ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùIl “pieno” in poco tempo

Auto elettriche completamente cariche in 10 minuti: la tecnologia c’è

Un team di ricerca della Penn State University ha messo a punto un sistema, realizzabile senza eccessiva difficoltà alche a livello industriale, per ricaricare le auto elettriche in tempi brevissimi, senza per questo deteriorare le batterie

di Franco Sarcina

(Imaginechina)

3' di lettura

È mattina e ieri ci siamo scordati di andare a fare il pieno. Poco male: in 5 minuti ci fermiamo da un benzinaio e risolviamo il problema. Ma se avessimo un’auto elettrica? Come potremmo fare, dati i tempi di ricarica decisamente più alti rispetto quelli necessari per riempire un serbatoio di carburante?
Ecco spiegata una delle ragioni (in gran parte psicologiche, ma a volte anche reali) che tuttora impediscono a molte persone di credere che l’auto full electric sia una valida alternativa a quelle dotate di un tradizionale motore a combustione interna. Gli anglosassoni, che sono abituati a dare un nome a tutto, chiamano questo stress, unendolo alla paura di non riuscire ad arrivare con la propria auto elettrica alla più vicina colonnina di ricarica e di rimanere quindi “a piedi”, range anxiety.

Ma questa barriera, secondo una ricerca portata avanti da un team della Penn State University (Pennsylvania, Usa) potrebbe essere presto superata. E non rivoluzionando da cima a fondo le tecnologie delle attuali batterie delle auto a ioni di litio, ma con un sistema relativamente poco costoso e facile da applicare nella produzione industriale.

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A spiegare questa nuova tecnologia è Chao-Yang Wang, professore di ingegneria chimica e di scienza e ingegneria dei materiali e direttore dell’Electrochemical Engine Center presso l’università. «Abbiamo dimostrato che possiamo caricare un veicolo elettrico in dieci minuti per fargli percorrere una distanza compresa tra 200 e 300 miglia (320-480 km). E possiamo farlo mantenendo 2.500 cicli di ricarica, cioè l'equivalente di mezzo milione di miglia (800.000 km) di viaggio».

Un metodo contro il degrado
Le batterie agli ioni di litio utilizzate nelle auto elettriche (ma anche in cellulari e pc portatili) soffrono infatti di un problema: si degradano rapidamente quando vengono sottoposte a una ricarica rapida e la loro temperatura è inferiore ai 10 gradi Celsius. In queste circostanze infatti il litio, che sotto forma di composto costituisce il catodo di queste batterie, tende a depositarsi sull’anodo di grafite, riducendo perciò la capacità delle celle e rischiando di rendere meno sicure le batterie. Questo fenomeno non si presenta se le batterie vengono ricaricate quando hanno una temperatura superiore ai 10°, ma lunghi periodi di calore elevato degradano comunque le batterie.

Schema del flusso di elettroni una batteria agli ioni di litio (Immagine: Chao-Yang Wang Lab, Penn State University)

Il team della Penn State University ha però scoperto che se le batterie potessero riscaldarsi a una temperatura di 60 gradi Celsius per solamente 10 minuti e quindi raffreddarsi rapidamente fino a tornare a temperatura ambiente, le placche di litio sull’anodo non si formerebbero, e non si verificherebbe nemmeno il degrado dovuto all’eccessivo calore della batteria.

Batterie “calde” in pochi secondi

Attualmente però, spiega Wang, «portare le batterie fino a una temperatura di 60° è considerato pericoloso per le batterie stesse e per le superfici con il quale queste sono a contatto». Riuscendo però a riscaldare e a raffreddare velocemente le batterie quando sono sottoposte a una ricarica rapida di 10 minuti, il problema sarebbe risolto. Considerando che già tutte le batterie agli ioni di litio montate sulle vetture sono dotate di sistemi di raffreddamento, il problema è fargli raggiungere una temperatura di 60 gradi in tempi rapidi. Il team ha quindi proposto una soluzione: batterie autoriscaldanti, che utilizzano una sottile lamina di nichel con un'estremità collegata al terminale negativo e l'altra che si estende all'esterno della cella, in modo da creare un terzo terminale. Un sensore di temperatura collegato a un

interruttore fa sì che gli elettroni scorrano attraverso la lamina di nichel, per completare il circuito. Questo sistema riscalda rapidamente la lamina di nichel e quindi la batteria.

Una soluzione quindi non eccessivamente impegnativa dal punto di vista tecnologico e industriale, che potrebbe perciò essere rapidamente adottata in produzione nelle vetture elettriche. E che ridurrebbe di molto la range anxiety.

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