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Bancarotta, responsabilità soft per l’amministratore senza deleghe

Il mancato intervento non basta a far scattare la fattispecie fraudolenta. Va provata la conoscenza delle condotte distrattive degli altri componenti del Cda

di Giovanbattista Tona

(mapo - stock.adobe.com)

3' di lettura

L’amministratore senza deleghe non può considerarsi responsabile della bancarotta fraudolenta commessa dagli altri componenti del consiglio di amministrazione per il solo mancato esercizio dei generici doveri di intervento che attengono alla sua posizione. È invece necessaria la prova della effettiva conoscenza delle condotte mendaci o distrattive degli amministratori dotati di deleghe e della volontà di avallarle con la propria inerzia.

In mancanza di questi elementi il comportamento omissivo dell’amministratore senza deleghe potrà al più essere ricondotto ad un addebito per colpa, anche grave, e ad una mera responsabilità di posizione, che, come tale, non rientra nell’ipotesi di concorso nel reato di bancarotta di cui agli articoli 216 e 223 della legge fallimentare.

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Sono questi i principi fissati dalla Cassazione con la sentenza del 13 settembre scorso, n.33582 che ha annullato la decisione di una Corte di appello che aveva condannato un consigliere di amministrazione di un consorzio, rimproverandogli di avere omesso di adempiere alla funzione di controllo assegnatagli mentre si manifestavano gravi segnali di pericolo per la garanzia patrimoniale dei creditori.

Tale ipotesi non è assimilabile a quella dell’amministratore di diritto che lasci operare un altro amministratore di fatto, perché in tal caso con la sua delega di fatto dei poteri di amministrazione egli contribuisce alla realizzazione della condotta illecita (Cassazione, 19182/2022).

Gli obblighi

Secondo un orientamento già consolidatosi nel tempo, la riforma della disciplina delle società di cui al Dlgs 6/2003, riscrivendo l’articolo 2831 del Codice civile, ha previsto l’obbligo degli amministratori delegati di riferire con prestabilita periodicità al consiglio di amministrazione e al collegio sindacale sul generale andamento della gestione e sulle operazioni di maggiore rilievo, e ha così ridefinito l’ambito delle responsabilità previste dall’articolo 2381 dello stesso Codice per gli altri amministratori (non operativi) che rispondono solo quando non abbiano impedito condotte pregiudizievoli dei primi, di cui abbiano avuto conoscenza o potevano essere a conoscenza usando l’ordinanza diligenza. Già secondo la sentenza della Cassazione civile 17441/2016 il loro dovere di agire, se informati, implicava che costoro non avevano un’autonoma potestà di indagine.

Il concorso omissivo in fatti di bancarotta richiede, quindi, sia la prova dell’effettiva conoscenza di condotte pregiudizievoli per la società o, quanto meno, di segnali di allarme inequivocabili dai quali desumere l’accettazione del rischio del verificarsi dell’evento illecito, sia la prova della volontà di non attivarsi per scongiurare l’evento (Cassazione, 42568/2018).

Gli indizi non sono sufficienti

Non bastano gli indizi di una situazione di squilibrio finanziario e patrimoniale ma va verificato che l’amministratore privo di delega si sia rappresentata la significativa possibilità che il pregiudizio per i creditori si potesse produrre e, ciò nonostante, dopo aver considerato il fine perseguito e l’eventuale prezzo da pagare, si sia determinato ad agire comunque, anche a costo di causare l’evento lesivo, aderendo ad esso per il caso in cui si verifichi (Corte di cassazione, Sezioni unite 38343/2014).

Se, comunque, residua il dubbio che il consigliere di amministrazione non operativo abbia sottovalutato i segnali di allarme o non li abbia adeguatamente percepiti, e sia per questo rimasto inerte, la sua omissione va qualificata come colposa. Ove non si possa dimostrare almeno il dolo eventuale, cioè la consapevolezza dei rischi derivanti dalle condotte antidoverose, infatti, il giudice di merito dovrà comunque propendere per la colpa cosciente, cioè per la soluzione più favorevole all’imputato; e pertanto escludere che in relazione a quella posizione di garanzia sia sorto l’obbligo di impedire le condotte degli amministratori operativi.

Norme e Giurisprudenza

L’obbligo di impedire condotte pregiudizievoli

Le responsabilità degli amministratori senza delega derivano dall’obbligo di impedire le condotte pregiudizievoli degli amministratori delegati, di cui abbiano avuto conoscenza o potevano essere a conoscenza usando l’ordinanza diligenza.

Codice civile, articolo 2392

L’effettiva conoscenza

L’amministratore senza deleghe non può considerarsi concorrente nel reato di bancarotta fraudolenta commesso dall’amministratore delegato se non vi è la prova della sua effettiva conoscenza delle condotte di distrazione dei beni e della sua consapevole adesione alle finalità illecite.

Cassazione 33582/2022

L’inerzia colpevole

Concorre nel reato di bancarotta fraudolenta l’amministratore di diritto rimasto colpevolmente inerte di fronte alla condotta illecita dell’amministratore di fatto, perché omette di adempiere agli obblighi derivanti dal suo ruolo, anche se non ha sottratto direttamente i beni alla garanzia dei creditori.

Cassazione 19182/2022

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