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Le auto del futuro? Rispettano da sole i limiti di velocità ed «evitano» i colpi di sonno

Gli obblighi Ue e la corsa verso la guida autonoma fanno proliferare i sistemi di assistenza (e controllo) avanzati alla guida. Risolvendo problemi e creandone altri

di Maurizio Caprino

La scatola nera diventa obbligatoria, ma potremmo averne anche due

4' di lettura

Un altro pianeta per la maggioranza dei guidatori, rimasta ferma ai sistemi antibloccaggio dei freni (Abs) e antisbandata (Esp), di serie praticamente dagli anni Novanta. Benvenuti nel mondo degli Adas, i dispositivi di assistenza avanzata alla guida, che vedono anche ciò di cui il guidatore non si accorge, lo aiutano in alcune manovre e ne eseguono automaticamente altre, come la frenata di emergenza davanti a un ostacolo. Ma non è tutto rose e fiori come appare nelle narrazioni dell’industria.

Anche se non è vero che si stiano solo creando nuovi pericoli, come si è portati a credere leggendo notizie sensazionalistiche su incidenti causati dagli Adas.

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In ogni caso, molti Adas stanno per diventare obbligatori di serie, assieme alla scatola nera. Vediamo che cosa potrà succedere.

Serve abituarsi

La verità è che, come per tutte le novità, bisogna imparare a conviverci. Non solo prendendo la mano (e facendo l’occhio), per esempio:

- con i cicalini che segnalano quando ci si sta avvicinando troppo o velocemente a un altro veicolo, a un pedone o a un ostacolo;

- con le vibrazioni del volante quando si sta uscendo dalla corsia di marcia;

- con i rallentamenti e le frenate gestiti dal cruise control adattivo e dai nuovi adattatori automatici ai limiti di velocità (Isa).

Bisogna mettere in conto che quasi mai uguali a quelli che faremmo noi.

Dove l’elettronica può sbagliare

Occorre anche rendersi conto che questi sistemi non sono (ancora) infallibili.

Prendiamo proprio gli adattatori automatici di velocità (Isa): per come li definisce il regolamento Ue 2019/2144, capiscono qual è l’«andatura più appropriata all’ambiente», un concetto molto impegnativo. Più in concreto, adeguano la velocità al limite da rispettare punto per punto, affidandosi alla memoria della mappa del navigatore e/o alla telecamera di bordo capace anche di riconoscere i segnali stradali.

Una tisana contro lo stress da autovelox incombente (anche se più si diffonderà la guida automatica più i controlli delle violazioni si trasformeranno in rilevazione di imprevisti nel traffico, come spieghiamo più avanti descrivendo le smart road). Ma che succede se la mappa è errata o non aggiornata in tempo reale? O, ancora, se la segnaletica è nascosta, deteriorata o errata, come troppo spesso accade in Italia?

Se tanti li disattiveranno (come la Ue ha deciso di consentire, suscitando critiche), non sarà solo perché non rispettano i limiti di velocità (che peraltro sui tanti tratti disastrati della rete italiana sono più bassi di quelli generali nazionali).

Discorso analogo per i sistemi di mantenimento della corsia (fondamentali anche contro i colpi di sonno), che si basano sulla “lettura” delle strisce sulla carreggiata. E così via.

Tutto migliorerà quando arriveranno le smart road. Strade “intelligenti”, che consentiranno di far arrivare le informazioni anche direttamente dal dialogo tra i veicoli e le strade stesse: almeno quelle principali saranno disseminate di sensori (l’Aiscat ha appena ripreso il dialogo per gestori autostradali col Governo per far rientrare i costi nel Pnrr, riducendo gli oneri a carico delle società, che comunque si scaricheranno sulle tariffe dei pedaggi), telecamere e antenne per dialogare in tempo reale coi mezzi in transito. Segnalando la velocità più appropriata per evitare code e, se uno ha un incidente o frena bruscamente, allertando subito chi sopraggiunge.

Già alcune nuove auto sono in grado di dialogare con la strada, ma per ora il servizio è sperimentale e su pochi tratti. Senza contare che un black out informatico può bloccare tutto. E, soprattutto, più i veicoli sono connessi più sono esposti ad attacchi informatici, con rischio incidenti. Si lavora alla protezione, ma contro gli hacker maligni è sempre rincorsa.

I benefici dell’elettronica

Tutto ciò non toglie che gli Adas (e poi la guida autonoma, completamente automatica) portino pure benefici. Misurazioni sul campo precise e complete non ce ne sono ancora, ma qualcosa si vede.

Per esempio, in un recente seminario sulla guida autonoma organizzato dalla Volvo, il presidente della filiazione italiana ha raccontato che, da quando la casa svedese ha adottato il sistema di frenata automatica, le vendite di cofani di ricambio (parti molto esposte ai tamponamenti) si stanno dimezzando anno dopo anno.

Davvero andremo più veloci?

Certo, poi le case automobilistiche devono lanciare messaggi anche a chi apprezza la velocità e/o il piacere di guida. Così fanno intravedere la possibilità di alzare i limiti quando ci sarà la guida autonoma, perché diminuiranno gli incidenti.

Ma ciò accadrebbe solo dopo la scomparsa dei mezzi a guida umana, data la difficile convivenza tra le due. E a quell’epoca ci si muoverà quasi solo con l’elettrico, che ha prestazioni alte, ma non sfruttabili a lungo se si vuol far durare abbastanza le batterie. Si migliorerà, ma resterà l’esigenza di andar piano per abbattere i consumi di elettricità, tagliando le emissioni di CO2 che causano i cambiamenti climatici.

Piuttosto, la guida automatica dovrebbe far diminuire sempre più gli incidenti, fin quasi ad azzerarli (con le code che provocano). Il dialogo tra guida automatica di bordo e smart road, inoltre, dovrebbe rendere più scorrevole il traffico sui tratti più congestionati o con cantieri, eliminando quelle differenze anche piccole di comportamento tra i vari guidatori umani che rallentano il flusso (come in una tubatura con molti vortici).

Il vero guadagno, dunque, dovrebbe venire nei tempi di percorrenza, visto che si dovrebbe riuscire a scorrere anche piano dove oggi si resta irrimediabilmente fermi.

AUTO CONNESSE

Dati personali, accessi da proteggere

Si racconta che i veicoli moderni sono tutti connessi a internet per dare più sicurezza, scambiandosi di continuo dati tra loro e con i sensori stradali. Si omette che i dati non sono solo quelli strettamente necessari.

Quindi fanno gola a molti, ponendo un problema di privacy.

Lo ricorda la Fia (Federazione internazionale dell'auto), chiedendo alla Commissione Ue una normativa che «sancisca princìpi fondamentali a tutela dei consumatori quali libertà di scelta, protezione e sicurezza dei dati, competizione leale e innovazione». Il 91% dei consumatori ritiene di avere la proprietà dei dati generati dalla propria auto, ma l'85% aggiunge di non avere alcun controllo su di essi.

Così la Fia ha lanciato la campagna «My car my data» (Mia l'auto, miei i dati), ricordando che i dati non sono solo quelli operativi (velocità, posizione, manutenzione, chilometraggio) ma quelli sulle persone (stile di guida, spostamenti, rubriche, agende e dati finanziari condivisi col veicolo).

La Fia chiede di adottare la S-Otp, piattaforma che darebbe sicurezza informatica.

Il 23 febbraio la Commissione Ue dovrebbe adottare una proposta di Data Act per facilitare accesso e uso dei dati. Ma serve trasparenza.

Riproduzione riservata ©

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