Mercato dell'arte

Artissima si rinnova e celebra Torino

di Sara Dolfi Agostini

4' di lettura

Si è conclusa la ventiquattresima edizione della fiera torinese Artissima, in scena dal 3 al 5 novembre all'Oval con la nuova direzione della curatrice Ilaria Bonacossa, ex direttrice del Museo di Villa Croce a Genova. Positivi i dati sul fronte dei visitatori, che superano 52mila presenze - in crescita rispetto all'anno scorso - per 206 gallerie di cui il 62% straniere. Bonacossa punta sulla continuità con le precedenti edizioni, confermando le principali sezioni, da Back to the Future, dedicata alle riscoperte, a New Entries e Present Future rispettivamente per gallerie e artisti emergenti, ma cambia il team curatoriale e aggiunge la piattaforma Disegni che sembra invocare un ritorno alle origini della pratica artistica per indagare meglio le trasformazioni e le spinte della contemporaneità. Inoltre, per celebrare i cinquant'anni dell'Arte Povera, Artissima ha presentato un programma di talk ispirato alla celebre discoteca torinese Piper e curato il Deposito d'arte italiana presente con 124 opere dagli anni ‘90 a oggi prestate da musei piemontesi e da gallerie presenti in fiera da Maurizio Cattelan e Francesco Vezzoli fino ad artisti emergenti tra cui Adelita Husni-Bey, Andrea Romano e Alice Ronchi.

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Le gallerie. Funzionano le sezioni curatoriali, con equilibrio tra tecniche artistiche, generi e contenuti. Negli spazi di Present Future, accanto allo stand di GB Agency e Zero dedicato alla performance di Cally Spooner, si distinguevano i disegni precisi di Marta Riniker-Radich – offerti da Francesca Pia di Zurigo a 4mila euro ciascuno – in cui l'eccellenza tecnica quasi distrae dalle contenuti delle immagini, miscela di violenza e sublime. Mentre Pedro Alfacinha di Lisbona mostrava un disegno-installazione e video di Von Calhau!, collettivo portoghese che spazia in ogni tecnica artistica con una predilezione per grafica, linguaggio e musica e opere da 300 euro fino a 15mila. Nella nuova sezione Disegni, Galleria Fonti di Napoli proponeva i disegni di Seb Patane a prezzi da 5-8500 euro. La serie, collezionata anche dal MoMA di New York, è ispirata da stampe fotografiche di prostituti scattate a Trafalgar Square negli anni ‘30, e mescola matita colorata, stampa e smalto per evocare la complessa metodologia dell'artista, che ribadisce così lo slittamento di significato derivante dell'appropriazione artistica di figure ed eventi storici.
Spostandosi sugli anni '80, focus di Back to the Future, da Galleria Ribot di Milano c'erano opere di Corrado Levi da 13-28mila euro in cui l'artista offriva quadri comprati ai mercati delle pulci sotto la lente di ingrandimento dello spettatore e ne rivisitava temi e contenuti in installazioni a pavimento. Tra gli italiani recentemente riscoperti anche Elisa Montessori, da Monitor di Roma a 4-8mila euro, con le sue carte – piegate per questioni di archiviazione – che indagano lo spazio dell'arte e il potenziale del segno. Tra le presentazioni internazionali, infine, emergevano soprattutto le ricerche delle artiste, tra cui Vera Isler da Balzer Projects di Basilea e Jacqueline de Jong presso lo stand della galleria olandese Dürst Britt & Mayhew. Di Isler, un passato come ricercatrice scientifica di laboratorio, si poteva osservare la transizione dai bassorilievi a stampo dei titoli di giornali sulle manipolazioni genetiche ai ritratti fotografici d'artista che l'hanno resa celebre, da 3.500 fino a 20mila euro. Nel caso di De Jong, artista militante inizialmente legata all'Internazionale Situazionista cui lo Stedelijk Museum di Amsterdam dedicherà una retrospettiva nel 2019, si ammiravano i dipinti della “Série Noire” – tra attualità, fiction e avanguardia pittorica – in vendita da 25mila euro.
Tra le New Entries si trovavano soprattutto presentazioni di più artisti, talvolta associati sul piano curatoriale più che generazionale. Come da Viasaterna di Milano, che ospitava opere del maestro della fotografia di paesaggio Guido Guidi accanto a stampe e installazioni dei più giovani Federico Clavarino e Theo Drebbel a prezzi da 800 a 100mila euro, o da Acappella di Napoli, dove la matrice comune tra le sculture di Hella Gerlach, le stampe su resina di Pennacchio Argentato e i quadri di Daniel Davies – da 1500 a 7mila euro – era un elemento pop.
Infine, nella Main Section, dove le presentazioni di Artissima si fanno sempre più spiccatamente commerciali, emergeva per qualità della ricerca lo stand della Galerie Jocelyn Wolff di Parigi, con un black box a più ingressi per presentare opere video del duo Prinz Gholam, di Hans Schabus e Clemens Von Wedemeyer dedicate alla questione del tempo e della memoria nella pratica artistica contemporanea e nel passato.
In città. Il programma off di Artissima includeva numerose fiere satellite – alcune più istituzionali come The Others, e Flashback, e novità come FLAT Fiera Libro Arte Torino e la fiera boutique DAMA - mentre le mostre inaugurate per l'occasione erano e sono ispirate principalmente alla città, osservata come un incubatore di storie e collezioni. È il caso della grande mostra del Castello di Rivoli, che celebra l'arte povera di Gilberto Zorio all'insegna di energia, materia e quotidiano; ma anche della collettiva Come una falena alla fiamma, che ha inaugurato il programma espositivo delle OGR Officine Grandi Riparazioni in collaborazione con la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, istituzione partner dalla progettazione alla utilizzazione degli spazi. I curatori di calibro internazionale - Tom Eccles, Mark Rappolt and Liam Gillick – hanno rivisitato le collezioni della Fondazione, Castello di Rivoli, GAM e Museo Egizio creando una corrispondenza tra i linguaggi e i temi dell'arte contemporanea e lo sviluppo culturale della città in un connubio tra pubblico e privato. Una mostra di prestigio, ma più orientata agli stranieri che al pubblico dell'arte italiano e torinese, già familiare con molte delle opere. Stessa cornice concettuale per l'ambiziosa mostra personale di Carlos Garaicoa alla Fondazione Merz, in cui la città diventa uno strumento di lavoro per indagare utopia e lotta sociale tra installazioni, video e fotografie inedite, in fiera allo stand di Galleria Continua per 40-150 mila euro. Meno istituzionale, ma di grande suggestione, il progetto dello spazio no profit Treti Galaxie, che ha curato una mostra della giovane artista francese Clémence de La Tour du Pin in una fortezza sotterranea a tredici metri di profondità costruita nel XVI secolo e resa accessibile per la prima volta per l'intervento artistico. La mostra, visitabile su appuntamento fino al 29 novembre a pochi passi dalla stazione di Porta Susa, è un percorso multisensoriale che intreccia storia collettiva e memoria personale dell'artista, portando alle estreme conseguenze il concetto di opera site-specific.

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