Aspettando la cedolare, arriva la deroga sui locali commerciali
Nelle zone alluvionate sono sospesi i vincoli della legge sull’equo canone
di D.Aq.
3' di lettura
Si avvicina il momento della verità per la cedolare secca sui locali commerciali. Gli esperti incaricati dal ministero dell’Economia hanno preparato lo schema della norma, come prevede la delega per la riforma fiscale (legge 111/23): dopo la consegna dei testi e delle relazioni – prevista entro mercoledì – toccherà al Governo decidere se il debutto avverrà il 1° gennaio 2024 e in quale versione (completa o limitata ad alcuni immobili o situazioni).
Per l’estensione della tassa piatta agli affitti non abitativi – che la delega prevede come «possibilità» – l’ostacolo principale non è tecnico (anzi: il meccanismo è rodato per le case fin dal 2011), ma finanziario. Si tratta, in soldoni, di capire se ci sarà la copertura del minor gettito.
Citando la «cedolare secca», la legge delega si riferisce a un’imposta sostitutiva che potrà essere applicata solo dai locatori persone fisiche. Inoltre la Camera – approvando il disegno di legge – ha aggiunto una precisazione: l’inquilino dovrà essere «un esercente un’attività d’impresa, un’arte o una professione». Saranno senz’altro escluse, perciò, le locazioni di immobili non residenziali da un privato a un altro privato (ad esempio, a uso magazzino).
Trecentomila contratti all’anno
Gli immobili non abitativi posseduti da persone fisiche che risultano affittati sono 1,29 milioni, secondo l’ultima pubblicazione «Gli immobili in Italia 2023», a cura di Mef e agenzia delle Entrate.
I negozi (categoria catastale C/1) sono circa 789mila e costituiscono i principali indiziati a beneficiare della tassa piatta, visto che la precedente versione dell’imposta – applicata ai soli contratti siglati nel 2019 – era riservata proprio ai negozi e alle loro pertinenze.
La delega, comunque, parla in generale di «immobili adibiti ad uso diverso da quello abitativo». Includendo tra gli altri gli uffici (circa 168mila) e i fabbricati produttivi del gruppo catastale D (circa 207mila).
Una delle ipotesi più realistiche è applicare la cedolare solo ai nuovi contratti, come già accadde nel 2019. L’anno scorso le nuove locazioni non abitative registrate alle Entrate sono state oltre 320mila. In questa cifra, comunque, rientrano tutti i contratti, compresi quelli stipulati da persone non fisiche (società ed enti), quelli riguardanti pertinenze di abitazioni e quelli in cui l’inquilino non è un imprenditore o un professionista. Anche nella versione più generosa, dunque, il perimetro applicativo della nuova tassa piatta sarebbe stretto.
Deroga nelle aree alluvionate
In attesa di conoscere il destino della cedolare secca, c’è una novità già in vigore per i contratti non residenziali stipulati nelle zone di Emilia-Romagna, Marche e Toscana che dal maggio scorso sono state colpite dalle alluvioni.
Convertendo il decreto legge 61/2023, il Parlamento, con una norma proposta da Confedilizia, ha stabilito che sono regolate dal Codice civile – anziché dalla più restrittiva legge sull’equo canone, la 392/78 – «le locazioni stipulate dai titolari di attività economiche colpite dagli eventi alluvionali». I contratti devono riguardare «immobili situati nel territorio della provincia in cui l’attività si svolgeva o di una provincia confinante, al fine di utilizzarli per la ripresa dell’attività medesima».
A livello pratico, rifarsi agli articoli 1571 e seguenti del Codice civile vuol dire – ad esempio – poter stipulare un contratto di due anni (anziché il classico “6+6” o “9+9” per gli hotel), prevedendo meccanismi di disdetta, indennità di avviamento o rinnovo liberamente negoziati dalle parti. Una norma identica era già stata prevista dopo il terremoto che nel 2012 aveva interessato le province di Bologna, Modena, Ferrara, Reggio Emilia, Mantova e Rovigo.
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