Assegno unico, il 12% non lo ha chiesto: l’identikit degli esclusi
Il 12% degli aventi diritto non ha richiesto la prestazione (e quindi non la riceve) e il 18% ha fatto domanda senza presentare l’Isee in base al quale sono modulati gli importi, ricevendo così solo la quota minima
a cura di Michela Finizio
I punti chiave
3' di lettura
È passato un anno dal debutto dell’assegno per i figli, una misura “unica” che ha preso il posto delle prestazioni precedenti, confermata anche per il 2023. Erogata con cadenza mensile dall’Inps, direttamente sul conto corrente dei beneficiari, nella prima annualità ha raggiunto una spesa totale di 16 miliardi di euro. Nonostante sia una prestazione “universale”, però, il 12% degli aventi diritto non l’ha richiesta (e quindi non la riceve) e il 18% ha fatto domanda senza presentare l’Isee in base al quale sono modulati gli importi, ricevendo così solo la quota minima.
Il primo bilancio della misura, presentato a Roma giovedì scorso nell’ambito di un convegno organizzato dall’Inps, arriva in un momento particolarmente acceso del dibattito sulle politiche per la natalità: alle proposte di nuovi sgravi fiscali per chi ha figli, annunciati la scorsa settimana dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, si affiancano le richieste di potenziamento del contributo universale, sempre nell’ottica di invertire la rotta del declino demografico.
L’identikit degli esclusi
Tutte le novità in arrivo, in ogni caso, devono partire dai numeri della platea interessata. E dalle statistiche sull’assegno unico è possibile tracciare anche l’identikit degli “esclusi”: per comprendere i limiti e i punti di forza della misura, è possibile conoscere chi sono i potenziali beneficiari che non ne hanno fatto richiesta.
Nel 2022 hanno percepito almeno una mensilità 9,65 milioni di figli (inclusi 463mila a integrazione del reddito di cittadinanza) a fronte di 10,92 milioni di residenti tra 0 e 20 anni: il take up, cioè l’adesione alla misura, è dell’88 per cento. Un dato elevato, se paragonato a quello di altre prestazioni sociali, raggiunto anche grazie a una procedura snella per le domande messa in campo dall’Inps. Ma che di fatto lascia fuori alcuni, indebolendo così il suo carattere “universale”.
Differenze in base a età dei figli e condizioni economiche
In particolare, l’interesse per la misura è stato elevato per i figli piccoli e molto più contenuto per quelli più grandi: tra i nati nel 2005 (che oggi hanno 17 anni) l’assegno raggiunge l’85% della platea, un’incidenza più bassa di 10 punti tra i nati nel 2021 (un anno) dove il take up sale al 95 per cento. L’adesione per i figli minorenni ha una forte connotazione territoriale: più elevata al Sud, decisamente più contenuta al Centro e al Nord dove l’assegno unico è stato richiesto solo per il 76% degli aventi diritto.
La misura legata all’Isee e l’interesse per la prestazione risultano minori in presenza di situazioni economiche migliori. Milano, ad esempio, è la provincia con il take up più basso e il reddito Irpef dichiarato più elevato, Crotone viceversa. Infine, l’adesione risulta maggiore dove è minore la presenza di stranieri, a testimonianza del fatto che i requisiti stringenti per questa fascia di popolazione – su cui pesa anche l’attenzione della Commissione europea – non possono essere “agganciati” da tutti gli interessati.
Chi non ha presentato domanda
C’è poi un gran numero di beneficiari che riceve la quota minima, perché non ha presentato l’Isee: 1.539.689 figli a febbraio 2023, per l’87% minorenni. Molte sono famiglie con condizioni economiche più vantaggiose, che avrebbero comunque diritto all’importo minimo previsto oltre i 40mila euro di Isee (oggi 43.240 euro, post rivalutazione per l’inflazione): l’incidenza di domande senza Isee sfiora il 50% nei decili più alti di reddito da lavoro dipendente.
Ma la scelta di non presentare l’Isee risulta correlata anche ad altri fattori e aumenta al crescere dell’età del genitore richiedente (e quindi del figlio), raggiungendo il picco tra i 50 e i 60 anni. L’anzianità del richiedente, che risulta proporzionale all’andamento del reddito Irpef, determina anche una minore aspettativa di durata del beneficio e questo potrebbe disincentivare il beneficiario a fare domanda solo per poche anni.
Più elevate, infine, le domande senza Isee (32%) in presenza di un lavoratore autonomo o professionista nel nucleo familiare, percentuale che si riduce drasticamente se entrambi i genitori non lavorano o sono pensionati. Infine, nelle province del Nord – dove gli indicatori della ricchezza patrimoniale delle famiglie sono mediamente più elevati – l’incidenza di beneficiari senza Isee risulta molto più elevata.
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