risparmio tradito

Banche fallite, ristori per oltre 300mila soci

di Stefano Elli

(Vittorio La Verde / AGF)

2' di lettura

Sono oltre 300mila gli azionisti delle due ex popolari venete e delle quattro banche risolte (Carife, Carichieti, Banca Etruria, e Marca delle Marche) che, a scanso di modifiche normative (sempre possibili) nel prossimo triennio, potranno beneficiare dei ristori previsti nel decreto «milleproroghe». Inclusi coloro che hanno acquistato i titoli non quotati in Borsa di Veneto Banca e Banca popolare di Vicenza agli sportelli delle due rispettive controllate, Banca Apulia e Banca Nuova. A questi potrebbero però aggiungersi i 13mila obbligazionisti della Deiulemar di Torre del Greco, la compagnia di navigazione finita in bancarotta nel maggio 2012, nel più rovinoso crack non borsistico (e non bancario) degli ultimi 12 anni. Almeno se il Governo dovesse sposare la proposta dell’avvocatessa Augusta Palomba, del comitato dei creditori della Deiulemar Società di fatto, che vorrebbe affiancare la sorte dei «suoi» obbligazionisti a quella delle vittime dei crack bancari.

Attenzione però. Per cominciare a muoversi l’esercito dei soci di Gianni Zonin, di Vincenzo Consoli e delle banche «risolte» dovranno attendere il 31 gennaio 2019, data entro la quale dovrà essere emanato il decreto del presidente del Consiglio dei Ministri che stabilirà i requisiti, le modalità e le condizioni dei ristori. Nonché lo stanziamento in finanziaria del denaro proveniente dai fondi dormienti (1,5 miliardi) che verrà utilizzato allo scopo.

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Nell’attesa, l’Arbitro per le controversie finanziarie, presieduto da Giampaolo Barbuzzi, prima di avere il via libera e iniziare la «fase 2» dei ristori sta faticosamente stringendo i tempi per concludere il contenzioso pregresso: 400 ricorsi ancora da chiudere entro il 30 novembre con le scarse risorse a sua disposizione (30 addetti alla segreteria oltre al collegio istruttorio formato da magistrati e docenti universitari scelti caso per caso). Nella «fase 1», per fare fronte alle necessità attuali, e quindi rimborsare le prime «vittime», (la legge prevede rimborsi al 30% sino alla cifra massima di 100mila euro), si sta mettendo mano a una parte del fondo ad hoc già stanziato per il triennio 2018-2021 (25 milioni ogni anno) e indicato nell’articolo 1 al comma 1107 della legge di bilancio 2018.

Per avere diritto al riparto occorre avere una pronuncia favorevole da parte dell’Acf ed, entro il 30 novembre prossimo, presentare istanza di ristoro seguendo le indicazioni e le linee guida che sono pubblicate sul sito dell’Arbitro. Ma nei confronti delle scelte del «milleproroghe» non mancano le voci discordanti; per Carlo Emilio Esini, da anni impegnato in processi di primo piano sulla tutela del pubblico risparmio: «Innanzitutto la decisione dell’Acf non ha valore di accertamento giudiziale, né di titolo esecutivo. La conseguenza che paradossalmente vi sono risparmiatori che hanno ottenuto una sentenza di condanna esecutiva dal Giudice prima della messa in Lca delle banche e che resteranno completamente esclusi dal riparto». Una «stortura» questa che, secondo fonti vicini all’Arbitro, potrebbe essere corretta dall’atteso regolamento attuativo.

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