Auto, in Italia prezzi sempre più alti e produzione in costante discesa
Il prezzo medio è passato dai 18mila euro del 2013 agli attuali 28mila
di Pier Luigi del Viscovo
2' di lettura
Lo scorso anno il mercato italiano ha pagato all’industria automobilistica 38 miliardi di euro, al netto di sconti e incentivi, che sono versati dal contribuente, per ricevere in cambio 1,3 milioni di auto. La stessa cifra del 2008, quando però riuscì a immatricolare quasi 2,2 milioni di auto, ai tempi ancora un prodotto di massa. È quanto emerge dall’analisi Mercato in Valore, prodotta dal Centro Studi Fleet&Mobility per Mapfre.
Approfondendo l’analisi sul prezzo medio si passa dai 18mila euro del 2013 ai 21mila del 2019, incremento annuo del 2,5%, per poi schizzare nei 3 anni successivi a oltre 28mila, pari a un incremento annuo del 10%. Se gli aumenti pre-Covid erano spiegabili soprattutto con l’affermazione dei suv, quelli recenti hanno più di una motivazione. La principale è senza dubbio lo shortage di produzione, che ha messo i costruttori nella gradevole situazione di poter alzare i listini e tagliare gli sconti, mentre chiedevano e ottenevano comunque 1,3 miliardi di incentivi tra 2021 e 2022 per calmierare i prezzi. Inoltre, potendo scegliere quali macchine produrre, si sono concentrati su quelle di valore medio-alto dove i margini sono piacevoli. Infine, non fornire le auto al rent-a-car, i cui sconti sono molto alti, pure ha aiutato. In conclusione, l’industria sta vendendo meno e guadagnando di più. Non c’è nulla di male: le imprese esistono per creare ricchezza.
Inoltre, così possono finanziare gli investimenti sull’elettrificazione, ingentissimi e dal ritorno dubbio. Certo, si crea un vuoto di offerta per chi desidera un prodotto più economico, com’era abituato fino a pochi anni fa, e che oggi ha due alternative.
Una è pescare nell’usato. Se nel 2010 il 77% delle macchine acquistate usate avevano meno di dieci anni, nel 2022 siamo scesi al 45%: se non è “effetto Cuba” questo? L’altra, per chi voglia per forza un’auto nuova, è di rivolgersi ai costruttori cinesi. Qui qualcosa da dire forse c’è, visto che l’impresa ha ancora un funzione sociale. Se le auto economiche le importiamo, a fabbricarle saranno gli asiatici. Un’analisi di Bain, evidenzia come dal 2015 al 2022 la produzione auto cinese sia salita dal 27 al 33% del totale mondiale, mentre quella europea scendeva dal 24 al 19%, perdendo 5,3 milioni di pezzi e relativi addetti. Quel non torna in tutto questo sono i ruoli in commedia.
L’industria persegue i profitti, e ci siamo; la Cina punta a esportare e conquistare i mercati, e anche questo ci sta; la politica persegue l’occupazione dei suoi cittadini, ma qui non ci siamo proprio. È stato il regolatore a spingere nell’angolo l’industria sull’elettrificazione, incurante dell’impatto devastante sul lavoro.
- Argomenti
- automobile
- Italia
- Cuba
- Cina
loading...