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Banche e fondi di investimento tornano a investire nell’agricoltura (meglio se hi-tech)

di Silvia Pieraccini

Green new deal: successi e battaglie ancora da vincere

3' di lettura

Ha resistito meglio degli altri settori alla pandemia; sta evolvendo in direzione hi-tech e green; potrà contare, nei prossimi anni, su miliardi di euro stanziati nel Recovery Plan e nella nuova Pac (politica agricola comune). Questi tre indizi hanno già fatto scattare una tendenza: l’agroalimentare italiano è tornato sotto la lente della finanza. L’interesse di banche e fondi d’investimento negli ultimi vent’anni si era un po’ affievolito, fagocitato da altri settori industriali e commercial-turistici. Ma nelle ultime settimane, complice il buon andamento dell’agribusiness e i nuovi trend di sviluppo improntati alla sostenibilità, il vento è cambiato.

Prima Banca Mps ha annunciato l’avvio del progetto “Agroalimentare”, che prevede l’apertura di 12 centri specialistici nei principali distretti rurali italiani; poi Banca Intesa, dopo l’intesa con Ubi, ha creato la direzione Agribusiness, con sede a Pavia, qualificandola come centro di eccellenza dedicato all’agricoltura; infine il Fondo italiano d’investimento ha lanciato un nuovo strumento (fondo Agritech&Food) dedicato al settore agroalimentare, che parte con una dotazione di 150 milioni e punta ad arrivare a 700 milioni. Banche e fondi si propongono come partner delle agri-imprese, sottolineando le grandi potenzialità di un settore capace di attivare una filiera lunga e articolata.

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Il progetto di Banca Mps

Mps punta ad accompagnare la transizione che dovrà affrontare l’agroalimentare, sia per il cambio dei mercati e dei consumi nel contesto pandemico mondiale, sia per i nuovi obiettivi di sostenibilità e innovazione imposti dall’Unione europea (ad esempio col programma Green Deal) e dalla competizione internazionale. Per far questo la banca senese è partita dai distretti a vocazione agroalimentare, aprendo centri specialistici a Valdobbiadene, Asti, Suzzara, Modena, Firenze, Grosseto, Chieti, Sabaudia, Caserta, Battipaglia, Cerignola e Pachino. Si tratta di uffici all’interno delle filiali bancarie, che orientano e assistono.

«La portata innovativa dei nostri centri – spiega Guido Bastianini, amministratore delegato di Banca Mps - sta nel superamento del concetto stesso di fare banca: ci poniamo come il partner delle imprese del settore agroalimentare, il consulente specializzato in grado di ascoltare e rispondere con un’offerta mirata per accompagnare nella transizione sostenibile del comparto». Mps arriva da una lunga tradizione nell’agroalimentare, avendo creato, ormai vent’anni fa, Mps Banca Verde, poi assorbita dentro Mps Banca per l’Impresa.

Agribusiness di Banca Intesa

Anche Banca Intesa ha un passato rilevante nel settore: nel 2009 aveva creato Agriventure, poi fusa dentro Mediocredito Italiano nel 2014, confluito in Intesa Sanpaolo nel 2019. Ora la nuova Direzione Agribusiness del gruppo, che sarà operativa da aprile, potrà contare su 85 filiali sul territorio nazionale (in gran parte saranno all’interno di sportelli esistenti) e circa mille specialisti a servizio di circa 80mila clienti.

«Agribusiness raggrupperà le tante competenze del gruppo, diventando un punto di riferimento qualificato a livello nazionale – afferma Stefano Barrese, responsabile della Divisione Banca dei Territori a cui fa capo il nuovo progetto – ed è anche un segnale di vicinanza al territorio e alle sue eccellenze locali. Daremo vita a una realtà che sarà motore per la ripresa e la crescita del Paese».

Equity per 150 milioni dal Fondo italiano

Il settore agroalimentare italiano, concentrato sull’alta qualità, è terzo in Europa, dietro Francia e Germania, per valore aggiunto prodotto: 64 miliardi nel 2019 (elaborazioni Intesa Sanpaolo) e un peso sull’economia del 4%. Gli occupati sono 1,4 milioni, quarto posto in Europa. Nel 2020, anno della pandemia, il settore ha retto: -1% il fatturato (stime Coldiretti), grazie soprattutto alla tenuta dell’export.

Numeri che hanno spinto il Fondo italiano d’investimento a varare il nuovo strumento di private equity da 150 milioni – il più importante che esiste in Italia in questo settore – per acquisire partecipazioni in aziende sane e consolidate che, spesso, sono di dimensioni ridotte e non hanno presenza manageriale. L’obiettivo del Fondo è aiutarle a intraprendere un percorso di crescita, anche perché l’eccellenza produttiva non sempre si traduce in successo sui mercati globali.

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