ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùL’imposta extra-profitti

Banche, conto dimezzato a 4,5 miliardi. È il prezzo «giusto» da pagare?

Le precisazioni del Mef e l’avvio di una trattativa sottotraccia dell’Abi riducono le perdite in Borsa degli istituti. Ma la vera incognita resta la fiducia a lungo termine degli investitori (esteri) verso un sistema finanziario «minacciato» da incertezza normativa.

di Maximilian Cellino

(Gina Sanders - stock.adobe.com)

3' di lettura

Sotto sotto la parola d’ordine sembra proprio essere «ridurre il danno». Le banche italiane hanno preferito mantenere il profilo basso e muoversi sottotraccia, a titolo singolare e come associazione di categoria, nella settimana che le ha viste esposte al fuoco incrociato dei mercati per l’annuncio dell’introduzione della tassa sugli extra-profitti da parte del Governo. E il primo vero bilancio borsistico parla di perdite dimezzate rispetto allo shock iniziale post annuncio, che era costato quasi dieci miliardi di euro in termini di capitalizzazione di Borsa.

Il bilancio di Borsa

Il conteggio parziale a venerdì era di circa 4,5 miliardi in meno rispetto a lunedì scorso, la metà dei quali sono attribuibili a Intesa Sanpaolo che del resto ha pagato uno dei dazi più salati anche in termini di perdite a Piazza Affari. Nell’arco delle quattro sedute il suo titolo ha ceduto complessivamente il 4,5%, Mps il 5%, mentre Bper ha lasciato sul terreno addirittura il 7%, laddove UniCredit è riuscita a limitare il passivo a poco più del 2% e Banco Bpm all’1,8% tanto per citare i principali operatori del credito su scala nazionale.

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Le manovre delle banche

Il recupero, per ora parziale, è il risultato delle immediate precisazioni e degli aggiustamenti apportati dal Mef (a partire dall’introduzione di un tetto al prelievo pari allo 0,1% delle attività complessive di ciascun singolo istituto) e soprattutto della trattativa informale avviata dall’Abi. Al di là dello stretto riserbo dei manager che hanno partecipato al comitato esecutivo tenuto dall’Associazione giovedì scorso, questa mirerebbe prima di tutto a rendere deducibili gli importi che saranno prelevati ad aprile 2024, come hanno indirettamente confermato ieri il segretario generale del sindacato Fabi, Lando Maria Sileoni, e anche il presidente di Volksbank, Lukas Ladurner. Ques’ultimo ha poi aggiunto che l’introduzione del beneficio fiscale «significherebbe una riduzione del 20%-25% dell’ammontare dell’imposta».

A seguire i movimenti del mercato si direbbe insomma che il peggio della tempesta sia ormai alle spalle per il sistema del credito italiano, come si augurano certamente i manager degli istituti, consci che ci sarà comunque ancora molto da lavorare per cercare di ridurre l’impatto. Difficile stabilire se in termini di valutazioni e capitalizzazione si sia pagato il «giusto prezzo» in Borsa, nell’immediato così come a tendere per il futuro.

L’impatto (immediato)

Sull’ammontare degli eventuali effetti causati ai bilancio dall’introduzione dell’imposta sugli extra-profitti in se’ si sono esercitati un po’ tutti gli analisti e le banche d’affari, pur nell’indeterminatezza di quanto indicato finora dalle norme. Mediobanca Securities stima per esempio che il prelievo potrebbe pesare per circa 1,9 miliardi di euro sulle banche e sulle società del risparmio gestito seguite dai loro esperti. Si ridurrebbe tuttavia a 1,3 miliardi in caso di deducibilità, con un impatto a una sola cifra (cioè sotto il 10%) sugli utili per azione oppure un’erosione del requisito patrimoniale Cet1 nell’ordine di 10-20 punti base.

Le incognite (future)

Oltre a questo effetto legato alla sola operazione del Governo occorre però considerare anche le conseguenze indirette che rischiano di farsi sentire nel lungo periodo agli occhi degli investitori, soprattutto quelli esteri. Questi ultimi in particolare potrebbero essere condizionati dall’incertezza creata attorno al comparto del credito nazionale (e non solo) da simili iniziative una tantum dell’esecutivo, come è stato sottolineato soprattutto sulla stampa internazionale. Ed è su questo terreno più insidioso, a maggior ragione perché legato alla fiducia, che si dovrà lavorare a valle della conversione del Decreto legge Omnibus.

Riproduzione riservata ©
  • Maximilian CellinoRedattore

    Luogo: Milano

    Lingue parlate: italiano, inglese, tedesco

    Argomenti: Mercati finanziari, politiche monetarie, risparmio gestito, investimenti, fonti alternative di finanziamento, regolamento del sistema finanziario

    Premi: Premio State Street 2017 per il giornalista dell'anno - Categoria Innovazione

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