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Astensione alle stelle: votano solo 4 elettori su dieci

Per Lombardia forte calo della partecipazione, nel complesso ha votato il 40%

(IMAGOECONOMICA)

2' di lettura

I dati definitivi dell’affluenza nei 1.882 comuni al voto per le regionali di Lombardia e Lazio confermano il forte calo della partecipazione: ha votato il 40% (rispetto al 70,63% alle precedenti omologhe, quando si votò in un solo giorno).

I dati finali

In Lombardia va il 41,67% degli aventi diritto ma il record assoluto è nel Lazio: solo il 37% si presenta ai seggi. Punta massima a Roma con il 33,11%, dato sconfortante se si pensa che alle precedenti regionali del 2018 nella Capitale andò alle urne il 63,11%. Già alle ultime Comunali si lanciò l’allarme astensionismo, ma allora, nell’ottobre 2021, andò a votare il 48,54% e al secondo turno il 40,68%. Nulla di comparabile con il risultato odierno che nel passato ha un solo precedente: il voto in Emilia Romagna nell’estate del 2014 quando, Vasco Errani, presidente della Regione dal 1999, venne condannato per falso ideologico nell’ambito del caso Terremerse e si dimise, costringendo l’Emilia Romagna ad andare al voto anticipato. Quella volta scelse di andare alle urne solo il 37,7% dell’elettorato e si gridò per giorni allo scandalo.

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I sondaggisti: pesa l’esito prevedibile

L’esito prevedibile, a causa delle divisioni delle opposizioni sia in Lombardia che nel Lazio, è probabilmente il primo fattore del picco di astensione alle regionali di domenica e lunedì. È un parere condiviso tra diversi sondaggisti, tra i quali tuttavia vi sono valutazioni variegate sulla drammaticità di questi dati così bassi di partecipazione. Che ci sia una «tendenza generale» alla discesa della partecipazione viene sottolineato da Roberto Weber, dell’Istituto Ixé, da Salvatore Vassallo, dell’Istituto Cattaneo e da Lorenzo Pregliasco di Youtrend. «C’è una crisi della politica - dice Weber - una dissociazione tra rappresentati e rappresentanti». «Le persone ormai pensano che il proprio voto non cambi le cose», conviene Pregliasco. E infatti anche alle politiche del 25 settembre votò appena il 63% degli aventi diritto.

La specificità delle Regionali

Poi c’è un elemento specifico delle Regionali, che, aggiunge Pregliasco, «sono a metà tra le comunali e le nazionali»: non sono un ente vicino come i Comuni ma neanche politicamente rilevanti come quelle per il Parlamento. «Questo risultato vendica quello delle Regionali in Emilia Romagna del 2014 - ricorda Vassallo - quando votò il 37% (come oggi nel Lazio ndr) e si mise in discussione la legittimità del vincitore», cioè Stefano Bonaccini. Viceversa, la tornata successiva sempre in Emilia, si caricò di rilevanza nazionale per lo scontro Bonaccini-Salvini, «e allora votarono il 70% dei cittadini», sottolinea Pregliasco. Ma tutti rimarcano che un “disincentivo” al voto è stato «l’esito scontato» a causa della compattezza del centrodestra, a cui hanno risposto le opposizioni divise. In tutto l’elettorato c’era «la consapevolezza che in assenza di una coalizione larga per il centrosinsitra non c’è storia», dice Vassallo. «In una elezione a turno unico come le Regionali, senza campo largo il centrosinistra non è competitivo» sentenzia Giovanni Diamanti di Youtrend. Ma, osservano Weber, Vassallo e Pregliasco, l’astensionismo ha colpito più le opposizioni, specie M5S e Terzo Polo, in particolare nel Lazio dove l’impressione è stata la «smobilitazione», dice Pregliasco. Una cosa è certa per Weber: il centrodestra sia cauto e non usi il termine trionfo, perché se questa tendenza all’astensionismo prosegue, salta una rotella del motore della democrazia.

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