governance

Banca Ifis, a sorpresa Fürstenberg silura dopo 24 anni l’ad Bossi

di Vito Lops

Giovanni Bossi

3' di lettura

Giovanni Bossi, storico ad di Banca Ifis, non sarà confermato, a sorpresa dopo 24 anni, nel ruolo in vista della prossima assemblea. Lo stesso ha ricevuto - indica la società in una nota -una comunicazione personale indirizzata a mano dal presidente della holding La Scogliera, Sebastien Egon Fürstenberg, con la quale quest'ultimo, «confermandogli l'apprezzamento per il lavoro svolto in tanti anni di guida della banca quale amministratore delegato, gli ha voluto, per correttezza, anticipare la decisione del socio di maggioranza di non presentarlo nella lista in corso di definizione che sarà depositata in vista dell'assemblea (programmata per il 19 aprile, ndr) chiamata a rinnovare il consiglio di amministrazione della banca».

«Al fine di garantire un ordinato passaggio di consegne - prosegue la nota - l'amministratore delegato ha assicurato, come da espressa richiesta dell'azionista di maggioranza, la piena disponibilità ad accompagnare la banca fino all'assemblea di approvazione del bilancio e di nomina dei nuovi organi sociali».

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La notizia arriva a pochi giorni dalla presentazione dei conti del 2018. L’esercizio è terminato con un utile netto consolidato pari a 146,8 milioni di euro, in calo del 18,8% rispetto ai 180,8 del 2017. Sarà anche proposto all'assemblea degli azionisti un dividendo lordo unitario pari a 1,05 per azione, in crescita del 5% rispetto al precedente. Si tratta della cedola più alta della storia dell’istituto fondato nel 1983 Sebastien Egon Fürstenberg. Nel quarto trimestre 2018, l'utile netto è cresciuto a 57,8 milioni di euro (+154% rispetto al terzo trimestre).

Il coefficiente CET1 è al 10,3% (11,66% al 31 dicembre 2017). Dai massimi storici toccati nell’autunno 2017 oltre i 49 euro ad azione il titolo di Banca Ifis a Piazza Affari, sceso sotto i 18 dollari, ha perso il 63%.

«Lascio una banca in eccellente salute, molto redditiva, ben patrimonializzata, forte e con una squadra eccellente di professionisti - dichiara a caldo al Sole 24 Ore Giovanni Bossi, colto di sorpresa dalla notizia - . Una squadra con molti giovani, straordinaria, appassionata e competente, che potrà accompagnare lo sviluppo e il raggiungimento di altri obiettivi».

Bossi - che non ha un anticompetition agreement, quindi è libero da patti di non concorrenza - guida l’istituto dal 1995. In 24 anni la traiettoria di crescita di quello che inizialmente era un itituto di finanziamento e sconto (e non ancora una banca) è stata straordinaria. Il valore è passato da 3 miliardi delle vecchie lire all’attuale miliardo con una punta (toccata lo scorso ottobre) oltre i 2,5 miliardi.

Negli ultimi otto anni Bossi ha compiuto due scelte forti che hanno caratterizzato il business della banca. Nel 2011 - durante la crisi più acuta sul debito pubblico italiano dal Dopoguerra quando i rendimenti dei titoli di Stato erano balzati all’8% anche su scadenze breve - Banca Ifis ha incrementato il portafoglio di governativi italiani. Una scelta che - considerato poi il ritracciamento dei rendimenti anche a seguito del “What ever it takes” del governatore della Bce Mario Draghi, ha decisamente pagato in termini di plusvalenze.

Successivamente Banca Ifis - nota tra i piccoli risparmiatori per l’offerta del conto deposito Rendimax che mediamente rientra tra le price maker del mercato - si è lanciata nel business dell’acquisizione di Npl (non performing loans). Una strada che, conti alla mano, sta pagando considerando che la metà degli utili generati dal 2018 è arrivata proprio da questo settore.

Bossi detiene il 3,4% delle azioni di Banca Ifis ed è in questo momento dopo la holding La Scogliera (che ha la maggioranza con il 50,1% delle azioni) il secondo socio.

Il presidente de La Scogliera, Sebastien Egon Fürstenberg, è figlio di Clara Agnelli e Tassillo Fürstenber, e nipote dell’ “Avvocato” Gianni Agnelli. «Il licenziamento di Bossi, una figura carismatica riconosciuta come tale dal mercato, evoca per certi versi il recente licenziamento di Beppe Marotta dalla carica di ad della Juventus - spiega un’analista di Borsa -. Entrambi hanno condotto le rispettive aziende a grandi risultati. Ma poi la famiglia fondatrice ha deciso che è arrivato il momento di separarsi».

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