Banca Etica, muta l’orizzonte strategico «La trasformazione in Spa è più vicina»
Gabrielli (direttore generale): a maggio l’assemblea per il prossimo consiglio, che dovrà porsi il problema di come evolvere. Nel Triveneto, che include anche l’Emilia-Romagna, il gruppo ha impieghi per 350 milioni e una raccolta totale di oltre 900 milioni
di Paolo Paronetto
3' di lettura
Banca Etica chiude un 2021 in forte crescita, punta a confermare il buon momento nel 2022 grazie anche alla spinta del Pnrr e inizia a ragionare su come affrontare nel medio periodo il tema della trasformazione in società per azioni, che sarà obbligata non appena raggiunta la soglia degli 8 miliardi di asset.
La portabandiera della finanza etica italiana, banca popolare nata a Padova nel 1999, lo scorso anno ha registrato un utile netto consolidato quasi triplicato rispetto al 2020 a 16,7 milioni, miglior risultato della sua storia, grazie al contributo di tutte le società del gruppo: la banca ha ottenuto 9,5 milioni, Etica sgr 9,9 milioni e Cresud 98mila euro. Il Roe sfiora così il 12%, mentre le masse intermediate hanno superato per la prima volta i 10 miliardi. I crediti lordi sono saliti del 7,5% a circa 1,2 miliardi, mentre la raccolta diretta ha raggiunto i 2,3 miliardi (+13,1%). Segnali incoraggianti anche sul fronte della qualità del credito, con deteriorati lordi a 61,1 milioni (il 5,21% degli impieghi) e tasso di copertura del 51,3 per cento. Nel solo Nord Est, area che per l’istituto, oltre al Triveneto, include anche l’Emilia-Romagna, il gruppo ha impieghi per 350 milioni e una raccolta totale di oltre 900 milioni. La quota di capitale sociale della banca che fa capo al territorio è di 26 milioni, con 13.800 soci sugli oltre 45mila complessivi. «Il 2022 è partito molto bene sia in termini di attrazione di raccolta diretta che di impieghi, trend che sta proseguendo anche in marzo», ha rivelato il direttore generale Nazzareno Gabrielli, spostando lo sguardo sulle prospettive per i prossimi mesi. In questo contesto, ha aggiunto, «il Pnrr è sicuramente una spinta ed è una bella novità, così come il fatto che l’Europa abbia inaugurato un meccanismo di indebitamento collettivo a vantaggio degli Stati per fare politiche straordinarie di investimento». Banca Etica pensa di potersi ritagliare un ruolo nella messa a terra dei fondi in arrivo: «Possiamo realizzare collaborazioni, partnership per mettere le aziende, le organizzazioni del terzo settore e i soggetti economici che possono beneficiare degli investimenti nelle migliori condizioni per definire programmi che facciano poi sviluppare un’economia sana», sottolinea Gabrielli. Per il manager è in generale positiva la centralità assunta dai temi della sostenibilità nel dibattito pubblico europeo, pur mettendo in guardia contro i rischi del cosiddetto “greenwashing”: «Finalmente ci sono parametri che conteggiano costi non economici e questa è una cosa assolutamente positiva – precisa -. Se poi in quelle metriche ci sono degli escamotage è chiaro che questo non può essere piacevole, c'è il rischio di banalizzare un ragionamento assolutamente sano e renderlo un francobollo un po’ vuoto». Sul fronte geopolitico, Gabrielli si dice chiaramente «molto preoccupato» dalla guerra in Ucraina, anche se Banca Etica non ha alcuna esposizione diretta alla Russia, dato che il Paese non soddisfa i requisiti fissati dall’istituto per i possibili target di investimento. «Noi non finanziamo in alcun modo la guerra e il mondo ha un rigurgito militarista che ci preoccupa molto», chiosa.
Tornando all’attualità finanziaria, nei prossimi mesi per Banca Etica si potrà aprire un capitolo rilevante in termini di orizzonte strategico. «A maggio ci sarà l’assemblea che eleggerà il prossimo cda e verosimilmente il nuovo consiglio dovrà porsi il problema di come evolvere» in termini di assetto societario, conferma Gabrielli. Il gruppo Banca Etica ha ora asset pari a «4 miliardi e qualcosa», ma se la crescita proseguirà ai ritmi attuali la soglia degli 8 miliardi, che impone la Spa, «non è così lontana». «Probabilmente sarà sano e opportuno che i prossimi consiglieri di amministrazione entrino anche in quell’orizzonte di possibilità, per trovare una soluzione che, rispettando la norma, salvaguardi i nostri principi e la nostra indipendenza – rimarca Gabrielli -. Bisogna trovare una modalità giuridica e organizzativa che assolva all’obbligo e consenta di mantiene qualche forma di presidio», aggiunge, citando tra le ipotesi la Società Benefit o la creazione di una holding cooperativa che sia proprietaria della banca spa. La scelta spetterà in ogni caso ai soci riuniti in assemblea, così come quella su un’eventuale quotazione in Borsa, che non ha «niente di demoniaco», scherza, e che non si può «escludere a priori».
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