Transizione energetica

Auto, l’addio ai motori a combustione nel 2035 allarma l’Anfia: «Ripensarci»

L’Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica (Anfia) chiede al governo una rapida definizione della «road map italiana per la transizione produttiva e della mobilità sostenibile».

(ANSA)

3' di lettura

L’annuncio dello stop ai motori tradizionali a benzina e Diesel entro il 2035 fa reagire l’Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica (Anfia), fra le organizzazioni di categoria al Tavolo Automotive varato all’interno del Mise per affrontare la transizione energetica alla luce dell’accelerazione impressa dalla Commissione Ue. Un settore quello dell’automotive stretto tra la crisi delle vendite e gli effetti della pandemia e le spinte all'elettrificazione dei modelli. E in più i ritardi nelle consegne per la crisi delle materie prime e l'aumento generale dei prezzi.

L’allarme Anfia

L’allarme Anfia è scattato dopo l’annuncio di ieri che al Comitato interministeriale per la Transizione ecologica (Cite) sono state definite le tempistiche di sostituzione dei veicoli con motore a combustione interna, decidendo, in linea con la maggior parte dei paesi avanzati, che il phase out delle automobili nuove con motore a combustione interna dovrà avvenire entro il 2035, mentre per i furgoni e i veicoli da trasporto commerciale leggeri entro il 2040. Dal Cite, sempre ieri, la rassicurazione che «per quanto riguarda i costruttori di nicchia, misure specifiche potranno essere eventualmente valutate con la Commissione europea all’interno delle regole comunitarie».

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Ripensamento auspicato

Ma poche ore dopo la preoccupazione dell’Anfia suona così, tramite un comunicato: «La transizione produttiva di un settore chiave per l’economia dell’Italia non può essere fatta di annunci sulla stampa - A nome di tutte le imprese della filiera, degli imprenditori italiani e dei lavoratori del settore automotive, auspichiamo un ripensamento, o comunque un chiarimento, su quanto espresso nella nota di ieri e, soprattutto, chiediamo al Governo italiano di fare quello che i governi degli altri Paesi hanno già fatto: dare delle certezze alla filiera e definire al più presto la road map italiana per la transizione produttiva e della mobilità sostenibile».

«Accelerazione troppo spinta»

Il comunicato Cite «ha messo in serio allarme le aziende della filiera produttiva automotive italiana e - si legge ancora nel comunicato - probabilmente, anche tutti gli imprenditori e le decine di migliaia di lavoratori che rischiano il posto a causa di un’accelerazione troppo spinta verso l’elettrificazione, non essendo coerente con le posizioni espresse, ancora poche ore prima, da autorevoli esponenti del Governo».

Oltre 70mila posti a rischio

Anfia cita la Clepa, l’Associazione europea della componentistica, che in uno studio quantifica «i danni, occupazionali ed economici, derivanti dalla possibile messa al bando dei motori a combustione interna al 2035 e evidenzia che l’Italia rischia di perdere, al 2040, circa 73.000 posti di lavoro, di cui 67.000 già nel periodo 2025-2030». La conclusione dell’Anfia è che «se rispecchia realmente le posizioni del Governo italiano, il Cite non può non aver tenuto conto di questi impatti e non può aver preso e comunicato alla stampa una decisione così forte senza aver contemporaneamente predisposto un ’piano di politica industriale per la transizione del settore automotive’, operativo sin da oggi».

Bonomi: non condivido «fase out» nel 2035

Critico anche il presidente di Confindustria Carlo Bonomi: «No, non la condivido il “fase out” al 2035, perchè facciamo la politica degli annunci. Annunciamo il “fase out”, ma quali sono gli impatti? Non ce li hanno spiegati. Quanti migliaia di posti di lavoro perderemo? Non si sa. Con quali risorse accompagneremo questa transizione? Nessuno l’ha detto. Tutti noi vogliamo vivere in un mondo migliore, più pulito ma questo deve avvenire in una governance mondiale» ha sottolineato il leader degli industriali dal palco di Atreju, la manifestazione di Fdi in corso a Roma.

Cisl: serve patto condiviso

Altra sollecitazione al governo arriva dal sindacato Fim-Cisl, per voce del segretario generale Roberto Benaglia e di quello nazionale Ferdinando Uliano: «Il tavolo dell'automotive presso il Mise deve cambiare passo» e «come Fim Cisl riteniamo sia necessario costruire un'alleanza tra sindacato e imprese del settore, con il coinvolgimento anche delle diverse associazioni di rappresentanza degli industriali, per definire un patto condiviso che individui nel dettaglio le richieste di intervento finanziario da avanzare al Governo Draghi».

Pichetto (Mise): bene Cite, ma tenere presenti esigenze Paese

E proprio dal Mise, arrivano le dichiarazioni del Viceministro allo Sviluppo economico, Gilberto Pichetto: «L’annuncio del Cite è un passaggio necessario al fine di garantire una Unione europea a impatto climatico zero», ma bisogna «tenere presenti esigenze reali Paese». L’auspicio di Pichetti è che «la richiesta di rendere strutturale le risorse su incentivi e ecobonus, per sostenere le vendite e aiutare il cammino verso l’elettrico, vada a buon fine».


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