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Autostrade avvia il maxi piano di manutenzione su 587 gallerie

Partite ispezioni a tappeto con tre società esterne: Lombardi, Sws e Rocksoil. Operazione decisa dopo il crollo di due tonnellate di materiali sull’A26

di Maurizio Caprino

(Ansa)

4' di lettura

Sotto i riflettori, il dibattito politico sulla concessione di Autostrade per l’Italia (Aspi), tra revoca, revisione e sanzioni. Dietro le quinte, la rifondazione del sistema di controlli, adeguamenti e manutenzioni. Che serve ai Benetton per salvare la concessione, ma visto il degrado diffuso va fatta comunque e per molti versi non riguarda solo loro. Ora si comincia dalle gallerie, che hanno la situazione più delicata. E mettono alla prova non solo Aspi, ma anche tutti gli altri gestori di strade, nonché lo stesso ministero delle Infrastrutture (Mit), che è chiamato a rifondare organi e norme di vigilanza.

Il piano sulle strutture
Senza queste premesse, sarebbe difficile capire fino in fondo la notizia del giorno: l’avvio di ispezioni a tappeto da parte di Aspi sulle sue gallerie, affidate a tre società esterne. Un’operazione decisa dopo il crollo di due tonnellate di materiali dalla volta della galleria Berté sull’A26, il 30 dicembre, per fortuna in un momento di scarso traffico e quindi senza vittime. Ma a tutti gli addetti ai lavori era chiaro da tempo che era necessaria, se non altro per poter poi iniziare ad adeguarsi alla direttiva europea 2004/54, che impone severi parametri antincendio nella gallerie lunghe più di 500 metri: come si potrebbero scavare rifugi e fissare superventilatori in strutture soggette a crolli?

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Così sono stati messi sul piatto 70 milioni di euro, per le attività di sorveglianza e primo intervento affidate a Gruppo Lombardi, Sws Engineering e Rocksoil. Il resto delle risorse, quelle per i risanamenti che si renderanno necessari in base alle loro verifiche, sarà attinto dai 400 milioni appostati per il 2020-2023 nell’ultimo piano manutenzione, irrobustito dopo lo scandalo dei report edulcorati. Si capirà se basteranno solo quando si saprà quali risanamenti saranno necessari e quale sarà il loro grado di urgenza, che detterà il cronoprogramma di lavori e spesa.

L’iter ministeriale
Prima, però, occorrerà farsi approvare il piano di manutenzione dal Mit, come prevedono tutte le convenzioni di concessione. E per fare questo il Mit deve recepire le metodologie di queste ispezioni, nell’ambito del lavoro di una commissione voluta dalla ministra Paola De Micheli per «riprendere in mano» la situazione-gallerie che nell’ultimo decennio almeno era finita fuori controllo.
La commissione elaborerà parametri ai quali tutte le concessionarie autostradali dovranno attenersi se vorranno farsi approvare i piani manutenzione. E non è detto che i parametri saranno gli stessi che si sta dando ora Aspi, anche perché nella commissione c’è Placido Migliorino, il “superispettore” che in questa fase sta supplendo alla mancata realizzazione del riassetto del Mit, controllando gallerie e viadotti in varie parti d’Italia e spesso bocciando le proposte di Aspi.

È prevedibile che la nota meticolosità di Migliorino (giustificata dai crolli avvenuti e dai controlli omessi o addolciti) venga mantenuta anche quando Aspi, messe a punto nei dettagli con le tre società le modalità dei loro controlli, consentirà all’ingegnere del Mit di essere presente alle operazioni su un congruo numero di gallerie (si parla di 10-20). Infine bisognerà vedere se la metodologia eventualmente condivisa tra Aspi e Mit starà bene anche alle altre concessionarie, anch’esse soggette all’approvazione Mit. E al momento non è stato avviato un confronto collettivo. Senza contare che almeno parte delle competenze del Mit in materia dovrebbe passare all’Ansfisa, la superagenzia di vigilanza costituita dal decreto Genova a ottobre 2018, ma ancora non operativa e senza personale.

L’adeguamento antincendio
Solo dopo aver risolto questi problemi si potrà aggredire definitivamente la questione antincendio. Ma anche su questo fronte qualcosa sarà necessario subito: la direttiva del 2004 dava tempo fino al 30 aprile 2019, l’Italia è ampiamente indietro (pur avendo come parziale scusante il fatto di avere sul proprio territorio la metà di tutte le gallerie europee) e il tutto sfocerà in una procedura d’infrazione.

Occorre mettere in atto misure transitorie di mitigazione del rischio, tra cui limitazioni al traffico (già adottate su tutta la rete Aspi su velocità, sorpassi tra mezzi pesanti e distanza tra essi) e presìdi. Al Mit, in attesa di una nuova norma di legge, sarebbero orientati a dettare linee guida con una circolare, che però lascia ai gestori tutta la responsabilità.

Finora sulle prime misure transitorie di mitigazione ci sono stati vari problemi e bocciature dal Mit sulle autostrade a pagamento, soggette alla sua vigilanza. In Liguria ci sono stati anche verbali di non conformità redatti dai Vigili del fuoco, che hanno risvolti penali sia pure lievi. Il problema riguarda almeno potenzialmente anche l’Anas e ci sarebbero spinte politiche per estendere in futuro i requisiti anche fuori dalla rete Tern (di rilevanza europea cui si applica la direttiva).

In questo quadro Aspi, dopo varie bocciature, ha completato i primi interventi sull’A16 e sulla rete ligure sta attivando presìdi volontari affidati a una primaria società esterna, per garantire interventi rapidi in caso di emergenza. Si sta valutando l’estensione dell’iniziativa a tutta la rete, eventualmente anche in collaborazione con i Vigili del fuoco.

Per approfondire:
Autostrade per l'Italia, dal 2009 meno investimenti e più dividendi
Autostrade, 200 gallerie a rischio sicurezza. Aiscat smentisce

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