Banca centrale svizzera in rosso nel trimestre
Alla fine di quest’anno la Bns probabilmente non sarà in grado di fare versamenti alla Confederazione e ai Cantoni
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Si restringono i margini della Banca nazionale svizzera, che nei primi nove mesi del 2023 ha registrato un utile di circa 1,7 miliardi di franchi (1,78 miliardi di euro al cambio attuale). Per l’istituto centrale elvetico la buona notizia è il segno ancora positivo nei conti, la cattiva notizia è invece la perdita nel terzo trimestre, che ha assottigliato il risultato complessivo del periodo gennaio-settembre ed ha riproposto l’impressione che alla fine di quest’anno la Bns probabilmente non sarà in grado di fare versamenti alla Confederazione e ai Cantoni.
L’impatto sulle erogazioni
In caso di perdita annuale chiaramente non ci sarebbe storia, ma anche in caso di utile ristretto potrebbe non esserci spazio, visto che la Bns deve comunque provvedere ad accantonamenti non secondari, per esercitare il suo mandato di politica monetaria. Dopo molti anni di utili distribuiti, già l’anno scorso una maxi perdita aveva costretto la Bns a non fare versamenti. Quest’anno si tratterebbe dunque nel caso di un bis.
Triplo segno meno
Nel primo trimestre 2023 la Banca nazionale svizzera, che è controllata dai Cantoni ma è quotata a Zurigo, aveva registrato un utile di 26,9 miliardi di franchi. Nel secondo trimestre, poi, c’era stata una perdita di 13,2 miliardi e ora per il terzo trimestre c’è un rosso di 12 miliardi. Tra luglio e settembre c’è stato il segno negativo per tutti i tre grandi rami del bilancio Bns: posizioni in valuta estera, oro, posizioni in franchi. Guardando all’intero arco dei primi nove mesi, invece, il segno negativo riguarda solo le posizioni in franchi, mentre c’è il segno positivo per le posizioni in valuta estera e per l’oro.
L’acquisto di valuta
Il bilancio dell’istituto di emissione vive appunto dell’intreccio dei diversi rami. Sino all’anno scorso la Bns aveva acquisito ingenti quantità di valute estere (dollaro ed euro soprattutto, in gran parte attraverso azioni e obbligazioni), per frenare una forza del franco svizzero eccessiva, tale da creare ostacoli all’export elvetico. Ma con il rialzo dell’inflazione è cambiata la politica della Bns, che è uscita dai tassi di interesse negativi ed ha iniziato a vendere valute estere, per mantenere il franco a livelli alti allo scopo di non importare inflazione. Proprio la forza elevata del franco, insieme alle correzioni sui mercati delle azioni e delle obbligazioni, ha contribuito ai rossi del secondo e del terzo trimestre.
L’inflazione
L’inflazione in Svizzera ha toccato un picco del 3,5% nel corso del 2022 ed è ora all’1,7% (dato di settembre). Si tratta di percentuali basse rispetto a quelle della gran parte dei Paesi sviluppati, ma per la Confederazione il rigore contro l’inflazione è una costante. La Bns si pone come obiettivo un’inflazione media annua nella fascia 0%-2%. Per l’intero 2023 ancora l’obiettivo potrebbe non esser raggiunto, ma la situazione è migliorata, l’istituto ha sospeso i rialzi dei tassi e secondo una parte degli esperti potrebbe anche attenuare le vendite di valute estere. Anche perché il franco, bene rifugio per una quota degli investitori, è ormai molto in alto.
Resta però il fatto che il risultato di fine 2023 per la Bns è incerto. L’anno scorso l’istituto aveva perso oltre 132 miliardi di franchi, quest’anno si vedrà se riuscirà ad evitare il rosso. Compito della Bns non è peraltro realizzare utili, il suo mandato è garantire la stabilità dei prezzi e della valuta elvetici. Ma per lungo tempo Confederazione e Cantoni hanno potuto contare sui suoi versamenti e rinunciare a questi ora fa notizia.
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