Bazooka dell’innovazione per un fisco che aiuti la ripresa
di Angelo Cremonese
3' di lettura
In questi difficili mesi, caratterizzati da una crisi senza precedenti, le maggiori preoccupazioni si sono concentrate sulla gestione dell’emergenza, garantendo i servizi essenziali ai cittadini e creando, sotto diverse forme, le condizioni per immettere liquidità a sostegno delle imprese.
Si avvicina, però, il momento in cui bisognerà prendere atto delle disastrose conseguenze economiche del virus ed essere pronti a varare, con urgenza, provvedimenti più incisivi, che servano ad agevolare e stimolare la ripartenza.
In questo scenario è importante interrogarsi su come il nostro sistema tributario possa contribuire a far superare la congiuntura negativa causata dalla pandemia.
La rilevanza della crisi in atto suggerisce di ragionare non solo sui suoi effetti relativamente immediati, ma anche su quelli di carattere più strutturale e cercare di approfittare di questo momento “unico” per compiere tutti gli sforzi per cercare di colmare ritardi e vincere debolezze basilari del nostro sistema produttivo.
Una lezione che abbiamo imparato durante questo periodo è l’importanza della tecnologia.
È infatti dimostrato come la disponibilità e la capacità di utilizzare gli strumenti più avanzati sia stato decisivo: le imprese in grado di organizzare le proprie attività sul web o che hanno saputo sfruttare le diverse soluzioni informatiche, sono riuscite a mantenere e addirittura, in alcuni casi, a rafforzare le proprie funzioni produttive.
È dunque questo il campo di gioco su cui si misureranno le capacità di affermazione delle nostre aziende, sia sul mercato interno, sia su quello internazionale.
Sul piano fiscale la riforma degli incentivi “Industria 4.0”, introdotta dalla legge di bilancio 2020, ha nuovamente modificato, dopo soltanto un anno, il preesistente modulo, introducendo un credito d’imposta per investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative.
È senz’altro positivo mettere al centro delle attenzioni del Fisco il recupero di competitività del nostro tessuto imprenditoriale, ma, cambiare con troppa frequenza le regole e i percorsi per ottenere le agevolazioni può creare confusione e dare la sensazione di non poter contare su orizzonti stabili entro cui effettuare le scelte d’investimento.
Molte ricerche condotte negli anni hanno peraltro dimostrato che gli incentivi alla ricerca operano con un ritardo sistematico di efficacia: le imprese hanno bisogno di tempo per riorganizzarsi e imparare a innovare.
Non aiuta, dunque, cambiare la normativa in continuazione e, soprattutto, destinare risorse che vengono percepite come ancora troppo limitate.
Appare insufficiente un credito d’imposta del 6% per le attività di innovazione tecnologica o del design, nel limite massimo di un milione e mezzo di euro, o del 10% per le innovazione dei processi, con lo stesso limite, ma anche il 12% per le attività di ricerca, con il limite di tre milioni.
Al fine di avere un impatto significativo in periodi di difficile congiuntura, come quello che stiamo vivendo, andrebbero pensate misure più coraggiose, sarebbe necessario dotare il Fisco di un vero e proprio “bazooka dell’innovazione” che possa garantire alle imprese un elevato tasso di rendimento interno dei propri investimenti.
Su queste tematiche, inoltre, avremmo bisogno di regole chiare e stabili, che non si prestino a difficili interpretazioni e che possano essere sfruttate con fiducia dagli imprenditori che coraggiosamente affrontano l’evoluzione del mondo che li circonda.
Non si può certo dimenticare la difficile situazione finanziaria del nostro Paese e, proprio per questo, dovrebbe essere considerato vitale destinare ingenti risorse per stimolare la ricerca e l’innovazione. Attività che sono un potente strumento di crescita e di mobilità sociale: un vero acceleratore di cui hanno bisogno i cittadini e le imprese.
In questa direzione sarà importante anche rafforzare altri strumenti, quali l’ACE, che, recentemente ripristinato, non costituisce un incentivo sufficiente a stimolare la ricapitalizzazione delle società, necessaria per consentire la programmazione degli investimenti. Gli incentivi fiscali, infatti, non possono e non devono sostituire l’iniziativa privata che sarà chiamata a raccogliere capitali per l’innovazione, ma possono essere un importante volano di crescita che potrebbe accompagnare in modo significativo l’evoluzione delle nostre imprese e aumentare la sostenibilità dei loro investimenti.
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