La parola ai credit manager

Aziende più prudenti nel «fare credito» ai clienti

Dopo il boom di mancati pagamenti legato alla pandemia, le società ricorrono ad analisi preventive e monitoraggi costanti: l’indagine dell’Associazione credit manager Italia (Acmi) e Abbrevia

di Valentina Maglione

ESG Investment Summit, 14 Aprile

3' di lettura

Aziende più prudenti nella gestione dei crediti commerciali, vale a dire le dilazioni dei pagamenti concesse ai clienti, perlopiù business. È l’effetto del boom di mancati pagamenti causato dalla crisi economica generata dal Covid-19. E anche se la situazione lo scorso anno è generalmente migliorata rispetto a quella del 2020, le aziende hanno conservato un approccio che punta a prevenire le situazione problematiche. È quanto emerge dalla seconda edizione dell’Osservatorio sulla gestione del credito condotto da Abbrevia Spa insieme all’Associazione credit manager Italia (Acmi), che riunisce oltre 600 professionisti del credito che lavorano nelle aziende, perlopiù di grandi dimensioni e multinazionali.

L’indagine - alla quale hanno partecipato circa 200 credit manager - mette sotto la lente gli strumenti utilizzati dai professionisti chiamati a decidere se all’azienda per cui lavorano convenga o meno “fare credito” e i rimedi utilizzati per far fronte agli insoluti.

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Il campione

I credit manager che hanno partecipato all’indagine lavorano perlopiù in grandi aziende: quasi il 60% ha un fatturato superiore a 100 milioni di euro, mentre per il 23% si tratta di Pmi, con fatturato inferiore ai 50 milioni di euro. Viste le dimensioni aziendali, anche i crediti concessi sono consistenti: per il 57% delle imprese il ticket medio supera i 10mila euro e per il 32% va oltre i 25mila euro. E i clienti con cui le aziende operano sono nella stragrande maggioranza altre imprese, perlopiù società di capitali: solo il 6% del campione dichiara di lavorare con tanti piccoli clienti consumer.

Quanto ai settori coperti, l’indagine individua sei macro-ambiti di operatività: abbigliamento, calzature e tessile; beni industriali, servizi finanziari, assicurativi, credito al consumo e agricoltura; beni di largo consumo; elettrodomestici ed elettronica per la casa, distribuzione elettronica; forniture al servizio della salute; idrotermo idraulico.

Le verifiche

Per decidere se concedere o no un credito a un cliente, quasi tutti i professionisti intervistati (oltre il 97%) svolgono un’analisi preventiva; e se un quarto del campione si ferma alle informazioni pubbliche, il 5% utilizza indagini investigative o reputazionali e quasi il 70% si affida a entrambi gli strumenti, a seconda del momento e del valore del credito. Si tratta di controlli che richiedono tempo; tanto che solo il 14% degli intervistati dichiara di fare una valutazione in tempo reale per chiudere subito l’accordo, mentre il 26% arriva a una risposta entro 48 ore dalla richiesta e il 60% si prende un tempo variabile, a seconda della necessità di approfondire la valutazione. Poi, una volta acquisito il cliente, nove aziende su dieci monitorano le variazioni camerali delle aziende a cui hanno fatto credito.

Ancora relativamente poco diffusa, invece, la prassi di assicurare i crediti: il 54% dei credit manager non ricorre a una polizza per mettere al riparo l’esposizione.

Gli insoluti

Quando, nonostante analisi preventive e controlli, la situazione diventa patologica, si passa al recupero del credito: il recupero stragiudiziale avviene internamente nel 69% delle aziende intervistate, mentre il 56% si affida a uno studio legale per la fase giudiziale e il 22% sceglie avvocati esterni o società di recupero per gestire le due fasi in modo congiunto.

Ma il fenomeno degli insoluti, per quanto diffuso, è rientrato rispetto al 2020: per il 63% delle imprese intervistate la situazione del credito è migliorata in confronto al periodo di picco della pandemia, quando si era registrato un picco di mancati pagamenti. Per quasi il 60% del campione, infatti, è fino all’1,5% del totale dei crediti concessi la quota di quelli che passano alla fase di recupero; mentre un quarto delle aziende passa al recupero per una percentuale di crediti che supera il 3% ed è sotto il 5% la quota delle società che vanno a recupero per più del 15% dei crediti concessi.

C’è peraltro una quota minoritaria (il 20%) dei credit manager che ha modificato l’approccio alla gestione degli insoluti, puntando (per l’85%) su un maggiore contatto diretto con i clienti, ma anche sull’anticipo delle azioni di recupero stragiudiziale (per il 45%) e su un maggiore utilizzo della via giudiziale (il 9%).

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