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Balenciaga fa scontrare pauperismo e lusso, la liricità emozionante di Valentino

Demna si allontana sempre più consapevolmente dai simboli della maison e con successo. il dono di Pierpaolo Piccioli per la sottrazione densa di senso. Givenchy in cerca di una nuova visione

di Angelo Flaccavento

Valentino PE 2023

3' di lettura

Cosa è il lusso oggi, nella moda? Mutano le estetiche, si evolvono i parametri, ma il lusso è ancora e sempre quel che solo pochi si possono concedere. Alla fine, c'è poco da fare, è tutta una questione di prezzo, di accessibilità. Il rovesciamento attuale delle sorti, con i big spender molto cool vestiti come accattoni o reietti dei quartieri bassi, lo si può imputare interamente a Demna, direttore creativo di Balenciaga e artefice di stellari successi.

Non è certo il primo pauperista della moda - vengono in mente d'acchito Kawakubo e Yamamoto, i giapponesi arrivati in occidente quarant'anni fa con un carico di nero, di buchi e di forme informi - ma è il primo a inscenare una lotta di classe iconograficamente lampante, nella quale i codici e i capi di chi ha meno - ivi inclusi lo sporco e l'usura - sono proposti in versione deluxe. La sua è una battaglia libertaria e sacrosanta per essere ciascuno come si vuole, fuori da schemi e parametri prestabiliti, che però avviene dentro lo schema prestabilito, e particolarmente duro da rompere, del marchio di lusso. Alla fine, il suo pubblico compra abiti sporchi, ma con la vita dura non si imbratta. Il gioco di specchiature è vertiginoso e consapevole, e aggiunge fascino anche quando la formula si ripete.

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La collezione Balenciaga per la PE 2023

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L'abilità di Demna sta tanto nel saper fare i vestiti, quanto nel raccontarli attraverso show che esprimono stati d'animo. A questo giro la metafora dello scavare per trovare la verità - intesa come unicità identitaria del singolo - si traduce, alla lettera, nello scavo in una montagna di fango, intorno al quale i modelli incedono torvi e minacciosi su un melmoso acquitrino, intrusciati in jeans lunghissimi, grembiuloni di pelle, abiti da sirena, ai piedi zoccoli altissimi o sneaker come zattere, i denti coperti da paradenti gioiello. Alcuni hanno addirittura tagli e lividi sul volto - finti - come chi è stato picchiato perché diverso dal branco. Backstage, Demna è lapalissiano: «Uso la moda come una terapia personale. Più tempo trascorro dentro Balenciaga, più mi sento libero dagli stilemi della maison per esprimere invece il mio vero io». È uno statement potente, il suo, ma questa volta si avverte un che di fabbricato, di cinico.

Pierpaolo Piccioli, da Valentino, risponde al tempo presente non immergendosi nello sporco, ma al contrario allungando ed asciugando: un gesto simbolico di elevazione che si traduce in un senso di linearità, toccato dalla frivolezza da soubrette di paillettes e piume. Piccioli ha il dono naturale della sottrazione che aggiunge senso ed emozione, e la collezione ne è lo specchio, anche se a tratti non sembra risolta. La regia poco felice e i tacchi troppo alti che torturano le modelle sono l'intoppo imprevisto che impedisce alla prova di decollare.

Matthew Williams, da Givenchy, non ha mai davvero decollato. Chiamato per dare una smaltata di coolness metropolitana ad una maison che ha avuto mille identità, nel giro di due anni si è mosso in troppe direzioni diverse, cui adesso si aggiunge la ricerca di una femminilità più evidente, più sensuale, meno dura. Ma, ancora una volta, non c'è coerenza: si passa dai tweed alla Chanel ai top di pelle sadomaso ma in colori pastello, dalle paillette ai bermuda cargo, e non sono certo i tacchi a spillo ad aumentare il volume della femminilità, che rimane artefatta e angolosa. Manca una visione del brand, e questo è da imputare a Williams come al management.

GmbH è un marchio piccolo, ma dalla identità formata e fortemente multiculturale. Questa stagione il viaggio muove verso il sud-est asiatico, mantenendo una radice asciutta, tesa. Tutto si allunga e alleggerisce, con grazia e presenza.

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