Bayer, a Latina il Centro ricerche per l’agricoltura sostenibile e di qualità
Parla l’ad di Bayer Italia Monica Poggio: «Puntiamo su salute, nutrizione e sicurezza alimentare». Con nuovi semi possibili meno sprechi
di Nicoletta Picchio
3' di lettura
È possibile innovare un seme e rendere i prodotti della terra più buoni, più nutrienti, più facili da consumare e limitare gli sprechi? Sì, è possibile, rispettando la natura, con un uso ridotto di agrofarmaci e una produzione più sostenibile.
Risultato: un melone con la buccia più spessa per essere più resistente al trasporto; una serie di peperoni dalle diverse caratteristiche che vengono poi distribuiti in tutto il bacino del Mediterraneo; un pomodoro speciale da industria, particolarmente adatto ad essere trasformato in salsa.
È il frutto di una ricerca all’avanguardia, in un centro di eccellenza: il Centro di Ricerca Bayer, 23 ettari di serre e di campi nella pianura di Latina, nel Lazio. Lì si lavora per migliorare la varietà di alcune colture orticole, dall’anguria, al finocchio, melanzane, pomodori, meloni, peperone, brassiche. Da lì parte la sfida al cambiamento climatico, nel rispetto dell’ambiente e di una nutrizione più consapevole. Nell’immaginario più diffuso Bayer è sinonimo di aspirina. «Il settore farmaceutico, e quindi anche l’aspirina, sono sempre una componente fondamentale del gruppo Bayer. Ma ormai da dieci anni è stata fatta la scelta strategica non solo di abbandonare del tutto il business delle plastiche, ma di puntare sulla salute e sulla nutrizione, componente essenziale del benessere», dice Monica Poggio, amministratrice delegata di Bayer Italia.
Una decisione verso la sostenibilità che è stata presa molto prima che il tema diventasse un tema così attuale, addirittura un'emergenza. «Per noi – continua Poggio - è un impegno sentito e fortissimo, non è certo green washing. Salute e nutrizione sono due punti importanti del piano 2030 dell’Onu e noi li condividiamo».
Nel 2022 il Centro Ricerche di Latina ha festeggiato i 40 anni di attività e dal 2018 è diventato parte del Gruppo Bayer, dopo l’acquisizione della multinazionale americana Monsanto. Ed è protagonista di un nuovo volto del gruppo, dove la parte legata all'agricoltura sta prendendo sempre più peso: sul fatturato italiano che è di poco superiore al miliardo, l’agricoltura sfiora il 30%, quota superata ampiamente a livello di gruppo (fatturato totale esercizio 2022 circa 50 miliardi).
A Latina lavorano 61 persone, una dozzina impegnati nella ricerca. «È qui che si svolge la ricerca sulle sementi per avere prodotti sempre più di qualità. C’è un impatto forte sulla tutela del clima, della sicurezza alimentare. E sull'economia: il settore agricolo pesa per oltre 60 miliardi sul pil nazionale». Nel 2017, primi in Europa, nel centro ricerche è stato istituito un team focalizzato sulla sostenibilità: un gruppo multifunzionale dove ognuno porta le proprie competenze, con uno scambio costante e interagendo con gli altri centri Bayer in Europa. Obiettivo: abitudini ecocompatibili, come ad esempio la diminuzione del consumo della plastica e l’impiego di materiali alternativi, la riduzione di agrofarmaci, realizzazione di un impianto fotovoltaico per ridurre il consumo di energia.
Poggio sottolinea l'importanza dell’innovazione e del digitale: «è fondamentale per ottimizzare l'uso delle risorse, penso all'acqua, e minimizzare l'impatto dei prodotti agricoli, innovando in termini di processo, strumenti e prodotti». L’innovazione è cruciale per ridurre l’impatto climatico, l'erosione delle aree coltivabili, il fabbisogno idrico.
Bayer opera attraverso la divisione Vegetables con i marchi Seminis e De Ruiter. Si creano nuove varietà di semi, che danno vita a prodotti di maggiore qualità e che possano ridurre anche gli sprechi alimentari. I semi selezionati vengono proposti ad agricoltori e vivaisti, con le loro caratteristiche, per portare sugli scaffali prodotti orticoli di qualità, oppure destinarli alla trasformazione industriale.
Nel territorio laziale il centro Bayer ha da tempo una collaborazione con l’università La Sapienza, fuori dalla Regione, con l’università di Perugia, la Federico II di Napoli, l’università di Padova. Si stanno elaborando progetti mirati anche con gli agricoltori e con altri soggetti come in Lombardia, nell’Oltrepò Pavese, la Fondazione Riccagioia (un innovation hub di ricerca e trasferimento di competenze dedicato a agritech e foodtech) per creare ecosistemi di ricerca e sviluppo.
«Sono rapporti in cui crediamo molto – sottolinea Poggio - un impegno forte. E grazie a questo sforzo, alla qualità della ricerca e dell'innovazione che riusciamo a produrre l'Italia è un punto di riferimento per tutto il gruppo».
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