Avventura artica: fare surf alle isole Lofoten tra iceberg e aurora boreale
Sfidare la natura per ritrovare se stessi. Una designer e una leggenda della tavola vanno a caccia dell'onda perfetta all'estremo Nord.
di Harriet Quick
4' di lettura
Alla fine dello scorso anno, Devi Kroell si trovava bardata in una muta da sub spessa 5 millimetri a solcare le onde al largo di una spiaggia innevata delle isole Lofoten, in Norvegia. Non è certo un hobby comune per una designer di accessori di lusso che vive a New York. Eppure, dopo quella prima esperienza, Kroell è tornata altre due volte sulle coste dell'estremo nord, incastrando queste brevi avventure di surf estremo tra gli impegni di lavoro, visite e incontri con le aziende artigiane italiane con cui collabora. Ha investito subito nella sua passione acquistando una tavola Firewire e una muta Matuse. «Sono rimasta stregata», confessa. Non è difficile crederle. «Pensate che queste foto sono state scattate senza filtri».
Nonostante sia cresciuta immersa nella cultura balneare del Sud-est asiatico, la designer austriaca ha sentito il richiamo delle onde solo di recente. In particolare durante il TriBeCa Film Festival, alla première di Under an Arctic Sky, un documentario di Chris Burkard e Ben Weiland che racconta le imprese di sei surfisti nella Riserva Naturale di Hornstrandir, in Islanda. Una forte tempesta sferza le coste settentrionali del Paese, creando onde magnifiche in un'acqua appena al di sopra del punto di congelamento mentre i surfisti salgono sulla tavola per cavalcare onde perfette sotto l'aurora boreale, circondati da fiordi e ghiacciai. «Sono rimasta incantata dal loro modo di sfidare gli elementi, di arrampicarsi sulla neve e di remare tra blocchi di ghiaccio, il tutto sotto un cielo incredibile», ricorda Devi Kroell che, dopo aver visto il documentario, ha cercato informazioni per poter vivere l'esperienza in prima persona.
Così ha trovato un operatore specializzato, Go Surf, e l'istruttore Shannon Ainslie. Cresciuto a East London, in Sudafrica, Ainslie ha iniziato a surfare a 13 anni ed è diventato una leggenda di questo sport (fra l'altro è anche riuscito a sopravvivere all'attacco di due squali: c'è il video su YouTube). L'incontro con il norvegese Kristian Breivik – surfista e fondatore di Frost Surfboards – lo ha poi convinto a trasferirsi nelle isole Lofoten per avviare una scuola di surf e, al tempo stesso, allenare il team olimpico norvegese. «È una disciplina relativamente nuova in questa regione. Durante l'estate ci sono 24 ore di luce e la zona sta iniziando ad attirare molti visitatori, ma d'inverno è solo per pochi temerari», spiega Ainslie. «Le condizioni sono estreme, ma in compenso le onde sono eccezionali».
Per alcuni, il richiamo di una sfida può prendere il sopravvento su tutto. Devi Kroell stava attraversando un periodo difficile a causa del divorzio ed era alla ricerca di uno stacco totale. Questa esperienza le ha insegnato molto più dell'hang ten, la tecnica con cui entrambi i piedi sono posizionati in punta alla tavola. «Si fa surf nelle due o tre ore di luce al giorno, per il resto del tempo è buio», racconta. «Per me è stato anche un periodo di raccoglimento e di riposo, per tornare in sintonia con me stessa». Ha vissuto in una ex casetta di pescatori convertita in lodge vicino al porto, per circondarsi di tranquillità dentro e fuori dall'acqua. «Si può incontrare qualche altro surfista in mare, ma non si creano i tipici line-up; ogni onda è tua, quindi si riesce a fare davvero tanta pratica», precisa Kroell, aggiungendo che l'acqua gelida sul viso è meglio della crioterapia. «Sono in forma e atletica, ma la situazione può diventare rapidamente spaventosa e disorientante. È quasi come vivere un'esperienza extracorporea, circondata da montagne innevate, foche e falesie monumentali».
Persino in queste condizioni, però, i neofiti possono avere successo, dice Ainslie. «Ci vuole una vita per diventare davvero bravi, ma in pochi giorni chiunque può imparare a surfare». Devi Kroell non aveva alcuna esperienza, ma alla fine del primo giorno riusciva a stare in piedi sulla tavola. «Per tutti, la parte più lenta del processo di apprendimento è saper interpretare le onde e le condizioni». Studiare le onde è del tutto naturale per Shannon Ainslie, che è innamorato della Norvegia, suo Paese d'adozione. «Ci sono spiagge adatte a surfisti professionisti e altre ai principianti. Certo, è strano, quasi tutti associano questo sport a località esotiche. Invece sfidare qui le proprie paure e uscire dalla comfort zone può far bene al cuore e alla mente». Ainslie ne sa qualcosa: vent'anni fa, l'attacco degli squali non gli impedì di tornare a cavalcare le onde (rientrò in acqua appena sei settimane dopo); né si lasciò scoraggiare dall'incontro con due orche durante i Lofoten Masters nel 2017. «Shannon è un istruttore fantastico e siamo diventati amici», aggiunge Kroell. «Mi ha insegnato a surfare, ma anche a fidarmi. Ho imparato a essere più paziente, più indulgente con me stessa e ad affrontare circostanze imprevedibili che vanno oltre il mio controllo».
Questa nuova passione ben si concilia con il rinnovato interesse di Kroell per il lusso minimalista. Dopo aver creato il suo brand di borse nel 2004, e aver vinto il Premio CFDA come miglior designer di accessori due anni dopo, oggi si sta focalizzando sul lancio di Manufacture III, un marchio lifestyle che include accessori come la borsa a fisarmonica Accordeon, ballerine di seta intrecciate a mano e derby senza lacci in nappa morbidissima, più qualche opera in vetro di Venini e argenteria di Puiforcat. La designer è rimasta in contatto con Ainslie e sta programmando la sua quarta avventura per quando si potrà tornare a viaggiare serenamente. Per fortuna le orche sono rimaste sempre lontane, all'orizzonte.
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