Banche, nel 2021 risparmiati 893 milioni sul costo del personale
Al Consiglio nazionale della Fabi, il segretario generale Lando Maria Sileoni, mette i primi tasselli per il rinnovo del contratto dei bancari Abi: «Basta pressioni commerciali e tempi rapidi»
di Cristina Casadei
I punti chiave
5' di lettura
Nel solo 2021, rispetto al 2020, le banche italiane hanno risparmiato 893 milioni di euro sul costo del personale: nel 2020 era di 30.134 milioni di euro e nel 2021 è sceso a 29.241: il calo è stato del 3%, ben superiore rispetto al calo dello 0,8% del totale dei costi. Se poi prendiamo un periodo più lungo e cioè gli ultimi 11 anni, dal 2010 al 2021, le banche, «hanno sacrificato quasi 4 miliardi di spese per i propri dipendenti, un valore che corrisponde alla crescita del fatturato del 2021. Sullo stesso periodo il sacrificio relativo dei tagli di spesa del personale rispetto alla spesa complessiva è stato quasi il doppio, ossia il 12% rispetto al 7%».
Sono, questi, i numeri di un report degli autonomi della Fabi, il sindacato più rappresentativo del credito, che ha svolto i calcoli rielaborando dati di Banca d’Italia. E suonano un po’ come la premessa del prossimo rinnovo del contratto Abi, secondo quanto emerso durante il 127esimo Consiglio nazionale. A poche ore dal rinnovo del contratto dei 36mila bancari del credito cooperativo a cui è stato riconosciuto, al livello medio di riferimento, un aumento di 190 euro per rinnovare il contratto scaduto nel 2019, il sindacato del credito guarda già oltre.
Il contesto del nuovo contratto dei bancari Abi
E questo significa guardare al contratto Abi che scade alla fine dell’anno. Il tema della diminuzione del costo del lavoro diventa così un primo tassello che viene messo sul tavolo, un po’ come dire che i lavoratori hanno dato molto, in un contesto dove la Fabi registra i segnali di una stagione florida di cui i lavoratori vogliono cogliere i frutti. Al netto degli ultimi sviluppi su alcuni indicatori, vediamo qualche numero ancora per capire il contesto da cui parte il prossimo rinnovo dei bancari Abi. «Oltre agli utili il sistema bancario comincia a generare nuovamente valore - dice la Fabi -: la capacità di generare reddito con il proprio patrimonio è aumentata nel 2021 di ben 4,9 punti percentuali, portando il Roe al 5,8% rispetto ad un debole 0,9% del 2020 e ad un 3,4% del 2010». Inoltre sebbene quasi il 90% del maggior ricavo derivi dalla vendita di prodotti finanziari e assicurativi, dalla gestione della vendita di carte di credito e dal risparmio gestito, «nel 2021 il fatturato delle banche italiane ha mostrato segnali positivi di crescita: + 4,1 miliardi di euro di ricavi in più rispetto al 2020».
Tempi rapidi per il contratto che scade a fine anno
Questa, per la Fabi, deve rappresentare la cornice di riferimento per un rinnovo dove si chiedono tempi rapidi. Il segretario generale Lando Maria Sileoni spiega che «l’attuale contratto non può gestire gli attuali piani industriali. A meno che non ci sia qualcuno che voglia fare fughe in avanti». Su questo Sileoni manda un chiaro messaggio ai naviganti presenti, dall’ad di Bper, Piero Luigi Montani, al presidente del Casl di Abi, Salvatore Poloni, ai responsabili delle relazioni industriali dei principali gruppi: «Noi non firmeremo accordi per realizzare nei piani industriali forzature sul contratto o sugli argomenti del contratto».
Il piano di Bper
A proposito di piani industriali citiamo almeno l’ultimo che è stato presentato nel credito, ossia quello di Bper, la cui presentazione è avvenuta proprio venerdì 10 giugno, nel giorno del crollo delle Borse. L’amministratore delegato di Bper, Piero Luigi Montani al Consiglio nazionale della Fabi ha però ricordato che «il piano sarebbe dovuto uscire l’anno scorso dopo l’operazione Ubi, ma poi si è concatenato con l’operazione di Carige, quindi è stato spostato e siamo arrivati a presentarlo nel venerdì nero. Certo che se avessimo saputo, avremmo cercato una soluzione migliore. So che c’è un proverbio che rende bene l’idea e dice che il bel tempo e il brutto tempo non dura tutto il tempo. Quindi dobbiamo già pensare come superare questo problema». Adesso per il gruppo è il momento di pensare alla fusione di Carige che dovrà essere realizzata entro l’anno e poi all’integrazione nel gruppo. Ma non è tutto, ci sono infatti le dolenti note del piano industriale. Su questo Montani ha spiegato ai dirigenti della Fabi che «con sindacati abbiamo lo stesso obiettivo, solo due ottiche diverse da cui guardiamo il problema». Per creare un po’ di positività ha ricordato: «Stiamo facendo entrare 8.500 persone e stiamo potenziando l’It dove arriveremo a più di 600 persone: nel comparto lo scenario della digitalizzazione dei servizi piaccia o no è il futuro». Poi però come gli hanno ricordato Antonella Sboro della Fabi e Sileoni c’è il nuovo piano con 600 chiusure di sportelli e 3.300 uscite, compensate da 1.450 assunzioni che, ha spiegato Sboro, «chiede tempi tecnici». Montani assicura che tutto sarà gestito con i sindacati perché «nella sua tradizione la banca non si è mai resa indisponibile al confronto. Ci sono 3 anni per realizzarlo».
Il terzo polo?
Adesso, invece, è il tempo della fusione di Carige che va completata entro l’anno per arrivare «all’integrazione dei colleghi nel 2023. Bper ha una cultura inclusiva e aperta», assicura Montani che non sembra intravedere criticità. Con l’integrazione il gruppo arriverà 21mila persone e, secondo Sileoni, «tempo 18-24 mesi Bper sarà pronta per un ulteriore salto». Su questo, però, Montani non si sbilancia. Lo fa però su un tema su cui i sindacati sono molto attenti e cioè le pressioni commerciali: «Non siamo la banca che dà problemi da questo punto di vista». Sicuramente il tema terrà banco nel prossimo rinnovo del contratto di un settore che vanta relazioni sindacali molto produttive e mature - si pensi a tutti gli accordi conclusi nel periodo della pandemia - ma non sembra trovare un modus vivendi, secondo quanto sostengono i sindacati. Sileoni chiede con forza di aprire alle segnalazioni anonime. Un modo di procedere su cui il presidente del Casl di Abi, Salvatore Poloni taglia corto: «Non credo che per far funzionare il sistema possano essere utili, appesantirebbero soltanto la macchina».
Alla vigilia del rinnovo
Nell’ultima tornata di rinnovi contrattuali, «siamo stati tra i primi a chiudere e oggi ci sono molte categorie indietro - osserva Sileoni -. I temi su cui c’è da lavorare nelle banche sono molti. Quel che serve è sì un contratto che recuperi l’inflazione, ma che vada anche oltre e sia garanzia di una sana competizione tra i gruppi». Sulle tempistiche Poloni osserva che «il contratto è uno strumento» e quindi sì è vero «che prima lo facciamo e meglio è, sono d’accordo, ma aggiungo: prima lo facciamo e meglio lo facciamo e meglio è». Tanto basta per dire che siamo alla vigilia della nuova tornata di rinnovo dei bancari Abi che a dicembre troveranno in busta paga l’ultima tranche di aumento del contratto del 2019, pari a 40 euro per il livello medio di riferimento.
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