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Banche, «in questa fase è nella territorialità il paracadute più importante»

Parla Stefano Achermann, top manager alla guida della “boutique” di consulenza Be-Shaping the future

di Alessandro Plateroti

Silicon Valley Bank, Gentiloni esclude rischi di contagio nell'Ue

4' di lettura

Crisi di fiducia sulle banche, mercati finanziari in stallo, autorità di vigilanza e governi in massima allerta per tranquillizzare investitori e risparmiatori dopo i recenti mega-crack bancari: tra il crollo di Svb in America e il salvataggio di Credit Suisse, un intero decennio di riforme delle regole bancarie sembra svanito nel nulla. Siamo forse alla vigilia di una nuova “tempesta perfetta” come avvenne dopo il default di Lehman Brothers? «Non credo che ci sia un rischio concreto di contagio internazionale - risponde Stefano Achermann, il top manager alla guida della “boutique” di consulenza Be-Shaping the future - anche perché oggi la situazione è ben diversa dal far west finanziario del 2008: in America sono stati certamente commessi degli errori, mentre in Europa le nuove regole funzionano e la vigilanza della Bc è talmente serrata da aver ridotto al minimo il rischio di improvvise crisi bancarie».

Può spiegare meglio che cosa intende?

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Nel caso degli Stati Uniti, l’errore che si ripete fin dai tempi della grande riforma del Glass Steagal Act, è la diluizione delle regole bancarie concepite per prevenire le crisi e gli eccessi di rischio degli intermediari: in altre parole, non solo le regole vengono riscritte in ritardo rispetto all’evoluzione degli strumenti finanziari, ma c’è anche la cattiva abitudine di smontarle o rilassarle non appena i tempi lo consentono. Alle radici della crisi di Svb, non a caso, c’è la minore vigilanza decisa dalla precedente amministrazione americana per le banche di medie dimensioni: si è così ricreato quel vuoto regolatorio che rappresenta un terreno fertilissimo per gli eccessi di rischio e gli abusi.

Quindi la responsabilità dell'alta tensione sul settore bancario cade sulle spalle di governi e autorità di vigilanza?

Non del tutto, ma soprattutto non di tutte le autorità di vigilanza. Intendo dire che la situazione in Europa è ben diversa da quella americana, ma anche da quella della Svizzera: la Bce si sta affermando come un “arbitro” di grandissima sicurezza, qualità e affidabilità, mentre la Fed e la Banca centrale della Svizzera hanno evidenziato parecchie criticità.

Quindi in Europa le banche sono sicure?

Il settore bancario europeo è sicuramente sotto il controllo serrato delle autorità di vigilanza, e questa è una garanzia di sicurezza fondamentale per i risparmiatori. Detto questo, non c’è dubbio che l’intero ecosistema finanziario globale sia oggi in una situazione di rischio elevato, sia per effetto della pesantissima manovra di rialzo dei tassi di interesse sia per il nervosismo degli investitori sui crescenti rischi geopolitici generati dalla guerra in Ucraina e dalle tensioni tra Usa e Cina.

Dieci anni fa, le riforme bancarie puntavano al cosiddetto “ring fencing”, cioè alla creazione di una barriera regolatoria e operativa tale da ridurre o eliminare l’interdipendenza nel settore bancario in caso di crisi: è stata solo un’illusione?

Non del tutto. Come dicevo prima, i progressi fatti in Europa in questa direzione sono stati enormi: nella finanza, come nel calcio, gli arbitri non sono tutti uguali: ci sono quelli bravi e quelli meno attenti.

Nella comunità finanaziaria internazionale, però, sono in molti a ritenere che la responsabilità di questa crisi bancaria sia da attribuire completamente proprio agli errori delle banche centrali…

In parte è vero, ma bisogna anche tenere presenti le difficoltà legate al rientro alla “normalità” della politica monetaria dopo quasi dieci anni di allentamenti quantitativi e di tassi interesse a zero: una manovra così rapida e pesante sul costo del denaro non si era mai vista prima d’ora.

La crisi di fiducia sul settore bancario - e soprattutto il salvataggio del Credit Suisse - ha portato sul banco degli imputati anche importanti strumenti di finanziamento degli intermediari, come per esempio le obbligazioni AT1: come giudica la fuga degli investitori da questa particolare categoria di bond?

È stata una reazione emotiva, del tutto sproporzionata rispetto agli eventi: i bond AT1, che sono importantissimi per il rafforzamento patrimoniale delle banche, devono essere tutelati dalle autorità di vigilanza. Le generalizzazioni e la demagogia provocano danni peggiori di una singola crisi bancaria.

Uno dei fenomeni più preoccupanti di questa fase di incertezza è stata la corsa dei correntisti di SVB e di Credit Suisse a ritirare i propri depositi: il “bank run” è forse un fenomeno contagioso?

La fuga dei depositi è l’incubo di ogni banca in difficoltà, ma si tratta anche di un fenomeno tipico dei mercati americani: in Italia, dove è invece predominante la cultura territoriale del credito, nessun risparmiatore è corso in banca a ritirare i soldi dopo il salvataggio del Credit Suisse o i crack americani. Qui il rapporto fiduciario banca-cliente resta ancora fortissimo: la territorialità è un paracadute importantissimo.

Molti analisti affermano però che le banche online sono molto più esposte alla fuga dei depositi: lei che ne pensa?

Certamente le banche che esistono solo sul web presentano criticità sotto questo profilo. Al contrario, le grandi banche che sviluppano servizi online per incluenti non solo sono al sicuro, ma rappresentano un modello competitivo ineludibile in questo scenario di mercato. L’investimento sul digitale, come è già evidente, è una strada obbligata per le grandi banche tradizionali.

Be-Shaping, che è entrata l’anno scorso nel gruppo Engineering, ha lavorato a importanti progetti nei servizi finanziari, come la fusione tra Nexi, Sia e Nets, o quella tra Intesa Sanpaolo e Ubi, trasformandosi in un cantiere permanente che si modella in funzione del mercato e delle sfide dei clienti: tra questi, spiccano grandi nomi del credito e della finanza come Mastercard, Barclays, Hsbc e Commerzbank. Qual è la sua ambizione?

Be è una boutique di consulenza alle banche - spiega Achermann - ed è quindi in una posizione privilegiata per interpretare e risolvere le grandi sfide del settore bancario.

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