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Auto elettriche, così la «sindrome cinese» cambia la geografia dell’industria mondiale

Con la rivoluzione dell’auto elettrica, i gruppi cinesi puntano alla leadership mondiale

di Mario Cianflone

3' di lettura

Sindrome cinese. La geografia dell'automobile sta cambiando velocemente e sono numerose le forze tettoniche che spingono la Cina verso il centro del pianeta auto e fra queste la transizione dal termico all'elettrico è la principale, insieme a quel cambio di paradigma che va sotto il nome di software defined vehicle. Con
Byd, Aiways, Chery, Xpeng, Nio e tanti altri. Nei prossimi mesi avremo sempre a che fare con una vera invasione di marchi e modelli, tutti rigorosamente elettrici e Made in China. La spinta verso l'elettrificazione forzata dell'auto imposta dalla Ue, con poca neutralità tecnologica, ha come effetto “collaterale” quello di aver spalancato le porte d'Europa ai cinesi che oltretutto approfittano dell'assenza di prodotto che le case “tradizionali” hanno evidenziato negli scorsi mesi tra effetti della pandemia e quelli del chip shortage. Solo con il tempo svelerà la portata di questa invasione sotto i profili industriali e occupazionali. Del resto quello che sembra ora una catastrofe annunciata (come sembrava essere lo sbarco dei giapponesi e dei coreani) ha in realtà migliorato il mercato e agevolato l'industria con l'apertura di fabbriche nel vecchio continente.

Byd Chaser

E magari lo stesso accadrà con le case del dragone che potrebbero anche, affamate di immagine, comprare marchi storici europei. Made in China sono anche molte vetture dl teorico passaporto europeo come Polestar (Gruppo Volvo - Geely), alcune Tesla e le Smart #1. E ci sono brand come MG che sono inglesi di storia ma cinesi al 100%. Inoltre, per comprendere le auto cinesi bisogna anche superare alcuni bias: non sono tutte brutte, mal costruite e cheap. Gli ultimi modelli sono esteticamente gradevoli, hanno passato a pieni voti i crash test EuroNcap e le ultimissime proposte esibiscono una grande freschezza di idee hi-tech e infotainment, che manca ai molti costruttori europei.

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E c'è un altro aspetto, per quanto gli europei possano correre sfornando Bev a raffica con sforzi finanziari giganteschi (100 miliardi solo quelli del gruppo Vw): i gruppi cinesi, e i loro tanti marchi che spuntano a ritmo incessante, vanno veloci. Troppo veloci. Molti analisti pensano che possano fare in meno di 5 anni un balzo paragonabile, ma forse più ampio, di quello compiuto in 25 anni dai coreani. Perché i cinesi corrono e gli europei restano statici e un po' noiosi nelle loro proposte? Non è solo questione di investimenti. I cinesi hanno appreso prima e meglio degli altri la lezione di Tesla: esplorare nuove leve, come la gamefication, per conquistare clienti. Basta vederle le cinesi di ultima generazione (sviluppate in era Covid): sono esteticamente gradevoli. Non era difficile farlo: soldi e buoni designer europei fanno miracoli. E si può sempre aprire un centro di design e ricerca in Europa (come quello di Milano annunciato da Geely). Ma non solo, ora iniziano a essere competitive anche nelle doti dinamiche: l'elettrico ha semplificato anche la progettazione di un buon autotelaio. Non basta: sono state promosse a pieni voti nei crash test Euro Ncap (dopo anni di joint venture in Cina hanno capito come si fanno le auto). Spesso vantano tecnologie al top come gli 800 Volt. È sufficiente salire a bordo per rendersi conto della freschezza di idee digitali, dimestichezza con il software e facilità di accesso a un ecosistema di tecnologie (display e processori) che in Europa non è sviluppato.

Forse gli europei hanno peccato di superbia forti dei loro “superbrand” e della loro storia. E una domanda sorge prepotentemente: i nuovi brand, Zeekr di Geely, per esempio, riusciranno ad affermarsi? Nel vecchio mondo termico Audi ci ha messo un quarto di secolo, Skoda fa ancora fatica la pari di Hyundai e Kia a costruirsi un'immagine di rilevo, mentre Cupra funziona meglio di madre Seat. Forse i nuovi brand cinesi, all elettric, che sanno di nuovo, potrebbero essere più credibili agli occhi di quella generazione Z impregnata di sostenibilità e forse i marchi tradizionali non riusciranno a conquistare clienti nell'arena dell'auto elettrica perché i loro valori sono troppo legati al mondo del fossile. Non ci sono risposte, ma solo tante domande alle quali solo il futuro dell'auto potrà rispondere

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