Automotive, il distretto soffre In fumo il 14% di fatturato
di Filomena Greco
3' di lettura
Il Piemonte resta il baricentro dell’indotto automotive italiano ma soffre più degli altri distretti italiani. Qui si concentra, come conferma l’ultima edizione dell’Osservatorio della componentistica italiana curato da Camera di Commercio di Torino, Anfia e Ca’ Foscari, il 33,5% delle imprese censite nell’indotto auto, in valore assoluto si tratta di 737 società. Una percentuale che si è ridotta negli ultimi anni ma che conferma il Piemonte come il cuore della manifattura automotive in Italia. Il calo nella produzione di auto degli ultimi anni e la crisi indotta dal Covid così come le incognite della transizine tecnologica, qui pesano più che altrove. Quello che emerge dallo studio è un indotto in decelerazione, con una perdita di fatturato nel 2020 del 13,8% – a quota 15,8 miliardi. Ma dove il Piemonte fa peggio degli altri distretti italiani è nelll’occupazione visto che l’anno scorso, per la prima volta dopo cinque anni, le imprese hanno perso il 2,7% degli addetti, il doppio rispetto al resto d’Italia, e sono scese a quota 56.696. I produttori piemontesi hanno anche prospettive peggiori rispetto alla media: il saldo tra chi dichiara un aumento e una diminuzione del fatturato si attesta al -75% (-58% nel resto d'Italia), in peggioramento rispetto al biennio precedente. Ancora più preoccupante la quota di aziende che dichiara una diminuzione del fatturato superiore al 20%, pari al 33%, il triplo rispetto agli anni precedenti. Il settore però è in transizione, lo dimostra la crescita esponenziale delle imprese che hanno dichiarato di aver partecipato ad almeno un progetto di sviluppo prodotto che utilizza una o più tecnologie legate alla nuova mobilità: tra il 2018 ed il 2020 la percentuale in Piemonte è salita al 62%, venti punti più elevata del triennio precedente e doppia rispetto al 2016-18.
L’identikit
Il 27% delle imprese dell’automotive piemontese appartiene ad un gruppo industriale, di queste i due terzi hanno una capogruppo estera. In linea generale, poi, un’azienda su due dichiara di avere una conduzione di tipo familiare e solo il 19% si caratterizza per una netta separazione tra proprietà e controllo. La gestione mista, con manager solo in parte assegnato alla famiglia, risulta essere la scelta per il restante 32% delle imprese. Ma se si considerano solo le aziende non appartenenti ad un gruppo, la quota di imprese con gestione manageriale scende al 3%.
L’impatto della pandemia ha spinto il 36% delle imprese verso la diversificazione e un’impresa su tre, contro una media di una su quattro in Italia, ha deciso di ridurre gli investimenti. Una scelta che in una fase di transizione come quella attuale potrebbe rivelarsi un boomerang. La fusione tra Fca e Psa rappresenta una opportunità per il 67% delle imprese piemontesi contro una percentuale rilevata ben più alta in Italia. Due le fonti principali di preoccupazione: lo spostamento del baricentro decisionale a favore del partner francese e la minore robustezza della struttura della filiera della componentistica italiana. Le relazioni tra produttori ed ex Fca, oggi Stellantis, risultano più intense per il cluster regionale: il 78% delle aziende dichiara che parte del fatturato prodotto nel 2020 proviene da rapporti diretti o indiretti Fca, contro il 62,1% della media italiana. E se si analizza il giro d'affari, il 27% delle imprese piemontesi ha fatturato oltre il 75% direttamente con Fca, contro il 17,6% della media nelle altre regioni.
L’urgenza di innovare
Accelerare sull’innovazione in ottica di open innovation è un must per gli esperti dell’Osservatorio. Per la filiera piemontese si tratta di recuperare lo sprint: le attività di ricerca e sviluppo sono ancora prevalentemente svolte in-house anche se sono cresciute le partnership innovative, in media per un’azienda su tre. La quota di aziende coinvolte in investimenti in Ricerca e Sviluppo è scesa però al 64,3% contro una media del 73% registrata nel resto d’Italia.
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