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Auto, in Europa immatricolazioni di maggio a +18,2%. Decimo mese di recupero

La registrazione di modelli full electric superano il 13% nel mese, da inizio anno sono state vendute in Europa mezzo milione di auto Bev -

di Filomena Greco

(Ansa)

3' di lettura

Il mercato auto europeo (Ue più area Efta e Gran Bretagna) registra, per il decimo mese consecutivo, un risultato positivo. A maggio nell'area sono state immatricolate un milione e 121.644 autovetture, con un incremento del 18,2% sullo stesso mese del 2022. L’ennesimo risultato positivo accorcia le distanze rispetto al periodo pre-pandemico , ma registra ancora un gap negativo pari al 22,3% dei volumi. Da inizio anno l’Europa chiude con 5 milioni e 323.630 immatricolazioni, con un trend di crescita del 17,4% su gennaio-maggio 2022, mentre il calo su gennaio-maggio 2019 è del 23,2%.

Secondo il Centro Studi Promotor di Gian Primo Quagliano la ripresa del mercato dell'area è dovuta essenzialmente «al parziale superamento delle difficoltà di produzione dovute a problemi legati alla disponibilità di componenti essenziali che, in un momento particolarmente critico, aveva determinato lunghi tempi di attesa per la consegna di autovetture». La forniture di semiconduttori in realtà non è tornata del tutto alla normalità e la maggior parte delle case automobilistiche, come evidenziano gli analisti, privilegia la produzione dei modelli a più alto valore aggiunto.

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L’Acea poi evidenzia che nel mese di maggio la quota di auto elettriche abbia superato il 13% del mercato, in fortissima crescita rispetto al 2022, con in totale circa mezzo milione di auto registrate da inizio anno. Considerando i primi cinque mercati dell'Europa Occidentale, il risultato migliore è nel Regno Unito con una quota di mercato delle full electric del 15,7%, seguito da Germania e Francia (entrambe al 15%), dalla Spagna (4,6%) e dall’Italia (3,8%).

Tra le case produttrici, Volkswagen, grazie alle buone performance di tutti i brand, cresce del 20,2 nel mese e di oltre il 24% da inizio anno, meno brillante invece Stellantis che a maggio registra un risultato in lieve calo (-0,5%) mentre da inizio anno cresce del 7%, con Fiat che però perde volumi. Renault – in crescita nel mese e nel periodo di oltre il 30% – e Hyundai Group si contendono il terzo posto per volumi sul mercato europeo.

Tesla continua la sua marcia e consolida il 2,6% di quota, immatricolando da inizio anno più di 138mila autovetture. Tengono il passo, poi, Bmw e Mercedes, che crescono rispettivamente del 24,8 e dell’1,4%.

Secondo Gian Primo Quagliano, il problema per i paesi del Sud Europa è la capacità di acquisto e livelli medi di remunerazione, «decisamente lontani da quelli degli altri tre paesi. Il prezzo di vendita dell'auto elettrica, che in Italia nella configurazione più economica si aggira intorno ai 25mila euro, è molto lontano dalle disponibilità economiche reali.

«In Italia ed anche in Spagna – secondo Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor -, se si vuole tenere il passo della transizione all'elettrico con i paesi economicamente più avanzati, occorrono incentivi molto più elevati e molto più efficaci di quelli fino ad ora adottati».

Intanto l’Associazione dei produttori europei di auto (Acea) chiede un rinvio di tre anni delle norme restrittive sul commercio di veicoli elettrici Ue-Regno Unito, che entreranno in vigore tra sei mesi. Le attuali norme transitorie dell’accordo commerciale e di cooperazione (TCA) tra le due aree consentono alle batterie assemblate in Europa di qualificarsi per l’origine europea. Dal primo gennaio dell’anno prossimo le regole diventeranno più restrittive, richiedendo che tutte le parti della batteria, oltre ad alcuni materiali critici della batteria, siano prodotti nell’Unione europea o nel Regno Unito per poter beneficiare del commercio esente da dazi.

«L’Europa non ha ancora stabilito una catena di fornitura di batterie sicura e affidabile in grado di soddisfare queste regole più restrittive in questo momento» ha dichiarato il direttore generale di Acea Sigrid de Vries. «Ecco perché chiediamo alla Commissione europea di prorogare di tre anni l’attuale periodo di transizione».

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