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Batterie di sabbia: così la Finlandia accelera la transizione energetica

Già usate per il teleriscaldamento, fanno parte dei più innovativi sistemi di accumulo di energia che iniziano a farsi strada anche in Italia

di Michele Pignatelli

La batteria di sabbia che alimenta l’impianto realizzato per l’utility Vatajankoski, non distante da Tampere (foto di Rami Marjamäki)

4' di lettura

A vederla, più che una batteria, ricorda un silos, una vasca d’acciaio 4 metri per 7 riempita con cento tonnellate di sabbia. Già dall’anno scorso garantisce il teleriscaldamento della cittadina di Kankaanpää, 13mila abitanti, 270 chilometri a Nordovest di Helsinki.

A progettarla (e poi a realizzarla, insieme all’utility Vatajankoski) è stata una piccola startup finlandese dal nome evocativo, Polar Night Energy, la prima a lanciare su scala commerciale le cosiddette batterie di sabbia.

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Sono, più propriamente, innovativi sistemi di accumulo di energia che, come quelli che utlizzano sale fuso o persino CO², iniziano a farsi strada, anche in Italia, in tempi di transizione alle rinnovabili e riduzione della dipendenza dai combustibili fossili.

Dall’acqua alla sabbia

A raccontare genesi e sviluppo del progetto è Tommi Eronen, 33 anni, amministratore delegato e cofondatore di Polar Night Energy insieme al direttore finanziario, Markku Ylönen. «Undici anni fa – ricorda – studiavamo Tecnologie per le centrali elettriche all’Università tecnologica di Tampere ed eravamo alla ricerca di sistemi che rendessero persone e aziende autosufficienti dal punto di vista energetico. Inizialmente pensavamo ad accumulatori di energia termica basati sull’acqua, semplici serbatoi d’acqua scaldati con collettori solari. Poi però ci siamo resi conto che in futuro avremmo avuto moltissima elettricità pulita da energia solare ed eolica da immagazzinare».

Usando l’elettricità per scaldare un accumulatore – continua Eronen - si possono raggiungere però temperature elevatissime. «Abbiamo perciò scartato l’idea dell’acqua, che bolle a 100°, per concentrarci su un altro materiale. E qual è il materiale più economico e facilmente disponibile? Ecologico, non tossico e a portata di mano? La prima idea è stata la sabbia».

Come funziona

Nell’impianto finlandese la sabbia - anche semplice materiale di scarto del settore edilizio - diventa batteria dopo essere stata portata a 500-600° (ma si possono anche superare i 1000°) mediante riscaldamento resistivo, alimentato da energia elettrica generata da pale eoliche o pannelli solari nei periodi di maggiore abbondanza; il calore viene successivamente prelevato mediante tubi di acciaio e utilizzato per scaldare case, uffici e anche una piscina.

Il sistema, grazie alla capacità isolante della vasca d’acciaio, era stato originariamente pensato per un ciclo stagionale – “carica” della batteria in estate, utilizzo in inverno – ma, per ragioni di efficienza e convenienza economica, si è poi optato per cicli di ricarica più brevi, da qualche giorno a un paio di settimane.

Il confronto con le batterie al litio

Ma cosa distingue e rende competitiva una batteria di sabbia rispetto alle ben più diffuse e ormai consolidate batterie al litio? «Bisogna gestire cicli di varia natura – chiarisce Michele Governatori, responsabile elettricità di Ecco, think tank italiano focalizzato su transizione energetica e cambiamento climatico -. Per quelli giornalieri bastano sistemi di accumulo di durata breve, che hanno potenze immediate forti e che però si scaricano relativamente in poco tempo, ma già per cicli più lunghi c’è bisogno di forme di stoccaggio magari meno pronte nella risposta, che però possono conservare energia per una settimana o un mese».

«Le batterie al litio – aggiunge Eronen - sono ottime per ciò per cui sono state progettate, dai portatili alle auto, ma non, per esempio, per una utility che ha bisogno di accumulare terawatt ora di energia. I nostri sistemi, d’altro canto, sono di dimensioni enormi, ma vanno bene per tempi di stoccaggio più lunghi e anche per grandi quantità di energia».

Polar Night Energy, fondata nel 2018, ha base a Tampere, otto dipendenti e un fatturato di 85mila euro. Ma i piani e le prospettive di crescita sono ambiziosi. «Non lo abbiamo ancora consegnato – continua l’ad – ma il prossimo progetto è da due megawatt di potenza e 200 megawattora di capacità, quindi 20 volte più grande di quello di Vatajankoski (100 kW di potenza e 8 MW di capacità, ndr). Quanto ai clienti, abbiamo allargato il campo ad altre realtà industriali, perché abbiamo capito che le aziende di teleriscaldamento (che pure continuano a contattarci, a fronte di prezzi competitivi non solo rispetto al gas ma anche, per esempio, alle biomasse) non sono le più rapide nel prendere le decisioni. Attualmente abbiamo un paio di trattative in corso con grandi spa, il cui fabbisogno di calore è pari a quello di una cittadina finlandese…».

E poi c’è l’ultima frontiera: la fornitura non solo di calore, ma anche di elettricità, che Eronen stima possibile nel giro di cinque anni, «perché possiamo arrivare a una temperatura così alta che siamo in grado di produrre vapore ad alta pressione e far funzionare una turbina. Quindi il sistema attuale diventerà simile alle centrali di cogenerazione: calore ed elettricità combinati prodotti dalla stessa centrale», con un netto guadagno anche in termini di efficienza. .

Il Ceo è ottimista anche sull’espansione possibile delle batterie di sabbia in altri Paesi, Italia compresa, soprattutto quando l’evoluzione tecnologica le renderà idonee anche ad alimentare sistemi di teleraffreddamento.

I sistemi di accumulo e le rinnovabili

Anche l’Italia, peraltro, sta muovendo in questo campo. I sistemi di accumulo, del resto, sono fondamentali nella transizione energetica, come spiega ancora Michele Governatori. «Per superare una certa quota di rinnovabili, che è poi quella che dovremo raggiungere in base agli obiettivi europei, occorre gestire gli eccessi di energia pulita in certi periodi del giorno o dell’anno. Per fare questo, servono accumuli di lunga durata. Pertanto ci sono tecnologie su cui conviene investire, anche se oggi non sono ancora convenienti o commercialmente vincenti».

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