ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùL’allarme dei fornitori degli ospedali

Aziende in ginocchio per il payback: così non garantiamo garze, stent e protesi agli ospedali

Lo Stato ha chiesto alle imprese del settore di ripianare metà dello sforamento della spesa sanitaria per i dispositivi medici, un conto salato da oltre 2 miliardi

di Marzio Bartoloni

La Sanità in manovra: soldi solo per le bollette e ai pronto soccorso dal 2024

2' di lettura

Dispositivi salvavita, strumenti per dialisi, valvole cardiache, protesi e ferri chirurgici: sono solo alcuni dei dispositivi medici che potrebbero mancare negli ospedali a partire da gennaio. Questo perché le aziende fornitrici degli ospedali sono in ginocchio e molte, soprattutto le più piccole, rischiano di chiudere perché in questi giorni lo Stato ha chiesto a ognuna di loro di partecipare al 50% dello sforamento della spesa sanitaria per i dispositivi medici. In pratica un conto salato da 2,1 miliardi - questa circa la metà dell’extra spesa dal 2015 al 2018 - da pagare entro trenta giorni.

Un conto salato da 2,1 miliardi che colpisce molte Pmi

«Abbiamo una fortissima preoccupazione: da gennaio molti ospedali non saranno in grado di assicurare interventi chirurgici e prestazioni perché mancheranno le forniture dei dispositivi medici. È un rischio concreto per i cittadini che avranno bisogno di assistenza». A lanciare l'allarme sugli effetti del payback è Massimo Riem, presidente della Federazione italiana fornitori in sanità (Fifo) aderente a Confcommercio-Imprese per l'Italia. Le aziende sono in allarme perché proprio in questi giorni stanno partendo le richieste per gli anni 2015-2018 e si parla di «2,1 miliardi», evidenzia Riem, che verranno addebitati complessivamente a queste imprese, in gran parte Pmi. «Questo causerà scompensi inaccettabili», avverte il presidente dei fornitori ospedalieri che rappresenta un settore composto nel 95% da micro, piccole e medie imprese, con oltre 100mila lavoratori coinvolti.

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A rischio le cure per lo stop alle forniture ospedaliere

Le imprese evidenziano un “effetto payback” che rischia di abbattersi anche sulle cure e le prestazioni offerte ai cittadini: quelli forniti dalle aziende messe in difficoltà dal payback, sottolinea infatti Riem, sono «prodotti anche salvavita. Un dispositivo medico è la protesi chirurgica, la protesi vascolare, lo stent, i sistemi per l'ossigenazione della circolazione extracorporea - elenca - Sono prodotti che servono nel nostro sistema sanitario, nei nostri ospedali, per garantire assistenza ai malati. E le forniture rischiano di essere interrotte perché il decreto attuativo del payback pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 15 settembre scorso porterà al fallimento la gran parte delle aziende che operano in questo segmento». «Le imprese - continua Riem - non saranno più in grado di fornire dispositivi medici, a gennaio ci troveremo davanti a una crisi senza precedenti da un punto di vista economico e sanitario».

Sospendere il payback e aprire un tavolo con il Governo

«Al Governo chiediamo una cosa molto semplice: la cancellazione di questa norma» del payback, che è inapplicabile e distrugge un tessuto di aziende che quotidianamente garantiscono» con lo loro forniture agli ospedali «la possibilità di erogare prestazioni ai cittadini», avverte ancora il presidente della Federazione italiana fornitori in Sanità. Che avanza una proposta concreta: «Ci rendiamo conto della contingenza del momento, per cui l'unica deroga che possiamo concedere è che si sospenda l’esecutività della norma del 15 settembre per poter aprire un tavolo con il Governo per l’eventuale superamento di questa norma. Ma in questo momento il rischio è di distruggere veramente un settore strategico». Il payback solo per i primi quattro anni (2015-2018) vale 2,1 miliardi, ma secondo le stime sui debiti delle Regioni 2019-2020 il payback complessivo potrebbe salire a 3,6 miliardi.

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