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Bankitalia: con temperature alte -9,5% Pil al 2100

L’incremento nella frequenza di temperature giornaliere oltre 28°C ha influito negativamente soprattutto sull’agricoltura, ma anche nell’industria e nei servizi

di Nicoletta Cottone

Danni da grandine e vento, ancora allerta e caldo record

2' di lettura

Le temperature medie in Italia sono aumentate di circa 2°C dall’inizio del secolo scorso con «un impatto negativo sulla crescita del Pil». Se il trend rimanesse questo, in uno scenario intermedio, con un aumento di temperatura di +1,5°C, il Pil frenerebbe tra il 2,8 e il 9,5 per cento al 2100. I dati emergono da uno studio della Banca d’Italia che indaga sul legame tra temperature e attività economica. Nello studio si legge che l’incremento nella frequenza di temperature giornaliere superiori a 28°C ha influito negativamente soprattutto sul settore dell’agricoltura, ma ha registrato effetti negativi anche nell’industria e nei servizi.

Bankitalia, Dinamica delle temperature e attività economica in Italia: un'analisi di lungo periodo

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Gli effetti negativi del riscaldamento globale

«Le stime della relazione tra la crescita economica e il livello della temperatura mostrano come il processo di riscaldamento globale abbia avuto effetti negativi sull’economia italiana che si sono accentuati alla fine del ventesimo secolo», sottolineano gli economisti di Bankitalia nello studio “Dinamica delle temperature e attività economica in Italia: un’analisi di lungo periodo”, curato da Michele Brunetti, Paolo Croce, Matteo Gomellini e Paolo Piselli. L’obiettivo della pubblicazione è «valutare i possibili impatti di ulteriori futuri aumenti di temperatura».

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Temperature media nel 2100 stimate: + 1,5° rispetto a oggi

Sotto la lente degli economisti uno scenario “intermedio” di future emissioni di gas serra, che porterebbe le temperature medie nel 2100 a essere più elevate di +1,5°C rispetto a oggi. Una situazione coerente con le previsioni degli scienziati dell’Ipcc, che prevedono per il nostro Paese un aumento di temperatura tra il 2000 e il 2100 tra 1,8 e 3,1°C.

Al 2100 il Pil pro capite è stimato del 9,5% inferiore

Partendo da un’ipotesi di incremento del Pil pro capite del 2% l’anno (equivalente a quanto registrato in media nel periodo 1871-2001), «se la temperatura crescesse in modo costante di 1,5°C tra oggi e il 2100, la dinamica del prodotto sarebbe più contenuta rispetto all’ipotesi del suo aumento al trend storico, con una riduzione del tasso di crescita annuale di 0,13 punti percentuali. Al 2100 il Pil pro capite risulterebbe, considerando il valore centrale delle nostre stime, del 9,5% inferiore (con un range di valori possibili tra -5 e -14 per cento)». Desta preoccupazione anche la frequenza nell’esposizione a temperature elevate che è aumentata nel recente passato.

Gli effetti dell’aumento dei killing degree (giorni oltre 28°)

Lo studio analizza quindi anche gli effetti dell’aumento dei cosiddetti ’killing degree days’, i giorni in cui le temperature sono superiori a 28 gradi. Quando la loro frequenza sale del 2,4%, il Pil e la produttività del lavoro calano in un range di valori tra lo 0,22 e lo 0,1 per cento annuo. Il settore agricolo risulta il più colpito: il valore aggiunto agricolo cala dello 0,60% l’anno, la produttività dello 0,65 per cento. Per l’industria e i servizi l’impatto sul valore aggiunto è inferiore in termini percentuali, ed è pari rispettivamente a 0,30 e 0,24 per cento. Mentre sulla produttività il calo nell’industria è di -0,45 e nei servizi -0,03.


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