Avvocati, sulle parcelle le linee guida del Cnf
Codice deontologico, compensi sproporzionati o maggiorati per i clienti
che versano in ritardo possono far scattare sanzioni disciplinari
di Selene Pascasi
3' di lettura
Equo compenso a parte, nel redigere le parcelle anche per i clienti ordinari (non grandi imprese, banche, assicurazioni e Pa soggette alla nuova legge) l’avvocato deve comunque evitare di incorrere in violazioni deontologiche. Bussole per orientarsi sono da una parte le norme codicistiche e dall’altra i precetti del Codice deontologico forense che vieta i patti di quota lite (articolo 25), impone di attenersi a canoni di lealtà, probità e correttezza nel misurare i compensi (articolo 9) e ne garantisce l’adeguatezza e la proporzionalità rispetto all’attività realmente svolta (articolo 29).
Ciò, è ovvio, fermo il rispetto delle regole fiscali e di fatturazione. Ma vediamo, nel dettaglio, quando e perché si rischiano sanzioni.
Patti di quota lite
I compensi, si sa, possono variare al rialzo o al ribasso in base al valore e alla complessità dell’affare, o al suo esito, ma – ribadisce il Consiglio nazionale forense con sentenza 206/2022 – non si può vincolare il cliente a corrispondere al difensore una certa percentuale sulla quota del bene controverso o sul denaro liquidato a titolo di risarcimento danno. Si tratta di patti espressamente vietati, si badi, anche in fase stragiudiziale, considerato il rilievo costituzionale e sociale del ruolo difensivo che impegna a muoversi con lealtà, decoro, correttezza, competenza e diligenza. Ecco perché accampare delle pretese sul risultato “materiale” della causa può aprire le porte alla sanzione della sospensione dall’esercizio della professione.
Non solo. Sarà configurabile un’ipotesi di truffa contrattuale, in forma di infedele patrocinio, per l’avvocato che approfitti delle scarse conoscenze tecniche da parte dell’assistito per fargli firmare un accordo stilato ad arte, strumentale all’avvio di una serie di azioni giudiziarie a sé favorevoli (Cassazione 25766/2023).
In ogni caso, l’eventuale sottoscrizione di patti illeciti, sebbene priva di valenza, non influirà sulla validità del contratto di patrocinio e, quindi, sul diritto del legale a ricevere l’onorario spettante per tariffa (Cassazione 7180/2023).
Compensi smodati
Ancora, se è possibile chiedere anticipi per le spese sostenute e da sostenere, o acconti sul compenso, non è consentito domandare somme manifestamente discordanti con il lavoro svolto o da svolgere, pena la sanzione della censura, a nulla valendo il consenso del cliente o la rinuncia all’esposto contro la parcella troppo salata. Il Codice deontologico, poi, vieta di chiedere – a fronte del mancato pagamento da parte del cliente – importi più alti di quelli già indicati, salvo specifica pregressa riserva (Cnf 36/23). Riserva che, sottolinea il parere del Consiglio nazionale forense n. 11/23, deve essere espressa e chiara, non essendo sufficienti espressioni generiche che facciano riferimento a un equivoco «aggravio di ulteriori costi» previsto per il mancato tempestivo e integrale pagamento della somma richiesta. Lecito dal punto di vista civilistico, ma rilevante a livello disciplinare, è invece l’accordo sulla parcella che riconosca all’avvocato il diritto di ottenere dal cliente l’intero corrispettivo anche in caso di revoca medio tempore dell’incarico. Del resto, la previsione violerebbe sia l’adeguatezza del compenso rispetto al lavoro svolto, sia la correttezza verso il cliente, indotto a non rimettere il mandato (Cnf, 153/2020).
Forma scritta
La pattuizione sul compenso, poi, di solito contestuale al conferimento dell’incarico, andrà messa per iscritto a pena di nullità come vuole l’articolo 2233 del Codice civile. Adempimento imprescindibile perché l’accordo che vincola sul dovuto non sarà sostituibile con mezzi probatori diversi dalla scrittura stessa e, men che meno, con il ricorso alla prova testimoniale (Cassazione, sentenza 16383/2023).
Aspetti fiscali
Se è lecito prevedere un palmario – ovvero un extra riconosciuto dal cliente al legale per il buon esito della lite o per l’importanza e difficoltà della prestazione – la somma, avendo natura di compenso, soggiace comunque agli obblighi fiscali e di fatturazione (Cassazione, sezioni Unite, sentenza 16252/2023).
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