Assegno di divorzio, conta la convivenza prematrimoniale? In campo le Sezioni unite di Cassazione
La Suprema corte passa la parola al Supremo consesso considerando poco in linea con l’evoluzione dei costumi non dare un peso legale alla convivenza
di Patrizia Maciocchi
I punti chiave
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Saranno le Sezioni unite a decidere se il periodo di convivenza prematrimoniale abbia o no un valore legale ai fini della quantificazione dell’assegno di divorzio. I giudici della prima sezione civile (ordinanza interlocutoria 30671) hanno, infatti, considerato la questione della massima importanza e invocato l’intervento del Supremo consesso.
La durata del matrimonio incide sull’assegno
A dare il la all’ordinanza una sentenza con la quale la Corte d’Appello, nel decidere l’ammontare del mantenimento dovuto dall’ex marito, aveva preso in considerazione la sola durata del matrimonio, ignorando il periodo more uxorio che la coppia aveva trascorso prima del fatidico sì. I giudici territoriali si erano basati sul dato letterale della legge 898/1970 sull’assegno di divorzio, che fa riferimento alla sola durata del matrimonio. Per i giudici di merito era dunque irrilevante «il periodo antecedente al formale coniugio, protrattosi per sette anni e caratterizzato da una stabilità affettiva oltre che dall’assunzione spontanea di reciproci obblighi di assistenza».
Convivenza fenomeno di costume sempre più radicato
La sezione remittente sembra non essere d’accordo e, nel lasciare la parola alle Sezioni unite, fa qualche considerazione sui tempi che cambiano. «La convivenza prematrimoniale – si legge nell’ordinanza – è un fenomeno di costume sempre più radicato nei comportamenti della nostra società cui si affianca un accresciuto riconoscimento – nei dati statistici e nella percezione delle persone – dei legami di fatto, intesi come formazioni familiari e sociali di tendenziale pari dignità rispetto a quelle matrimoniali». E i giudici di legittimità, interpreti del diritto vivente, traggono una conclusione: «Il riconoscimento di una sostanziale identità – scrive il relatore – dal punto di vista della dignità sociale, tra i due fenomeni di aggregazione affettiva, sotto alcuni punti di vista (non certo per tutti) rende meno coerente il mantenimento di una distinzione fra la durata legale del matrimonio e quella della convivenza». Un cambio di costume di cui si è fatta interprete la giurisprudenza che, con la sentenza delle Sezioni unite 32198/2021, si è espressa contro la perdita automatica dell’assegno compensativo di divorzio a favore di chi aveva instaurato una convivenza di fatto.
«Non del tutto dissimile – precisa la Corte – è la possibilità di tenere conto anche del periodo di convivenza prematrimoniale, cui sia seguito il vero e proprio matrimonio, successivamente naufragato, ai fini della determinazione dell’assegno divorzile». Assegno che deve tenere conto, oltre che delle disponibilità economiche dell’onerato, anche della durata del matrimonio. Senza che si faccia cenno al periodo più o meno lungo di convivenza. Una lacuna che le Sezioni unite potrebbero colmare.
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