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L’amministrazione americana non ha perso tempo: poche ore dopo l’arresto di Julian Assange a Londra, consegnato alle autorità britanniche dall’ambasciata dell’Ecuador dove viveva da sette anni dopo che il paese latinoamericano ha revocato il suo diritto d’asilo, ha fatto scattare l’incriminazione.
Il 47enne fondatore di WikiLeaks, al centro di scandali di diffusione di informazioni top-secret e sospettato anche di legami con la Russia, è stato accusato di un reato di cospirazione con l’ex soldato e analista dell’intelligence militare statunitense Chelsea Manning per condurre atti di pirateria che hanno violato computer governativi.
«L’accusa riguarda il presunto ruolo di Assange in una delle maggiori operazioni che hanno compromesso informazioni top secret nella storia degli Stati Uniti» si è letto nell’annuncio dato dal Dipartimento della Giustizia. Un reato che prevede una condanna massima a cinque anni di carcere.
Altre accuse, però, sarebbero in arrivo, stando a fonti americane vicine al ministero. Segno che la lunga caccia data da Washington ad Assange, proseguita sotto due amministrazioni, Obama prima e Trump poi, è giunta al suo culmine.
Washington ha proceduto contemporaneamente con la propria immediata richiesta di estradizione. La magistratura britannica ha indicato che le autorità americana hanno tempo fino al 12 giugno per presentare e condividere i fatti del caso a sostegno della loro richiesta.
Vediamo le tappe, legali e politiche, di questa saga. L’attuale caso contro Assange non ha, al momento, alcun legame con il ruolo svolto da WikiLeaks nella manipolazione delle elezioni statunitensi del 2016 messa in atto dalla Russia di Vladimir Putin per favorire la vittoria di Donald Trump, attraverso il furto elettronico e la pubblicazione di e-mail interne dei vertici del partito democratico.
I servizi segreti americani hanno concluso che hacker di Mosca violarono i computer democratici e passarono le informazioni a WikiLeaks. E Assange non ha fatto mistero che non voleva Hillary Clinton alla Casa Banca. Nonostante però Trump avesse complimentato WikiLeaks durante la sua campagna elettorale per i colpi alla rivale, una volta Presidente i suoi collaboratori avevano messo in chiaro che l’inseguimento ale leader di WikiLeaks continuava: l’allora capo della Cia Mike Pompeo, ora Segretario di Stato, aveva subito definito WikiLeaks un «servizio di intelligence non-statale e ostile», rilanciando il giudizio già di Obama che rappresentava una minaccia alla sicurezza nazionale.
Al contempo, un nuovo e più moderato Presidente eletto in Ecuador nel 2017, Lenin Moreno, ha messo in moto un disgelo nei rapporti con Washington e quindi con Trump dopo anni di tensione che erano stati aggravati proprio dall'asilo concesso dal suo predecessore ad Assange, una tensione che aveva provocato crolli dell'interscambio tra i due paesi.
Un portavoce di WikiLeaks, da Londra, ha adesso denunciato l’arresto affermando che Assange è accusato di una «cospirazione per commettere giornalismo». E ha affermato l’intenzione di battersi contro l’estradizione proprio davanti allo spettro di un moltiplicarsi delle incriminazione portate dagli Stati Uniti. Ma la strada appare in salita per Assange, anche sotto il profilo legale e non solo politico.
La sua incriminazione iniziale in terra statunitense - sulla base della quale è decollata la richiesta di estradizione - era stata depositata in un tribunale della Virginia già nel marzo del 2018 e secretata. Sostiene, stando a quanto venuto ormai alla luce, che assieme a Manning aveva lavorato alla violazione delle password e allo scaricamento di dati governativi, un dossier di ben 750.000 documenti militari e diplomatici delicati usciti tra il 2010 e il 2011 e che riguardavano la guerra in Irak e Afghanistan e comunicazioni diplomatiche.
Manning, che ha oggi 31 anni, si trova in carcere dal mese scorso per aver rifiutato di testimoniare ad un Grand Jury che indaga su WikiLeaks, obiettando alla sua segretezza, in un segno del continuo assedio stretto dalle autorità nei confronti dell'organizzazione. Era stato già sottoposto a corte marziale nel 2013, accusato tra l'altro di aver violato la legge contro lo spionaggio, e incarcerato tra il 2010 e il 2017. La pena originale, 35 anni, era stata poi commutata e ridotta dal Presidente Barack Obama.
Assange si era rifugiato nell'ambasciata londinese dell’Ecuador nel 2011 per sfuggire formalmente alla magistratura svedese che lo sospettava di abusi sessuali, accuse che furono lasciate cadere due anni or sono. Da allora gli americani non si sono tuttavia tirati indietro, anzi. E il Presidente dell’Ecuador Moreno ha indicato che il suo paese era stanco di proteggere Assange, citando «ripetute violazioni di convenzioni internazionali e norme di comportamento».
Da tempo giravano voci che cercava di espellere Assange dall'ambasciata a Londra, fino ad accuse di WikiLeaks di aver già spiato e passato registrazioni del suo leader a Washington. Poi l’apertura delle porte della sede diplomatica e l’arresto, avvenuto per violazione di condizioni per la libertà su cauzione in Gran Bretagna e per dar seguito alla richiesta americana di estradizione.
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