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Asset illiquidi, l’allarme di Padula (Covip): «Fondi pensione pronti, le Casse no»

Il presidente dell’authority di vigilanza della previdenza mette in guardia gli enti dei professionisti sugli investimenti alternativi in assenza del regolamento (atteso dal 2011)

di Vitaliano D'Angerio

Mario Padula (Imagoeconomica)

3' di lettura

«I fondi pensione italiani sono pronti per gestire gli asset illiquidi. Ci sono dei limiti di portafoglio e c’è soprattutto un regolamento degli investimenti. Non posso dire lo stesso per le Casse di previdenza dei professionisti. In quel caso un regolamento degli investimenti ancora non c’è e il loro codice di autoregolamentazione è insufficiente». Mario Padula è il presidente della Covip, l’authority che vigila sui fondi pensione complementari (185 miliardi di patrimonio), il secondo pilastro della previdenza. Covip ha poi anche poteri ispettivi e di monitoraggio sulle 20 Casse di previdenza dei professionisti italiani (primo pilastro) che siedono su 87 miliardi di euro di attività.

Da anni Padula spinge, invano, sull’emanazione da parte dei ministeri vigilanti (Lavoro ed Economia) del decreto che dovrà regolamentare gli investimenti degli enti previdenziali atteso dal 2011.

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Presidente Padula i fondi pensione sono dunque meno a rischio delle Casse sugli asset illiquidi?
C’è sicuramente un grande divario. I fondi pensione hanno un regolamento sugli investimenti: possono investire fino a un massimo del 20% in asset illiquidi. È un paletto ben preciso. Inoltre devono seguire le indicazioni della Iorp2, la direttiva europea. È una normativa che ha chiesto ai fondi pensione un grande sforzo di trasparenza, governance e controllo dei rischi.

Le Casse però hanno un codice di autoregolamentazione che impone un paletto del 25% per gli asset alternativi diversi da quelli immobiliari. Non basta?
Non basta. Con quale legittimità un’authority può poi intervenire per far rispettare quel codice di autoregolamentazione? Covip non vuole limitare l’autonomia delle Casse. D’altronde non lo facciamo neanche con i fondi pensione che possono investire dove ritengono più opportuno. Quello che chiediamo è un regolamento dei processi di investimento. In tutto il mondo questo è lo standard. Non dimentichiamo che è risparmio previdenziale.

Una sorta di tracciabilità di come e da chi l’investimento viene deciso. Ma perché non si applica la Iorp2 anche alle Casse? È una direttiva che riguarda tutti gli schemi previdenziali europei.
Non voglio entrare nel tecnico. Sulla questione della natura delle Casse si è accumulata una copiosa giurisprudenza e la dottrina si è ampiamente esercitata. Resta il fatto che è atteso da quasi dieci anni un decreto con il regolamento degli investimenti delle Casse. A oggi ancora non c’è. Eppure, a quanto ci risulta, tutti gli adempimenti amministrativi sono stati realizzati.

Sempre la Iorp2 prevede un rafforzamento della struttura di controllo del rischio all’interno dei fondi pensione. Da esperto, quante persone sono necessarie per una struttura di risk management ade guata?
Non si può dirlo a priori e la norma non entra così nel dettaglio. Certo è che controllare il rischio di un Bund o di un BTp è cosa ben diversa che monitorare un asset illiquido, non quotato e soprattutto in una fase recessiva come quella che stiamo attraversando.

In questo momento però molti investitori, grandi e piccoli, si stanno spostando sul settore degli illiquidi perché c’è fame di rendimenti. Non è così?
Non generalizzerei sui rendimenti. Vi sono strumenti liquidi che hanno risultati positivi. Certo è che vi è questa tendenza all’esposizione sugli illiquidi. Anche se quello attuale non è il momento migliore visto il trend dell’economia.

Può entrare più nel dettaglio?
Quando l’economia va bene, le contribuzioni degli iscritti sono stabili. Avviene il contrario in caso di recessione. E poi ci sono i cosiddetti “richiami”.

Ci spieghi.
I fondi che gestiscono asset illiquidi prevedono un piano di richiami ovvero di versamento di somme da parte degli investitori. Ebbene questi richiami sono tecnicamente cash flow negativo per un fondo pensione in un momento come l’attuale dove la liquidità è preziosa.

Però lei ha sottolineato che i fondi pensione sono attrezzati per la gestione di asset illiquidi.
Certo che lo sono. Allo stesso tempo però, a livello generale, l’economia è in una fase di rallentamento e di ciò bisogna tenere conto.

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