Australiani a caccia di cobalto in Piemonte
L’Ue spinge verso il rilancio delle attività estrattive per garantire maggiore autonomia per l’approvvigionamento di terre rare e minerali strategici. Le zone sono quella di Usseglio per il cobalto, la Valsesia per il rame, nichel e platino, e il Verbano dove storicamente si cercavano oro e argento
di Filomena Greco
3' di lettura
Potrebbe essere proprio l’Europa, in nome di una maggiore sicurezza sul fronte delle materie prime strategiche come nichel e cobalto, a riaprire la corsa alle miniere in Italia e non solo. Il Piemonte non ha particolari norme regionali relative alle attività minerarie, ma è un territorio particolarmente ricco di minerali e, soprattutto, conta su tre autorizzazioni attive in capo a imprese australiane per attività di esplorazione e per scavare pozzi esplorativi nella zona di Usseglio (miniera di Punta Corna), per il cobalto, in Valsesia, per Nichel, rame e platino, nel Verbano Cusio Ossola, dove storicamente si cercavano oro e argento.
I primi passi
La presenza delle società australiane – tra loro anche la Altamin che ha incontrato il ministro dell’Industria Adolfo Urso il 31 luglio scorso – interessate a esplorare i giacimenti in Piemonte risale al nel 2019. Dal Piemonte poi è iniziata la visita in Italia, prima della pausa estiva, di Roberto Garcia-Martinez, ceo della Eurobattery Minerals, quotata sul mercato di Stoccarda e sul Nordic Growth Market. Si tratta di una e public company con migliaia di investitori e con all’attivo tre progetti già avviati tra Spagna, Svezia e Finlandia e in prospettiva l’avvio delle attività di scavo a partire dal 2025.
Ruolo dell’Europa
A gestire la materia è un Regio Decreto del 1927. Le miniere di minerali metallici in Italia, come nella stragrande maggioranza dell’Europa, sono state dismesse a partire dall’inizio del Novecento per questioni economiche oltre che sociali e le attività si sono trasferite altrove, dal Sudamerica all’Africa. A riaprire i giochi, con effetti economici ancora difficili da prevedere, è il Critical Raw Material Act (Crma), la proposta di Bruxelles fissa una lista di 34 materie prime essenziali e fissa per l’Unione europea, che oggi dipende per il 90% delle importazioni dalla Cina, l’obiettivo di riuscire entro il 2030 a coprire almeno il 10% dei consumi e tagliare al 65% la dipendenza da un unico fornitore extra-Ue, puntando al 15% di estrazione mineraria in loco, al 40% di raffinazione, al 15% di riciclaggio.
Ruolo del Governo
Il Governo, attraverso il ministro Adolfo Urso, prima della pausa estiva, ha annunciato la volontà, entro l’anno, di approvare un provvedimento per facilitare la riapertura delle miniere in Italia.
La direzione sembra dunque segnata e il Piemonte potrebbe essere tra le prime regioni in Italia a sperimentare una versione 4.0 delle attività estrattive, bandite dall’Europa da decenni.
«Le norme comunitarie e nazionali sulla materia ambientale in realtà si sovrappongono – fa notare il dirigente della Regione Piemonte Edoardo Guerrini – in particolare i procedimenti di valutazione di impatto ambientale sono disciplinati dalle norme comunitarie mentre per i materiali metallici la competenza è in capo allo Stato, attraverso i procedimenti di Via, Valutazione di impatto ambientale». In questa prima fase di ripresa dell’interesse verso questa tipologia di attività, in realtà gli operatori richiedono solitamente il rilascio di un permesso di ricerca per attività propedeutiche e di esplorazione, con la possibilità di prelevare materiale. Si tratta di attività di impatto ridotto, che lo stesso ministero esclude dalle procedure vere e proprie di impatto ambientale. Dunque, dei permessi di ricerca ed esplorazione si occupano le Regioni stesse.
Altro discorso è invece rappresentato dai procedimenti autorizzativi destinati ad attività più invasive, come ad esempio realizzare veri e propri pozzi esplorativi o avviare l’attività mineraria vera e propria. «Per l’avvio delle miniere vere e proprie i tempi sono molto lunghi, per avviare la progettazione, ottenere la compatibilità ambientale dal ministero e le concessioni dalla Regione, per arrivare infine ad avviare l’attività mineraria vera e propria» spiega Guerrini.
Sul fronte del Governo, definita una lista di materie prime critiche presenti in Italia, bisogna ora definire un primo aggiornamento della vecchia Carta mineraria italiana, effettuare una valutazione qualitativa dei rifiuti estrattivi, arrivare a una proposta normativa sulla gestione di questi ultimi, realizzare un’analisi degli aspetti economici, elaborare un aggiornamento più approfondito della Carta mineraria, quantificare i rifiuti estrattivi, definire la Strategia mineraria nazionale, avviare un’attività di divulgazione sul territorio ed infine stilare la mappa delle aree non idonee al rilascio di permessi e di quelle aperte alla ricerca operativa.
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