ORTOFRUTTA

Aumenta l’export di meloni (+5%) e i produttori puntano sul premium per conquistare nuovi mercati

L’Italia punta sull’alta qualità per assecondare la crescita dei consumi (9,5 kg pro capite annui, secondo Ismea

di Manuela Soressi

3' di lettura

Quello estivo, a scorza retata e polpa arancione al nord; quello invernale, giallo fuori e chiaro dentro al sud. L'Italia dei meloni è storicamente divisa in due, sia come tipologie che come stagionalità: nei presepi napoletani le statuine dei fruttivendoli mostrano sempre invitanti meloni chiari, immancabili sulle tavole di Natale del meridione, mentre dalla Toscana in su il melone arriva insieme ai primi caldi e tocca il picco della produzione tra luglio e agosto. Questa polarizzazione, molto radicata, rispecchia l'ampia diffusione del melone in Italia: con i suoi oltre 21mila ettari, è la terza specie orticola per superficie coltivata dopo il pomodoro e il carciofo (fonte Istat), e ogni zona ha le sue tipicità. Ma ora qualcosa sta cambiando: i produttori stanno puntando su nuove tipologie che mettano d'accordo tutti e che assecondino la crescita dei consumi (9,5 kg pro capite annui, secondo Ismea), garantendo la produzione nazionale tutto l'anno ed evitando così di ricorrere anche a quel poco di prodotto (4% circa) che viene importato in controstagione.

Il melone premium

Ma l'ambizione reale è quella di alzare l'asticella della qualità. E infatti è la premiumizzazione del melone la vera tendenza in atto. In alcune aree produttive (come la Sardegna e l'Emilia) ci si è ispirati al mondo del vino e al modello dei “cru” per realizzare meloni “top quality”, provenienti da terreni vocati e dall'esposizione perfetta, e che raggiungono quotazioni più che doppie rispetto alla media di mercato. Un modo per connotare i prodotti e valorizzare questo frutto agli occhi degli italiani. Del resto, all'estero il melone è considerato un'eccellenza del made in Italy e se riesce a conquistare consumatori a Dubai o Detroit, Copenhagen o Kuwait City lo si deve alle produzioni top, inviate in aereo e pronte per essere gustate nell'arco di un paio di giorni. È sull'alta qualità che l'Italia si gioca la partita, perché contro le produzioni spagnole, abbondanti e low cost, non c'è gara, perlomeno sui mercati europei più attenti al prezzo, come la Germania.

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Ecco perché l'export italiano di meloni è limitato ma in continua crescita (+5% nell'ultimo anno) e perché i produttori scommettono sulle tipologie premium, visto anche il successo riscosso in Italia.Sul mercato nazionale, infatti, negli ultimi anni si sono fatti strada i meloni più pregiati (e con un prezzo adeguato), selezionati da coltivatori e sementieri non per durare più a lungo (come avrebbero voluto i retailer) ma per essere molto dolci e profumati, e prendere così per la gola i consumatori più esigenti, delusi dalla discontinuità qualitativa dei classici meloni retati. Il caso più emblematico è quello del melone mantovano, l'unico in Italia ad aver ottenuto la Igp (Indicazione geografica protetta).

La stagione del melone liscio si allunga: da maggio a ottobre

Delle tre tipologie previste nel disciplinare, quella che sta dando maggiori soddisfazioni agli agricoltori è la più giovane: ossia il melone liscio, dalla buccia chiara e sottile, e dalla polpa compatta, molto profumata e dolce (circa 16 gradi brix contro i 12 minimi delle altre due tipologie Igp). Rimasto a lungo una nicchia, è entrato veramente sul mercato solo quando il consorzio mantovano ha deciso di investirci con l'obiettivo di ampliare e differenziare l'offerta. Dieci anni dopo, nonostante sia più delicato, più impegnativo da coltivare e richieda il doppio della manodopera, il melone liscio (e in particolare la varietà Honeymoon) rappresenta circa il 30% dei volumi della Igp ed è diventato fortemente distintivo della produzione mantovana. La rigorosa selezione effettuata ha consentito di allungare la stagione da metà maggio a metà ottobre e di offrire una continuità qualitativa che sta dando buoni risultati. “La campagna 2020 è iniziata molto bene, con un mercato molto favorevole in cui i nostri meloni precocissimi, di cui abbiamo triplicato le quantità rispetto all'anno scorso, non hanno avuto concorrenti - spiega il presidente del consorzio Mauro Aguzzi -. Grazie ai trapianti precoci e ravvicinati che hanno aumentato la produttività, quest'anno avremo volumi interessanti e una campagna più lunga, per cui pensiamo di superare le 6mila tonnellate ottenute nel 2019”.

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