Autonomia, il ddl Calderoli «illegittimo» per i giuristi
Uno studio delle università della Campania finanziato dalla Regione in stampa evidenzia numerosi profili di incostituzionalità
di Vera Viola
2' di lettura
«Il disegno di legge sull’autonomia differenziata, cosiddetto “Calderoli”, presenta numerosi profili di sospetta illegittimità costituzionale». A queste conclusioni perviene Sandro Staiano, che ha coordinato una ricerca finanziata dalla Regione Campania (cui hanno preso parte, tra gli altri, Lorenzo Chieffi, Antonio Lopes e Domenico Scalera, tutti docenti di università campane) i cui esiti sono raccolti nel volume, in stampa, «Regionalismo differenziato. Razionalizzazione o dissoluzione» (Editoriale scientifica).
Staiano ne anticipa alcuni contenuti, relativi alla valutazione giuridica, tralasciando per il momento quella economica allo studio. Per il giurista, da anni impegnato sul tema, tanto da aver istituito l’«Osservatorio sul regionalismo differenziato», è certo che, se il ddl diventasse legge, questa verrebbe più volte sottoposta al giudizio della Corte Costituzionale, che finirebbe per sostituire il legislatore così come è avvenuto negli anni scorsi per la revisione del Titolo V, Parte seconda della Costituzione.
Il primo punto critico del ddl Calderoli attiene al procedimento definito per giungere alla “differenziazione” di funzioni delle regioni che la richiedono: viene esautorato il Parlamento (tema ricorrente nella polemica politica). «Il Parlamento – spiega il costituzionalista – secondo il ddl potrà esprimersi sulle intese accettandole o rigettandole, senza entrare nel merito. In altre parole, può assumere solo una “deliberazione alternativa”. In questo modo il ddl vìola l'articolo 72 della Costituzione sul procedimento legislativo, su cui si potrebbe incidere solo con una riforma costituzionale o, al più, con modifiche dei Regolamenti parlamentari. Non con la legge ordinaria».
Altra questione importante è quella relativa ai Lep, i livelli essenziali delle prestazioni, riconosciuti come prioritari rispetto a qualsiasi regionalismo per assicurare a tutti i cittadini i servizi essenziali. Ebbene, chi definisce i Lep? Per l'articolo 117, comma 2, lettera m della Costituzione, dovrebbe intervenire una legge dello Stato. Il ddl Calderoli li affida ad un Dpcm. C'è una riserva di legge: assoluta o relativa che sia, in ogni caso il ddl non la soddisfa.
Infine, viene sollevata un’eccezione legata ai principi costituzionali: «le Regioni – afferma Staiano citando l’articolo 119 della Costituzione – sono state istituite come strumento per ridurre il divario Nord Sud. Un rafforzamento dell'autonomia regionale dovrebbe andare in questa direzione. Se, al contrario, fa crescere il divario è anticostituzionale». Il volume tocca questi e numerosi altri profili di dubbia costituzionalità. E pone l’accento su un’ulteriore questione: l’analisi di impatto, finalizzata a valutare l’efficienza del nuovo sistema e sue ricadute economiche. «Un’analisi necessaria – argomenta il professore – ma che non è stata compiuta. Il rafforzamento dell'autonomia è consentito solo se migliora l'efficienza. Senza questa valutazione non è lecito apportare modifiche all’attuale assetto». Per Staiano, con la differenziazione si vogliono «spostare competenze per drenare risorse». Ma questa non è una priorità dell’ordinamento. Lo è la riduzione del divario, «come l’Europa insegna».
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