energia

Basf tratta con i russi per una jv da 15 miliardi nell’Oil & Gas

di Sissi Bellomo

3' di lettura

L’asse energetico tra Germania e Russia potrebbe rafforzarsi ulteriormente, con la creazione di una joint venture del valore di circa 15 miliardi di euro nel settore degli idrocarburi. Il gruppo tedesco Basf , colosso globale della chimica, ha confermato di essere in trattative con Letter One , holding del miliardario russo Mikhail Fridman, per una potenziale fusione tra la sua controllata Wintershall e «le attività nel petrolio e nel gas riunite nel gruppo Dea»: in pratica, i giacimenti che lo stesso Friedman, oligarca vicino al Cremlino, aveva rilevato nel 2015 da un’altra società tedesca, la Rwe .

L’operazione all’epoca aveva sollevato un’aspra querelle con Londra, che – in nome della sicurezza energetica nazionale – aveva imposto ai russi di cedere gli interessi nelle acque britanniche del Mare del Nord. Pochi mesi dopo Friedman si era rifatto, acquistando altre licenze nella stessa area (ma sotto giurisdizione norvegese) da E.On, anch’essa tedesca.

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L’esito delle attuali trattative è «aperto» e «non c’è alcuna garanzia» che la fusione avvenga davvero,ha precisato Basf dopo i rumor pubblicati da Bloomberg, secondo cui l’accordo potrebbe arrivare «nei prossimi giorni o settimane».

Qualche paletto comunque è già stato fissato: il gruppo di Ludwigshafen nel comunicato afferma che conserverebbe una quota di maggioranza nella joint venture e che c’è «un’opzione nel medio termine» per quotare quest’ultima in Borsa.

Anche Letter One conferma il negoziato con Basf, suggerendo però uno spettro più ampio: il merger, secondo la nota della holding, riguarderebbe «le attività nell’Oil & Gas, che comprendono il gruppo Dea».

Si tratterebbe insomma di tutti gli asset di L1 Energy, la business unit che Fridman aveva creato due anni fa con l’intento di costruire dal nulla una nuova Major petrolifera, sfruttando la fase di debolezza del mercato per fare acquisizioni a basso prezzo.

Sotto la guida di Lord John Brown, ex ceo di Bp, L1Energy è cresciuta in fretta, focalizzandosi su Germania, Norvegia, Danimarca, Egitto e Algeria, con un’aspirazione a rafforzarsi in Messico e Brasile.

Il “salvadanaio” di Letter One, che investe anche in altri settori, proviene del resto proprio dal petrolio: Fridman l’aveva fondata nel 2013 con 14 miliardi di dollari incassati grazie alla cessione a Rosneft di Tnk-Bp, di cui era stato socio e presidente.

Il magnate russo adesso sembra disposto a fare un passo indietro, lasciando ai tedeschi il controllo della potenziale joint venture: una mossa che potrebbe denotare sfiducia nei confronti del futuro dell’industria petrolifera.

Anche per Basf Wintershall – un tempo complementare alla produzione petrolchimica – è divenuta meno interessante, ora che il gruppo ha allargato i suoi orizzonti con diverse acquisizioni, compresa quella da 6 miliardi di euro con cui a ottobre ha rilevato da Bayer per 5,9 miliardi di euro di attività nei semi Ogm e nei pesticidi.

Wintershall due anni fa ha ceduto a Gazprom depositi di stoccaggio e reti di distribuzione del gas, ricevendo in cambio una quota del maxigiacimento siberiano di Urengoy, ed è tra le società che stanno finanziando insieme al gruppo russo la costruzione del Nord Stream 2.

Con le recenti operazioni il suo peso nel bilancio di Basf è diminuito: nell’esercizio 2016 Wintershall ha contribuito per circa l’8% al risultato operativo del gruppo (con 500 milioni di euro di Ebit), contro il 20% del 2015. Tuttora ha comunque un valore stimabile tra 10 e 12 miliardi di euro secondo gli analisti di Raymond James.

L’ultimo resoconto di Letter One, indica che a fine 2016 L1 Energy aveva in portafoglio asset per 3,8 miliardi di dollari, ossia 3,2 miliardi di euro.

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