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Bancari, Sileoni (Fabi): «Non faremo passi indietro sull’aumento»

In vista della ripresa del negoziato per il rinnovo del contratto con l’Abi, il 21 settembre, il sindacato ribadisce la posizione sulla parte economica. Intanto i banchieri non escludono un impatto della tassa sugli extraprofitti

di Cristina Casadei

(Imagoeconomica)

3' di lettura

La parte normativa sarà una vera e propria prova del nove per misurare la compattezza delle banche nel percorso di rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro dei bancari Abi. Il negoziato riparte il 21 settembre, come spiega la lettera ricevuta ieri dai segretari generali di Fabi, Lando Maria Sileoni, First Cisl, Riccardo Colombani, Fisac Cgil, Susy Esposito, Uilca, Fulvio Furlan e Unisin, Emilio Contrasto. All’incontro, a fianco del presidente del Casl (Comitato affari sindacali e del lavoro dell’Abi), Ilaria Maria Dalla Riva, ci sarà anche il direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini e il responsabile dell’area sindacale, Stefano Bottino, oltre ai rappresentanti del gruppo Intesa Sanpaolo che, nei mesi scorsi, hanno revocato il mandato di rappresentanza sindacale all’Abi e partecipano al negoziato con la formula dell’invito permanente.

Sull’aumento pesa la posizione del ceo di Intesa, Messina

Nella riunione del Casl Abi di ieri è stato fatto il punto sul percorso da fare con i sindacati in vista della ripresa del negoziato. Secondo quanto riferisce Sileoni, che guida gli autonomi della Fabi, l’organizzazione più rappresentativa del credito, per il sindacato «la premessa del prossimo incontro per la parte economica è nella decisione del ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, al nostro congresso. Il Casl Abi non può non considerare quella posizione che va ritenuta come la dichiarazione politica del primo gruppo bancario italiano».

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In sostanza il banchiere aveva dato il via libera alla richiesta di aumento di 435 euro per il livello medio di riferimento dei bancari, ricevendo però la disponibilità da parte dei sindacati a rivedere la parte normativa, soprattutto sugli aspetti organizzativi.

L’apertura del sindacato sui temi normativi e organizzativi

Una posizione che Sileoni conferma, dicendo che vi «è la comprensione dei cambiamenti del modello organizzativo e del lavoro e la volontà, da parte nostra, di condividerli con le banche – afferma il sindacalista –. Ma il problema non è tanto sindacale, visto che noi abbiamo presentato una piattaforma molto articolata e complessa, quanto datoriale. All’interno del Casl di Abi, alcune banche non hanno né un progetto definito né una visione rispetto a dove portare il proprio gruppo. Fino ad oggi non lo hanno espresso, vedremo nei prossimi incontri». Sulla banca digitale, che comporterà la trasformazione organizzativa più forte, non tutti si stanno muovendo alla stessa velocità. Il gruppo Intesa Sanpaolo è già partito da qualche mese ormai, gli altri sono al lavoro, seppure con progetti e ritmi diversi.

Le diverse visioni dei gruppi

«Non essendoci un progetto comune sulla parte normativa e su come gestire i cambiamenti del lavoro che devono passare da una regolamentazione nazionale e da una attuazione nei gruppi, con gli accordi di secondo livello – afferma Sileoni – si creeranno inevitabilmente delle divisioni fra i gruppi bancari e, per nascondere questa situazione, il focus sarà spostato sulla parte economica, dove, però, il sindacato non farà alcun passo indietro».

L’incognita della tassa sugli extraprofitti

L’ultimo incontro tra le parti è avvenuto a fine luglio e ha portato a un congelamento delle previsioni dell’ultimo contratto, scaduto a fine 2022, fino al 31 dicembre di quest’anno. Da allora, pur essendo passate solo poche settimane, il settore bancario è stato alle prese con una serie di chiaroscuri. In chiaro ci sono le trimestrali che confermano risultati molto positivi in maniera pressoché generalizzata, in scuro c’è la possibile tassa sugli extraprofitti che per il settore rappresenta un ingente drenaggio di risorse, tant’è che c’è già chi dice di non poter escludere un impatto anche sugli aumenti contrattuali. Su questo Sileoni ha già messo le mani avanti però, dicendo che «la tassa non potrà pesare sul negoziato per il rinnovo del contratto di lavoro dei bancari». E quindi sui 435 euro, su cui si sono create molte aspettative tra i lavoratori.

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