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Atlantia verso closing Aspi, ora focus su M&A e remunerazione soci. Sale il titolo

Grazie «tesoretto» di circa 5 miliardi di euro che entrerà in cassa. Broker positivi, ora è un investimento attraente

di Enrico Miele

(REUTERS)

3' di lettura

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - La fine della travagliata vendita di Aspi alla cordata di Cdp, che ormai sembra a un passo, spinge il titolo della holding Atlantia che si muove in testa al FTSE MIB fin dalle prime battute. Ora il mercato si interroga su dove la holding, controllata dalla famiglia Benetton, investirà il «tesoretto» di circa 5 miliardi di euro che entrerà in cassa (calcolati al netto del futuro buyback e dell’acquisizione di Yunex). Gli acquisti sul titolo a Piazza Affari arrivano all’indomani di uno degli ultimi passaggi formali - ma sostanzialmente il più importante - prima del closing definitivo: la Corte dei Conti, infatti, ha registrato il cosiddetto «settlement agreement» tra Autostrade e il ministero delle Infrastrutture ed ha approvato la delibera Cipess con il parere sul terzo atto aggiuntivo alla convenzione unica con Aspi e il relativo piano economico finanziario. Ora manca pochissimo per completare il passaggio di proprietà, cioè la firma di Aspi sul Piano finanziario e l’addendum (già approvati dalla Corte dei Conti), poi il decreto ministeriale di Mims e Mef che approva il tutto e la registrazione finale da parte dei magistrati contabili. Da lì scatterà il countdown di 30 giorni per il closing che ha come termine ultimo il 30 giugno.

Tirando le somme di questo iter burocratico, scrivono gli analisti di Equita (che «vedono» il titolo a 19,1 euro con rating buy), il closing per la cessione di Aspi è atteso in circa due mesi. «Atlantia incasserà quindi gli 8,2 miliardi per la cessione dell’88% di Aspi – ricorda il broker – e potrà avviare il buyback fino a 2 miliardi approvato dall’assemblea dello scorso dicembre» che ha per oggetto un numero massimo di 125 milioni di azioni (15% del capitale) sociale. In fondo, come sottolineano gli analisti di Banca Akros (giudizio «accumulate», prezzo obiettivo 18,5 euro), il via libera della Corte dei Conti è «una buona notizia anche se, almeno parzialmente, scontata». Anche gli analisti di Intesa Sanpaolo sottolineano come l’ok dei magistrati contabili avvicini «la fine di una lunga saga iniziata 4 anni fa» e soprattutto le risorse disponibili con la vendita «forniscono una migliore visibilità sulla strategia di crescita esterna» oltre al buyback.

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Ma quanto vale il buyback come ritorno per gli azionisti? I conti anche stavolta li fa Equita: «In caso di partial tender offer sul mercato, considerando che Edizione Holding (33%) ha già annunciato che non parteciperà all’offerta, e che si possa assumere come fisiologico che il 10% delle azioni non venga consegnato, stimiamo che possano essere ritirate oltre il 20% delle azioni per gli azionisti di minoranza. Nella simulazione da noi effettuata a gennaio (offerta al 15% di premio sul mercato per 2 miliardi) la nostra stima dell’investimento era un internal rate of return del 7,5% in 2 anni considerando i dividendi pagati nel 2022 e l’interim 2023 con la prudenziale assunzione che il prezzo del titolo rimanga flat a fine 2023».

Anche Bestinver sottolinea come il semaforo verde della Corte dei Conti sia una notizia positiva e che ora Atlantia rappresenti «un investimento particolarmente attraente perché è un mix di crescita, modello di business a basso rischio, sostenibilità, innovazione e remunerazione soci». Ma il tema è anche, o forse soprattutto, il destino delle risorse che verranno incassate dalla vendita di Autostrade. Non a caso lo stesso ceo Carlo Bertazzo di recente ha ribadito che la strategia resta quella di essere un gruppo attivo nella gestione di infrastrutture e che sfrutterà la flessibilità finanziaria per cogliere eventuali opportunità nel proprio core business, mantenendo comunque un approccio «selettivo» a business sinergici o attigui.

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