ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùLa sinergia

Asse Veneto-Trentino contro la siccità

I tecnici della Regione e della Provincia autonoma al lavoro per definire una strategia: focus sull’Adige, bacino di approvvigionamento

di Valeria Zanetti

(ANSA)

4' di lettura

Gestire congiuntamente la risorsa idrica, evitando di cadere nella conflittualità che si è già manifestata la scorsa estate. L’inverno e la primavera, ancora una volta siccitosi, hanno portato Regione Veneto e Provincia autonoma di Trento a definire una strategia collaborativa in previsione dei prossimi mesi, che saranno di nuovo all’insegna della scarsità d’acqua. Si temono conseguenze per le forniture domestiche, oltreché produttive, agricole e turistiche.

Senza contare che, stando ai dati Terna riferiti al giugno 2022, in Italia degli oltre 4.400 impianti per la produzione di energia idroelettrica, le province autonome di Trento e di Bolzano ne contano rispettivamente 268 e 543 (19,3% della potenza italiana); il Veneto 392 (6,2%).

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Quindi l’acqua è indispensabile anche per generare energia e proprio su questo suo utilizzo a monte l’anno scorso è scoppiata la protesta a valle, da parte veneta. L’attenzione si concentra in particolar modo sul corso dell’Adige, che nasce in Trentino e poi sfocia nell’Adriatico, connotandosi tra i maggiori bacini di approvvigionamento del Veneto.

«Tempi difficili, come questo – ha spiegato il presidente veneto, Luca Zaia - impongono di affrontare i macro-problemi in sinergia fra territori: l’acqua non conosce confini e con il presidente Maurizio Fugatti conveniamo che serva la massima condivisione di dati, analisi, soluzioni tecnico-scientifiche, per affrontare la gestione congiunta della risorsa idrica».

D’accordo Fugatti: «I tecnici di Trentino e Veneto - sottolinea - sono al lavoro da alcune settimane per affrontare la gestione congiunta della risorsa idrica: attendiamo anche dal Governo un piano nazionale di investimenti sugli acquedotti perché se le condutture vengono sistemate si limita la dispersione. Il Trentino ha sempre dato acqua alle regioni vicine e non nega la solidarietà al Veneto».

La situazione

Intanto, nonostante qualche precipitazione ad aprile, il secondo fiume più lungo d’Italia soffre e offre le desolanti immagini delle secche che riempiono il suo letto. Lungo il suo corso verso la pianura sempre più assetata l’Adige si assottiglia. A Trento la portata si limita ai 60 metri cubi al secondo contro una media di 120 negli ultimi trent’anni.

Superato il confine con il Veneto, la paura della siccità è già forte. Nelle campagne del Veronese, dove tra poche settimane dovrà partire l’irrigazione, il fiume è due metri sotto lo zero idrometrico. Non va meglio guardando alle altre fonti irrigue: il Garda è ai minimi del periodo da 70 anni, il Po basso come in estate, le portate di Piave, Tagliamento e Bacchiglione, sono ridotte. Nel Rodigino il pericolo è rappresentato dal possibile innalzamento del cuneo salino, come già successo la scorsa estate.

La causa – evidenzia Anbi Veneto che riunisce i consorzi di bonifica regionali - sta nella piovosità scarsa rispetto alla media storica (circa metà) così come nelle rare nevicate. «I depositi nivali, anche a causa delle temperature miti e del conseguente mancato accumulo, sono lontani dai valori della media storica», si legge nell’ultimo bollettino diffuso.

«La pioggia di aprile non può che farci piacere», afferma Alex Vantini, presidente di Coldiretti Verona, la provincia più agricola della regione. «Resta la forte preoccupazione. Siamo in un’emergenza da gestire in modo più strutturato e organico coinvolgendo tutti gli attori: dal Governo al singolo imprenditore agricolo, fruitore e al tempo stesso responsabile di ogni singola goccia che cade il suo terreno».

La Confederazione, che rileva come l’89% dell’acqua piovana venga dispersa, insiste sul progetto elaborato con Anbi per una rete di piccoli invasi diffusi sul territorio, senza uso di cemento e in equilibrio con i territori, per conservare l’acqua e distribuirla quando è necessario.

Raccolti e turismo

Intanto anche il turismo trema: sono a rischio i bagni nel più grande lago d’Italia così come la sua navigazione. Idem per la possibilità che l’agricoltura possa attingere al Benaco per l’irrigazione. A questo proposito a ridosso di Pasqua si è tenuto un primo incontro tra le Regioni Lombardia e Veneto e Provincia Autonoma di Trento, con rappresentanti della Comunità del Garda, Aipo, Anbi Lombardia e del Consorzio del Mincio (emissario del Garda, ndr) che raggruppa tutte le utenze irrigue mantovane, utilizzatrici dell’acqua del lago. Obiettivo, tentare di salvaguardare l’agricoltura, tenendo in considerazione le peculiarità del bacino, in particolare di turismo e navigazione.

Da Roma arrivano le prime risposte per contrastare la siccità. Il consiglio dei ministri ha varato il decreto legge che prevede l’istituzione di una cabina di regia interministeriale, presieduta dalla premier, Giorgia Meloni o dal ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, e la nomina di un “Commissario straordinario nazionale” per la scarsità idrica.

«Questo significa semplificare la burocrazia e intervenire in maniera diretta sulla crisi idrica – afferma l’assessore all’Agricoltura veneto, Federico Caner - Ci sono delle soluzioni già sul tavolo che troveranno immediata attuazione».

Si tratta di misure per ridurre le dispersioni; dell’aumento dei volumi degli invasi; della realizzazione di vasche di raccolta di acque meteoriche per uso agricolo; del riutilizzo delle acque reflue depurate per uso irriguo; dell’introduzione di semplificazioni per realizzare impianti di desalinizzazione.

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