Auto, Ferraris (S&P Global): «Prova del nove nel secondo semestre»
In Europa ordini sul nuovo più deboli dall'inizio dell'anno e usato ai massimi. Le case non spingeranno sulla produzione per difendere il livello di prezzi raggiunto
di Alberto Annicchiarico
I punti chiave
4' di lettura
«Il 2023? Un anno in cui le prospettive restano buone, ci sono ancora ampi margini per i costruttori. Quanto ai fornitori dovrebbero giovarsi dell’indicizzazione del loro pricing alle materie prime, recuperando il terreno perso nel 2022 per effetto dell’inflazione. Non ci aspettiamo grandi transizioni di rating. Con un occhio al 2024, perché se il tema dei tassi alti si confermerà, senza l’effetto di trascinamento degli ordini assisteremo al ritorno di un puro gioco di domanda e offerta. Su tutto graverà l’incertezza determinata dalle tensioni geopolitiche».
Vittoria Ferraris, sector lead Automotive Emea di S&P Global Ratings, tratteggia così l'anno dell'Auto in corso, guardando al prossimo. I conti del primo trimestre hanno confermato uno stato di salute generale buono, eredità di un 2022 eccezionale. Le principali case hanno confermato le previsioni per il 2023, anche se non mancano elementi di preoccupazione.
Inflazione e politiche monetarie: la domanda vacilla
Il livello delle vendite è stato stabile anno su anno a livello globale nel primo trimestre (ma non tornerà ai livelli pre-pandemici prima del 2025). Eppure secondo il report “Global Auto Sales Forecasts: Macro Risks Demand Pricing And Production Discipline” di S&P Global Ratings, il recente trend positivo della domanda potrebbe vacillare, soprattutto in Nord America ed Europa. L'inflazione è ancora qui e l'onda anomala dell'inasprimento delle politiche monetarie potrebbe dispiegare i suoi effetti negativi sul potere d'acquisto dei consumatori nella seconda metà del 2023.
L’attesa frenata sui tassi delle Banche centrali «potrà anche arrivare - continua Ferraris - ma la trasmissione all’economia della fase dei rialzi si sentirà in ogni caso nella seconda metà dell’anno. Tutto nasce dal fatto che l’intervento della Fed è arrivato più tardi rispetto a quello che gli operatori avrebbero auspicato per tenere sotto controllo i prezzi. Questo ha poi portato a una manovra che è andata anche oltre quello che avrebbe potuto essere. Lo stesso si può dire della Bce. Quindi ci sarà sicuramente un effetto di mismatch, che potrebbe essere ancora più evidente in Europa. Qui, sia chiaro, alcuni produttori hanno un carnet ordini molto alto, che li porterà ad arrivare senza problemi fino alla fine del semestre. Nel secondo, però, vedremo quali sono i veri fondamentali della domanda».
Nuovi ordini, segnali di indebolimento in Europa
In realtà in Europa sono stati già registrati segni di indebolimento dei nuovi ordini, dall'inizio del 2023. Allo stesso tempo, i prezzi dell'usato restano ai massimi (+10% nell'Ue nel 2023) nonostante la normalizzazione delle catene di approvvigionamento, che nei due anni precedenti avevano allungato i tempi di consegna del nuovo ben oltre i 12 mesi. La spiegazione potrebbe essere che i listini ancora troppo distanti dai portafogli e le condizioni di finanziamento inasprite spostano parte della domanda verso il mercato dell'usato. Il rallentamento delle vendite potrebbe essere più evidente dalla seconda metà del 2023 e nel 2024. Eventualmente aggravato da un indebolimento del mercato del lavoro.
«Anche i valori residuali delle auto che hanno terminato i loro contratti di leasing sono visti in calo, a suggerire che siamo al canto del cigno. Gli investitori sono un po’ preoccupati proprio per il cedimento di tali valori, perché potrebbe tradursi in maggiori accantonamenti. Io però credo che che tutto questo sia stato ampiamente previsto e ampiamente coperto come rischio. Le case non si sveglieranno una mattina dicendo: oh, guarda, la domanda rallenta».
Accesso al credito e liquidità non sono un problema
Del resto «non vi è evidenza che ci sia un tema di difficoltà di accesso al credito o di scarsa liquidità, soprattutto per quanto riguarda i produttori. Dalla pandemia a fine 2022 le case hanno accumulato riserve liquide in abbondanza. Bmw, Mercedes-Benz e Stellantis hanno avviato programmi di share buyback. Tipicamente in un momento di difficoltà nell’accesso al rifinanziamento del debito è difficile che ci si lanci in programmi di riacquisto di azioni. Perciò tenderei a pensare che nell’ambito dell’investment grade non ci siano grandi problemi. Diverso è il discorso per i fornitori, dove c’è un tema di costi ben differente».
Produzione, scorte e guerra dei prezzi
Sul fronte della produzione, la ricostituzione delle scorte consentirà alle case di non accelerare: +2-3% quest'anno (S&P Global Ratings prima prevedeva un +3-4%) e +3-5% nel 2024 e 2025. Ne deriverà una riduzione al minimo degli incentivi alle vendite in caso di decelerazione della domanda. «Inutile continuare a produrre a tamburo battente - conclude Ferraris - correndo il rischio di trovarsi con un livello di scorte tale da obbligare i distributori a mettere i prodotti sul mercato a prezzi scontati. Una scelta del genere otterrebbe l’effetto opposto a quello desiderato dalle case, ovvero difendere il livello di prezzo raggiunto. Poi, certo, Tesla fa la guerra dei prezzi ma la fa sulle auto a batteria e sul segmento D in particolare, quello della Model 3 e della Model Y, che ha registrato un record storico di volumi nel primo trimestre in Europa».
S&P Global sottolinea anche la riduzione strutturale dei volumi proprio in Europa. La necessità è spostare la capacità produttiva più vicino ai mercati finali (in particolare la Cina per i produttori tedeschi) per mitigare l’impatto delle tensioni geopolitiche e
ottimizzare i costi variabili. L’Europa cesserà di essere un esportatore netto di automobili verso il resto del mondo. Ma, si legge nel report, resterà «centrale per lo sviluppo di nuove tecnologie, nuove catene del valore e nuove opzioni di mobilità».
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