Auto autonoma, ecco dove Huawei lavora a braccetto con le aziende Usa
Al progetto di Wuxi, per esempio, concorrono case automobilistiche come Audi e Ford e compagnie tecnologiche come Intel
di Gianni Rusconi
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SHANGHAI - Wuxi, provincia di Jiangsu, circa 140 chilometri a nord-ovest di Shanghai. È una città di oltre 6,5 milioni di abitanti e con un numero impressionante di vetture circolanti: a fine 2018 se ne contavano 1,7 milioni, il doppio rispetto al 2011. Ma chi pensa di trovarsi costantemente in mezzo a strade bloccate, concerti di clacson e lunghe code si sbaglia, per lo meno nella zona centrale di questa megalopoli costellata da palazzoni residenziali tutti uguali, distese di verde, canali navigabili e disordinati agglomerati di vecchi edifici. Wuxi è infatti una delle venti città cinesi in cui sono stati avviati progetti pubblici di “connected vehicle to infrastructure” (C-V2X), e cioè l'utilizzo combinato di tecnologie per collegare fra di loro automobili, autobus, semafori, segnaletica elettronica e altri utenti della strada al fine di garantire una migliore viabilità urbana, una sostanziale riduzione dei consumi e maggiore sicurezza per le persone. Come? Sfruttando la velocità della rete mobile 4G Lte (e in futuro quella 5G) di China Mobile e gli apparati di rete di Huawei. Qui trovate i video del progetto.
Come migliora la vita al volante
Entrata nel vivo lo scorso luglio, quando in un'area di circa 170 chilometri quadrati (circa un sesto dell'estensione urbana) sono stati installati speciali semafori connessi su rete 4G Lte e altri dotati di moduli radio, la sperimentazione di Wuxi prevede entro la fine dell'anno la posa di circa 400 unità RSU (Road Side Unit) prodotte e sviluppate da Huawei, che diventeranno un migliaio nel corso del 2020. Si tratta di un apparato intelligente che raccoglie ed elabora le informazioni prodotte dall'infrastruttura stradale e quelle relative alla presenza di altri veicoli o persone e le invia in forma di notifiche sullo schermo del cruscotto dell'automobile o dell'autobus.
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Come spiegano da Huawei, sono una trentina le “use case” che rispondono alle funzioni della Rsu e riguardano situazioni di traffico urbano in prossimità di incroci e attraversamenti pedonali regolati da semafori, la possibile presenza di acqua sul manto stradale, la rilevazione della velocità in funzione dei limiti imposti o il potenziale rischio di collisione fra due vetture. Gli avvertimenti che arrivano sul monitor di bordo, come abbiamo potuto verificare nella demo su strada a cui abbiamo partecipato, sono immediati e sufficientemente chiari per permettere al conducente di intervenire e di correggere propria guida rispetto agli alert ricevuti. Non stiamo parlando di guida autonoma ma di sistemi che aiutano il veicolo a diventare un terminale connesso e intelligente, abilitato a comunicare con le reti, le infrastrutture e gli altri veicoli. La tecnologia di rete mobile (oggi il 4G e domani il 5G) è un ulteriore plus di questo sistema, perché diventa l'architettura portante per lo scambio e la trasmissione delle informazioni fra centraline, apparati connessi e automobili. Più dati arrivano dentro l'abitacolo e più aumenta la sicurezza della circolazione in ambito cittadino: in Huawei sono convinti del fatto che questo sia possibile e come la tecnologia C-V2X debba diventare uno standard globale, un framework armonizzato rispetto a normative e protocolli tecnologici esistenti. La base comune sulla quale costruire le soluzioni per la guida connessa. Senza la fastidiosa spada di Damocle di nessun bando.
Il piano cinese per la mobilità del futuro
C'è un disegno ben preciso dietro questi progetti, e in parte si stacca dall'idea di mettere sulle strade auto a guida completamente autonoma: la Cina vuole giocare un ruolo di primo piano nello sviluppo di soluzioni di “connected driving” a supporto nelle smart city di domani, e tale disegno prevede il sostegno del governo centrale e la fattiva partecipazione di multinazionali straniere, americane comprese. Al progetto di Wuxi, per esempio, concorrono case automobilistiche come Audi e Ford, compagnie tecnologiche come Intel oltre a diverse aziende cinesi, a cominciare dalle già citate Huawei e China Mobile, che insieme stanno lavorando alla prima applicazione di trasporto intelligente 5G al mondo, in rampa di lancio a Shanghai per il prossimo anno.
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La strategia cinese alla mobilità del futuro è delineata in un vero e proprio piano di sviluppo a medio-lungo termine, secondo cui il 10% delle automobili circolanti entro il 2020 sarà dotato di sistemi per la guida connessa e il 25% di tutte le vetture che arriveranno sul mercato entro il 2025 dovrebbe essere in grado di offrire sistemi di guida autonoma di livello 4 o 5. Se ci sono due approcci per avanzare nella guida autonoma, e cioè potenziare l'intelligenza a bordo auto per consentirle di prendere le decisioni da sola oppure creare un sistema in cui le decisioni vengono elaborate in un centro di intelligenza remoto collegato in rete con l'infrastruttura, la Cina ha dimostrato di preferire il secondo. E si sta muovendo in modo deciso per tradurre concretamente questa visione.
Parola d'ordine: apertura
Da Huawei, rispetto al gioco di squadra di cui sopra, filtra un'indicazione ben precisa: l'azienda di Shenzen vuole essere un partner tecnologico universale per la smart mobility, anche in Europa. Gli standard sono diversi ma la parola d'ordine è apertura, verso le istituzioni (leggi la Commissione Ue), verso le amministrazioni e gli operatori dei singoli Paesi (in Italia l'Anas è uno degli interlocutori di riferimento sul fronte delle soluzioni di guida intelligenti), verso i vari attori del mondo automotive e gli operatori telco. Huawei, in altre parole, vuole andare oltre l'offerta di tecnologia e, partendo dalla Cina e grazie al supporto delle autorità di Pechino, vuole costruire un ecosistema che nel lungo periodo possa essere utilizzato in tutto il mondo. Ed è per questo che al tavolo della “connected driving” ha invitato diverse aziende straniere in grado di mettere a disposizione tecnologia avanzata, come il sistema di Audi per lo scambio di dati tra auto e semafori finalizzato al miglioramento del flusso del traffico agli incroci. Il “consiglio” che il colosso cinese indirizza metaforicamente agli Stati Uniti si può così sintetizzare: nella guida connessa, le aziende tecnologiche non possono competere perché serve uno sforzo congiunto, e più dati si possono raccogliere in modo condiviso, meglio si può fare ricerca.
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