Bce, dibattito aperto. La sfida fra falchi e colombe si gioca anche sui mercati
Scendono i rendimenti obbligazionari, ma il listini non decollano dopo il primo stop al rialzo dei tassi da parte di Lagarde. L’incertezza sulle prossime mosse rende gli investitori estremamente cauti.
di Maximilian Cellino
I punti chiave
3' di lettura
Le Borse recuperano terreno, i rendimenti obbligazionari (e lo spread) scendono, l’euro resta debole. I mercati accolgono con un cauto ottimismo lo stop alla lunga serie di dieci rialzi consecutivi dei tassi osservato ieri dalla Bce. La decisione era infatti largamente attesa, ma lascia del tutto aperto il dibattito sulle mosse future di politica monetaria, a maggior ragione dopo che la presidente Christine Lagarde ha ribadito con chiarezza che la pausa non esclude ulteriori nuove strette e che le decisioni restano strettamente dipendenti dai dati macroeconomici che si succederanno nei prossimi mesi.
La reazione (cauta) dei mercati
Gli indici azionari europei si sono mossi in generale avanzamento dopo l’annuncio sui tassi e la successiva conferenza stampa tenutasi stavolta eccezionalmente ad Atene, senza però prendere eccessivo slancio e in qualche caso senza ribaltare del tutto le perdite della mattinata. Se Piazza Affari ha infatti chiuso la seduta di giovedì in progresso in progresso dello 0,29%, pur recuperando dai minimi Francoforte (-1,08%) e Parigi (-0,38%) sono rimaste in rosso in una giornata caratterizzata anche dalla diffusione dei bilanci trimestrali da parte di molte società. Allo stesso tempo l’euro stentava a mantenersi sopra 1,05 dollari e i rendimenti dei titoli di Stato perdevano quota: sulla scadenza decennale il Bund tedesco si attestava al 2,85% e il BTp di casa nostra al 4,85%, con un differenziale di rendimento fra Italia e Germania quindi di nuovo a 200 punti base.
La mancanza di indicazioni su alcuni dei temi più attesi dagli osservatori finanziari, quelli sulla riserva obbligatoria e sul destino dei reinvestimenti dei titoli acquistati attraverso il piano pandemico Pepp, che non sono stati discussi dal Consiglio, non ha certo aiutato i listini a prendere una direzione più marcata. In fin dei conti i (pochi) movimenti che si sono visti appaiono del tutto coerenti con le scarse attese per nuove strette, la cui probabilità nella prossima riunione di dicembre è nel frattempo scesa appena all’8% dal già ridotto livello del 10% del giorno precedente.
Opinioni contrastanti
Su quanto potrà avvenire il prossimo anno il dibattito fra gli analisti resta in ogni caso molto acceso: «Riteniamo che il ciclo di rialzi della Bce sia concluso e ci aspettiamo che la decisione di mantenere i tassi fermi al 4% si estenderà fino al 2024», osserva per esempio Gurpreet Gill, Macro Strategist Global Fixed Income di Goldman Sachs Asset Management, che prevede come scenario di base un taglio «a partire dal terzo trimestre dell’anno prossimo». La sua è forse la visione più condivisa, anche se non mancano voci differenti: «I mercati stanno già troppo frettolosamente scontando tagli da parte della Bce che a nostro avviso appaiono prematuri» avverte Valerio Ceoloni, Investment Research di Anima Sgr, al quale si allinea in sostanza Konstantin Veit, Portfolio Manager di Pimco quando ritiene che «i rischi rimangano orientati verso riduzioni dei tassi un po’ più tardive rispetto alle attuali aspettative del mercato».
La pericolosa esuberanza del Pil Usa
Da sottolineare poi come la giornata di ieri sia stata caratterizzata, oltre che dalle trimestrali societarie, anche da dati macro importanti sull’altra sponda dell’Atlantico, quali il Pil Usa. Nel terzo trimestre dell’anno la prima economia mondiale si è mostrata ancora vigorosa (+4,9% su base annua), condizionando non poco l’andamento di Wall Street (debole in avvio). Anche in questo caso l’apparente buona notizia rischia di essere letta in modo contrario dagli investitori, che si interrogano giustamente sulla reazione della Federal Reserve di fronte a una crescita economica più forte del previsto. «Probabilmente nel corso del meeting di novembre la banca centrale statunitense deciderà di lasciare i tassi invariati, ma la possibilità di un nuovo rialzo non è completamente da escludere», mette in guardia Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm: un buon motivo per restare ancora in trincea.
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