Avanzano i nuovi mercati: opportunità in Sud Corea e Arabia
Stabile la Cina mentre la Russia è in forte calo: il made in Italy guarda altrove. Sale il Medio Oriente e l'India potrebbe essere la sorpresa
di Giovanna Mancini
3' di lettura
Se prima della pandemia la Cina era il mercato a cui le aziende dell’arredamento guardavano come al nuovo Eldorado e su cui orientando gran parte degli investimenti esteri, oggi lo scenario è mutato e la cartina geografica delle esportazioni di mobili italiani sta assumendo nuovi contorni, ancora in via di definizione.
Intendiamoci: non che la Cina sia un mercato da trascurare, tutt’altro: nonostante il calo del 2020 e il rallentamento nella crescita degli ultimi due anni (+2,1% nel 2022, contro gli incrementi a doppia cifra del periodo pre-Covid) la Repubblica popolare ha mantenuto la settima posizione nella classifica dell’export e ha raggiunto lo scorso anno il record storico, con 578 milioni di euro di prodotti venduti, secondo i dati di FederlegnoArredo.
Ma gli eventi e le incertezze degli ultimi tre anni, dal Covid alla guerra, hanno fatto capire alle aziende l’importanza di diversificare gli investimenti anche sul fronte internazionalizzazione. Ecco dunque che a una Russia in rapido declino (uscita lo scorso anno dalla top ten dell’export, con 92 milioni di euro in meno venduti rispetto al 2021, secondo i dati di Intesa Sanpaolo) sono subentrati altri mercati. «Mosca pesava il 3% delle esportazioni italiani di mobili nel 2021 ed è scesa al 2% – spiega Stefani Trenti, responsabile dell’Ufficio Industry della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, che giovedì al Salone del Mobile di Milano presenterà il convegno “Trend e prospettive sostenibili dell’illuminazione nel design” alle ore 12.30 –. Al tempo stesso, c’è stato uno straordinario incremento di altri mercati, ad esempio il Canada e tutto il Medio Oriente, in particolare gli Emirati Arabi Uniti, ma anche Arabia Saudita e Israele». Questo ha consentito alle imprese dell’arredo di aumentare i volumi e i valori esportati nel 2022, con una crescita del 13,4% rispetto al 2021, sempre secondo i dati di Intesa, raggiungendo i 15,3 miliardi di euro di fatturato all’estero (dato FederlegnoArredo). Anche in Asia ci sono stati degli spostamenti: «Per una Cina che si è temporaneamente fermata, ma che ora ci aspettiamo riparta rapidamente, altri mercati hanno raggiunto ottimi risultati, come la Corea del Sud, che anche in prospettiva rappresenta un’ottima opportunità», aggiunge Trenti. E qualcosa sembra muoversi anche in India, l’eterna promessa finora mancata, che resta ancora un piccolo mercato per i mobili italiani (vale lo 0,6% dell’export), ma nel 2022 è aumentata del 34%».
Un altro elemento segnalato dalle aziende è che il peso dell’Europa diminuisce sempre di più, come racconta ad esempio, Marco Pozzo, amministratore delegato di Driade e FontanArte, che all’estero realizzano circa il 70% del fatturato complessivo (circa 20 milioni di euro nel 2022): «Aumenta a compensazione l’importanza di mercati come gli Stati Uniti e l’Asia, in particolare la Cina. È un fatto positivo, perché una maggiore diversificazione ci tutela». In Europa, aggiunge Pozzo, «assistiamo a uno spostamento quasi totale del business verso il progetto e l’e-commerce, a scapito del retail, che soprattutto in Germania e Francia è calato in modo importante».
L’inflazione che morde in tutto il mondo e il rialzo dei tassi di interesse potrebbero giocare a sfavore dell’acquisto di beni durevoli nei mercati occidentali ma, osserva Stefania Trenti, è probabile che il rallentamento dei consumi riguardi soprattutto la fascia medio-alta del mercato, mentre i mobili italiani, in larga parte posizionati sull’alto di gamma, potrebbero continuare a godere di un trend di crescita, sebbene meno vivace degli ultimi due anni. Una prospettiva che sembra confermata dai risultati di Rimadesio nel primo trimestre dell’anno, che per l’azienda brianzola (75 milioni di euro di ricavi nel 2022) ha segnato un aumento complessivo del 31% rispetto ai primi tre mesi del 2022, con un +33% dell’export.
«Nonostante il momento negativo, tra crisi bancaria e tensioni geopolitiche, abbiamo avuto il miglior marzo di sempre in termini di ricavi – spiega Davide Malberti, ceo dell’azienda –. Ma rileviamo una flessione degli ordini, che restano comunque elevati, soprattutto negli Stati Uniti. Vanno molto bene invece il Regno Unito, dove il nostro monomarca di Londra registra incrementi importanti, la Spagna, la Svizzera e il Medio Oriente». Paga, per Malberti, una strategia distributiva fondata soprattutto sul retail, con un network di 83 negozi, tra cui 69 monomarca all’estero, 11 in Italia e tre flagship store a Milano, Londra e New York».
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