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Arriva la Nadef: si punta a un deficit sotto il 4% e a una Manovra prudente

La nota di aggiornamento al Def, con le nuove variabili macroeconomiche, non permetterà di esaudire tutti i desideri dei partiti in vista della manovra 2024

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3' di lettura

Il cantiere della manovra 2024 è aperto da mesi ma soltanto mercoledì, quando il Consiglio dei ministri varerà la Nota di aggiornamento al Def (Nadef), si capirà quanti progetti vedranno la luce. L’aggiornamento delle variabili macroeconomiche – in primis Pil, rapporto deficit-Pil e quello debito-Pil – contenuto nella Nadef, non permetterà di esaudire tutti i desideri dei partiti in vista della manovra 2024 (attesa in parlamento per il 20 ottobre): una cifra che sale a 40 miliardi, ma che più prudentemente si fermerà a 20-25 miliardi.

Economia in frenata

Il documento che darà la cornice finanziaria alla manovra sta prendendo forma, ma i suoi confini sono blindati dai timori che gravano sui conti pubblici: l’economia sta rallentando, e con il Pil in frenata i margini di spesa si assottigliano. Si lavora quindi per fissare l’asticella del deficit 2024 il più possibile attorno al 4%, in modo da liberare risorse ma senza mettere a rischio il bilancio nell’anno in cui torneranno i vincoli europei sulla spesa pubblica.

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Stime del Pil a ribasso

Regna l’incertezza prima di tutto sulle prospettive di crescita, che negli ultimi mesi danno segnali di forte rallentamento. Sul Pil del secondo trimestre è piombato il segno meno (-0,4%), e la Commissione europea i primi di settembre ha tagliato le stime per quest’anno (+0,9%) e il prossimo (+0,8%). Appare sempre più difficile centrare nel 2023 quell’1% fissato nel Def (Documento di Economia e Finanza) ad aprile, e praticamente impossibile raggiungere l’1,5% che il governo vedeva nel 2024. Molto probabilmente l’anno prossimo non si riuscirà a salire oltre l’1%, considerato che anche la Bce ha rivisto le stime per l’Eurozona che sta ampliando il rallentamento.

Pochi margini sul deficit

La crescita ridotta rende ancora più difficile la caccia alle risorse della manovra. I margini su cui il governo lavora per il 2024 sono strettissimi. Il deficit indicato nel Def per l’anno prossimo (al 3,5% il tendenziale e al 3,7% il programmatico) dovrebbe essere ritoccato al rialzo, ma il 4% rappresenterebbe una vera e propria linea rossa invalicabile. Anche perché c’è l’incognita Superbonus, che finora ha azzerato ogni margine possibile sul 2022 e 2023. Ancora non è chiaro il tiraggio della misura per l’anno in corso, e soprattutto si attende che Eurostat chiarisca su quale anno grava la spesa. Se tutta sul 2023, oppure se getterà un’ipoteca anche sul 2024.

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A caccia di nuove entrate

Le risorse in deficit su cui il governo starebbe ragionando (aumentandolo al massimo di 0,2 o 0,3 punti, ovvero 4-6 miliardi di euro) non saranno quindi nemmeno sufficienti a confermare il taglio del cuneo fiscale che vale 10 miliardi. Serviranno quindi nuove entrate per trovare spazi e coprire una manovra che per ora - secondo indiscrezioni - potrebbe aggirarsi sui 20-25 miliardi di euro. Una parte arriverà dalla tassa sugli extraprofitti delle banche (poco meno di 3 miliardi, se le stime reggeranno alla prova della nuova versione). Ma non si esclude anche una nuova tassa sui giochi.

Incognita Patto di Stabilità

Per reperire risorse, il vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini aveva lanciato l’idea di un mini-condono edilizio. Ipotesi che però non piace all’alleato e vicepremier Antonio Tajani. “Si può sanare qualche piccolo lavoro” ma “non parlerei di condono”, ha detto Tajani. Sulla messa punto della Nadef pesa anche l’incognita del nuovo Patto di Stabilità. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti vorrebbe che venissero scomputate almeno le spese per investimenti, cosa che darebbe alla spesa un po’ di sollievo. Ma al momento è tutto incerto, perché la trattativa sta prendendo più tempo del previsto. L’unica certezza è che il governo dovrà fare di tutto per far proseguire il calo del debito pubblico se non vorrà rischiare vecchie o nuove sanzioni europee. Nonché mettere in allerta i mercati.

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