “Il delirio dei numeri era l'abisso della libertà./L'India troppo lontana/ Hardy ti stava accanto. Tu morivi”. Le poesie di “Numeri e Stelle” sono immagini nitide, autentiche, come la dedica a Évariste Galois: “Eri il Rimbaud dei numeri” perché la matematica, i compositori lo sanno, ha la stessa armonia, la stessa capacità di fraseggio di un brano musicale e come nella grande musica la bellezza resta impalpabile. Con il suo volume, “Parole affamate di parole” Stefania Rabuffetti ci consegna le sue poesie, come qualcosa di fragile e prezioso. Sono appunti di vita, che l'autrice fissa sulla carta, per non dimenticare; come in un'agenda, ogni testo ha la data di composizione, la sequenza “quasi” cronologica si mescola ai temi trattati.
La sua una scrittura disarmante che vuoi leggere e rileggere perché sembra pensata solo per te e allora affondi nelle domande che ti poni da sempre e la parola, in questi tempi così violata, diventa nei versi di Rabuffetti salvifica. Scrive: «Una luce limpida e scaltra che avanza alla vita d'intorno s'indugia nel mio vedere le cose le sbianca e mi corregge lo sguardo di trasparenza». Leggendo le poesie si resta colpiti dalla sincerità con cui l'autrice si svela, tasselli di un mosaico privato che si fa pubblico, sonoro e urlato. É lei stessa a spiegare la sua scelta espressiva «la poesia mi è venuta a cercare ha bussato alla porta del cuore mi ha soffiato negli occhi parole mi ha ubriacato di immagini mi ha accecato di colore ha svuotato le mie lacrime». A una prima lettura le sue poesie possono sembrare scritte di getto, con furia, ma non sono uno sfogo, l'originalità è nella scrittura apparentemente semplice invece complessa, pensata e profonda. In una sua poesia prende la Vita sottobraccio “Non ho dubbi da sfilare/ all'inventario dei pensieri/passaggi a vuoto da riempire/bugie da riparare”. E in altra ironizza “Le mie bugie sono scritte alla Siae”. Disincantata e tenace, sfida i luoghi comuni della “poesia al femminile”, li distrugge e riscrive sui cocci “ho fatto un po' d'ordine/nelle mie idee confuse/ho fatto luce sulle anime sepolte per trovare vie d'uscita dalla notte/ che le mette in ombra/ come il sole spento con l'estintore/e il ghiaccio freddo lunare.../.
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