ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùL’impatto della riforma

Autonomia differenziata, ecco perché l’approvazione dei Lep non fermerà le diseguaglianze

La definizione dei livelli essenziali delle prestazioni è l’unico contrappeso per provare a garantire l’equità

di Tonino Aceti*

(ANSA)

3' di lettura

Entra nel vivo la discussione sull'Autonomia differenziata. Un tema, è bene ricordarlo, presente nel programma elettorale della maggioranza ma anche in quelli dei maggiori schieramenti politici di opposizione, seppur con alcuni distinguo. In questi giorni è stato approvato dal consiglio dei ministri lo schema di disegno di legge per l’attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni, un testo che da dicembre ad oggi ha visto almeno quattro diverse versioni.

I Lep come unico contrappeso per l’equità

L'ultima versione, quella approvata, nell'assegnare maggiore autonomia alle Regioni riduce il ruolo dello Stato, soprattutto nella rimozione delle disuguaglianze e nella garanzia dell'unità del paese, introducendo, come unico contrappeso per l’equità, l'approvazione e il finanziamento dei Livelli essenziali delle prestazioni (Lep). Una “livella” certamente importante ma assolutamente non sufficiente a scongiurare l'aumento delle iniquità nell'accesso ai servizi tra i cittadini delle diverse Regioni. Basti pensare al gap infrastrutturale che già esiste tra le Regioni e che non trova nel disegno di legge una vera strategia di risposta. Pensare di subordinare, come prevede il Ddl, l'attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia alle Regioni solo alla fissazione e al finanziamento dei Lep è rischioso e non basta per garantire equità di accesso ai diritti e ai servizi. Su questo la Sanità fa scuola.

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I paletti da aggiungere ai Livelli essenziali delle prestazioni

Bisognerebbe invece, ai fini dell'attribuzione dell'autonomia, affiancare all'approvazione dei Lep almeno questi ulteriori paletti: l'individuazione di criteri di distribuzione delle risorse economiche per i Lep che guardino all'equità e alle caratteristiche specifiche delle Regioni; la definizione, il finanziamento, l’approvazione e la verifica degli standard nazionali di personale, tecnologici, organizzativi e infrastrutturali che dovranno concretamente dare gambe ai Lep, altrimenti rimarranno solo sulla carta;il rafforzamento del ruolo dello Stato mediante la definizione e l'approvazione di un sistema di controllo e di garanzia dei Lep all'altezza, che gli permetta di verificare concretamente, tempestivamente e in modo dinamico e puntuale la loro effettiva ed equa erogazione nelle Regioni e nel caso intervenire (per la sanità già c'è ma è inadeguato, andrebbe revisionato e rafforzato molto);infine la verifica positiva da parte dei ministeri competenti della garanzia dei Lep in tutte le Regioni.

La verifica della garanzia dei Lep è solo un optional

Invece, purtroppo, il testo del Ddl prevede che la verifica della garanzia dei Lep sia solo una possibilità, un optional, anziché un imperativo categorico. Il loro mancato rispetto non è considerato, all’interno del Ddl, un motivo di cessazione automatica dell'efficacia dell'Intesa sull'autonomia differenziata concessa alla Regione. Come dire, autorizzo la Regione a guidare una macchina veloce senza aver preventivamente verificato se è in grado di guidarla, e se va a sbattere, non necessariamente, ci saranno sanzioni proporzionate e nessuno le ritirerà mai la patente. A venir meno è proprio il ruolo di garanzia del livello centrale.E se, poi, andiamo a vedere cosa potrebbe effettivamente esserci all’interno dei Lep, “baluardo” dell'equità individuato dal Ddl, potremmo trovare delle “sorprese”.

Non si può partire dalla spesa storica

I Lep dovrebbero teoricamente rappresentare un'opportunità e una maggiore garanzia per i cittadini, poiché dovrebbero comportare certezza, rafforzamento e allargamento del perimetro dei diritti esigibili nei diversi settori delle politiche pubbliche, rispetto allo status quo. Per questo, metodologicamente, sarebbe necessario partire dai nuovi diritti che si sceglie politicamente di voler garantire ai cittadini, “piegando” le politiche di bilancio verso la loro piena sostenibilità e non il contrario come invece purtroppo sembrerebbero prevedere le norme sull'autonomia differenziata. La relazione illustrativa del Ddl prevede, infatti, che partendo da una ricognizione del quadro normativo e della spesa storica dell’ultimo triennio, sostenuta dallo Stato in ogni Regione, si proceda successivamente alla determinazione dei Lep, costi e fabbisogni standard.

Manca una ricognizione dei bisogni essenziali

Non c'è traccia invece di una ricognizione sui bisogni essenziali e insoddisfatti dei cittadini da garantire mediante i Lep. In questo modo, quindi, si rischia di ridurre i Lep (di fatto) solo ad un elenco più ordinato di ciò che viene più o meno uniformemente erogato, preferibilmente compatibile con le attuali risorse e la cui approvazione richiederà almeno otto passaggi istituzionali, senza la previsione del coinvolgimento degli stakeholders. Ora il Parlamento sarà chiamato ad esprimersi sul Ddl e l'auspicio è che riesca a mettervi mano in modo efficace, rimuovendo gli evidenti squilibri e tenendo la barra dritta sulla salvaguardia dell'unità del Paese, sul contrasto alle disuguaglianze, sul rafforzamento del ruolo dello Stato a garanzia dell'equità di accesso a diritti e servizi. Una responsabilità questa che va evidentemente ben oltre un parere (non vincolante) o di un atto di indirizzo, come invece il Ddl vuole riconoscergli.

*Presidente Salutequità


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